( 4 ottobre 2010 di lettera21)
“In Italia un giovane su quattro è disoccupato”. Basterebbero queste otto parole per terminare un articolo che abbia un contenuto forte con una lapidaria denuncia sociale, purtoppo a questo va aggiunto un drammatico contorno: una politica che non riesce a dare risposte, dei sindacati obsoleti, un’apatia culturale, una scuola pubblica in avaria, un debito pubblico da Paese sottosviluppato, un’industria che non investe e senza progettualità e un’economia che annaspa.
Fra lo status di disoccupato e quello di lavoratore si inserisce quello del precario, una nuova classe sociale che sembra uno stadio forzato per tantissimi giovani indipendentemente dal campo in cui si lavora, si passa dal precario della scuola a quello dell’università, dal precario del call center al precario dei centri commerciale arrivando al precario operaio; frequentemente si parla di questi uomini e di queste donne dal futuro incerto ma spesso sfuggono alcuni particolari, e ci si sofferma alla “semplice” mancanza di un posto fisso che comunque con il tempo arriverà.
La voce del mondo giovanile resta spesso inascoltata, nelle parole dei giovani precari al fardello delle problematiche economiche e occupazionali che affliggono il nostro Paese si aggiunge un drammatico risvolto sociale: la mancanza di ogni tipo di solidarietà fra i lavoratori a qualunque categoria essi appartengono, un’angosciosa guerra tra poveri contornata da un pericoloso spirito individualista.
Intervistiamo un ventenne metalmeccanico,assunto con contratti a termine.
“Cosa significa essere precari?”
Il precariato è ormai un incubo che mi perseguita, non ho alcuna certezza sul mio futuro. Ogni volta che varco i cancelli della fabbrica, continuo a chiedermi se quello che sto imparando mi servirà, eppure devo dare il massimo e svolgere ogni operazione cercando di accorciare i tempi mostrandomi produttivo agli occhi del mio capo-reparto e quindi dell’azienda; inoltre il mio status da precario non solo non mi permette di acquistare una macchina ma addirittura non posso programmare neanche una scampagnata, se il mio telefono squilla devo farmi trovare pronto.
“Che significato ha nel 2010 cercare lavoro in fabbrica alla tua età?”
Il lavoro a tempo indeterminato in fabbrica per me rappresenta l’unica possibilità per rimanere nella mia città natale, altrimenti l’unica via percorribile è quella di andare via.
“Qual è la durata dei contratti?”
A molti vengono fatti contratti settimanali o mensili, ai più fortunati viene rinnovato ogni tre mesi, comunque dipende dall’azienda, dalle richieste di produzione; io mi ritengo fortunato perchè non ho mutui da sostenere abitando con i miei genitori ma penso ai tanti padri di famiglia che con la chiusura di alcune fabbriche medio-piccole anche dopo dieci anni di lavoro si trovano a lavorare come interinali.
“Come si riesce a trovare lavoro in fabbrica?”
Lavorare in fabbrica paradossalmente resta un privilegio, manca una scelta meritocratica, spesso non si sostengono neanche colloqui, per “entrare in fabbrica” hai bisogno di conoscenze o nel mondo politico o in quello sindacale, altrimenti devi avere un familiare che ci lavora già; i ragazzi che riescono a trovare un posto di lavoro tramite le agenzie sono dei miracolati.
Questo crea grave conflitto e sospetto fra i lavoratori, dietro l’assunzione di ciascun operaio scatta in automatico la domanda degli altri operai : “Grazie a chi sei entrato? “Da chi ti sei fatto raccomandare?” Questo genera un clima di sospetto che mette tutti contro tutti.
“Qual è il trattamento riservato in fabbrica agli interinali?”
Al nostro trattamento in fabbrica va anteposto la mancanza di qualsiasi tutela: non possiamo iscriverci al sindacato, non possiamo partecipare ad assemblee di fabbrica, non possiamo scioperare o manifestare il nostro disssenso, non possiamo permetterci assenze; il sindacato per molti ragazzi rappresenta solo un veicolo per ottenere il posto di lavoro; a questo si aggiunge la richiesta di allungare le nostre ore lavorative.
Spesso l’azienda richiede il contro-turno, in pratica se si inizia a lavorare alle 6 dopo il fine turno delle 14.00 e con otto ore di pausa, che spesso si riducono notevolmente dato che bisogna calcolare il tempo per tornare a casa e trovarsi nuovamente sul posto di lavoro, si riprende a lavorare col turno notturno delle 22.00,in pratica una giornata vissuta interamente in un reparto dello stabilimento; delle volte in quattro giorni si sostengono quattro turni diversi e in situazioni particolari addirittura è richiesto il doppio turno, 16 ore consecutive di lavoro, e poi si parla di lavoro di qualità.
Manca il rispetto minimo, noi precari abbiamo persino paura di richiedere le ferie maturate e che in ogni fine contratto vengono azzerate, poi ci sono i problemi legati al Tfr e alla sicurezza; il primo giorno di lavoro mi hanno messo a guidare il carrello che necessita di un patentino per essere guidato, io mostrai le mie perplessità al capo-reparto che mi rispose seccato che il carrello veniva portato dai più senza patentino e quindi anche io mi sarei dovuto adeguare altrimenti potevo andare a casa.
“Descrivi il tuo rapporto con gli altri operai, con i sindacati, con i capi-reparto ,?”
Sono entrato in fabbrica con il mito, seppur sbiadito, della classe operaia, adesso dopo averci lavorato posso dire che questo mito purtoppo non esiste, manca l’unità fondamentale che dovrebbe legare i vari rapporti di lavoro fra le tute blu: la solidarietà; egoismo, arrivismo e individualismo sono penetrati anche nei reparti delle fabbriche e noi interinali ci sentiamo ancora più soli, basta un battibecco per mettere in discussione la tua condotta.
A questo si aggiunge un sindacato debole e in alcuni casi auto-referenziale; con i capi-reparto e la dirigenza il rapporto è di subordinazione: devi cercare di non subire richiami per evitare il giudizio negativo alla fine del contratto altrimenti si rischia che non venga rinnovato.
Inoltre ci viene sconsigliato di parlare di politica e di prendere posizioni anche al di fuori dello stabilimento; a questo va aggiunto che manca un percorso chiaro e trasparente affinchè il precario venga assunto a tempo indeterminato, tutto dipende dall’azienda e non dalla tua bravura, dalla tua capacità o dal tuo impegno.
“Come pensi venga trattato l’argomento precari?”
La situazione dei precari spesso viene strumentalizzata ma sopratutto manca la concretezza, noi precari siamo l’anello debole della società, manca qualsiasi forma di tutela, sottostiamo perennemente al ricatto delle aziende sperando di trovare maggiore stabilità e ci sentiamo immersi in una società che non si occupa di noi o lo fa solo in maniera marginale.
Spero che il precariato nell’immediato futuro sia messo al primo posto nell’agenda politica poiché se continuerà la sfiducia aumenterà la frustrazione in tutti noi e questo provocherà gravi disagi di natura sociale.
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