martedì 28 febbraio 2012

Elogio dei riformisti


La tolleranza di Turati, quella piccola lezione per una sinistra smarrita. Un saggio ripercorre la figura del leader socialista e una tradizione da sempre minoritaria in Italia

di ROBERTO SAVIANO da Repubblica 28.02.12

Che cosa significa essere di sinistra? È possibile ancora esserlo? Sentire nel profondo di appartenere a una storia di libertà, a una tradizione di critica sociale e di sogno, a un percorso che sembra essersi lacerato, reciso. Con un immenso passato e un futuro incerto? E soprattutto di quale sinistra parliamo e di quale tradizione? E come si coniugano le due anime della sinistra, quella riformista e quella rivoluzionaria? Che genere di dialogo c'è stato tra loro?

Domande che affliggono militanti, intellettuali e uomini di partito. Domande che affliggono me da sempre. Alessandro Orsini giovane professore napoletano di Sociologia Politica all'Università di Roma Tor Vergata ha provato a dare delle risposte. Ha scritto un libro intitolato Gramsci e Turati. Le due sinistre (Rubettino). Il titolo sembra presentare un saggio, di quelli accademici, lunghi e tortuosi. E invece credo sia la più bella riflessione teorica sulla sinistra fatta negli ultimi anni. Che non ha paura di maneggiare materia delicata. Alessandro Orsini ci presenta due anime della sinistra storica italiana (esemplificate in Gramsci e Turati) e ci mostra come, nel tempo, una abbia avuto il sopravvento sull'altra. L'idea da cui parte Alessandro Orsini è semplice: i comunisti hanno educato generazioni di militanti a definire gli avversari politici dei pericolosi nemici, ad insultarli ed irriderli. Fa un certo effetto rileggere le parole con cui un intellettuale raffinato come Gramsci definiva un avversario, non importa quale: "La sua personalità ha per noi, in confronto della storia, la stessa importanza di uno straccio mestruato". Invitava i suoi lettori a ricorrere alle parolacce e all'insulto personale contro gli avversari che si lamentavano delle offese ricevute: "Per noi chiamare uno porco se è un porco, non è volgarità, è proprietà di linguaggio". Arrivò persino a tessere l'elogio del "cazzotto in faccia" contro i deputati liberali. I pugni, diceva, dovevano essere un "programma politico" e non un episodio isolato. Certo, il pensiero di Gramsci non può essere confinato in questo tratto violento, e d'altronde le sue parole risentivano l'influenza della retorica politica dell'epoca, che era (non solo a sinistra) accesa, virulenta, pirotecnica. Il politicamente corretto non era stato ancora inventato. Eppure, in quegli stessi anni Filippo Turati, dimenticato pensatore e leader del partito socialista, conduceva una tenacissima battaglia per educare al rispetto degli avversari politici nel tentativo di coniugare socialismo e liberalismo: "Tutte le opinioni meritano di essere rispettate. La violenza, l'insulto e l'intolleranza rappresentano la negazione del socialismo. Bisogna coltivare il diritto a essere eretici. Il diritto all'eresia è il diritto al dissenso. Non può esistere il socialismo dove non esiste la libertà".

Orsini raccoglie e analizza brani, scritti, testimonianze, che mostrano come quel vizio d'origine abbia influenzato e condizionato la vita a sinistra, e come l'eredità peggiore della pedagogia dell'intolleranza edificata per un secolo dal Partito Comunista sopravviva ancora. Naturalmente, oggi, nel Pd erede del Pci, non c'è più traccia di quel massimalismo verboso e violento, e anche il linguaggio della Sel di Vendola è molto meno acceso.
Ma c'è invece, fuori dal Parlamento, una certa sinistra che vive di dogmi. Sono i sopravvissuti di un estremismo massimalista che sostiene di avere la verità unica tra le mani. Loro sono i seguaci dell'unica idea possibile di libertà, tutto quello che dicono e pensano non può che essere il giusto. Amano Cuba e non rispondono dei crimini della dittatura castrista  -  mi è capitato di parlare con persone diffidenti verso Yoani Sánchez solo perché in questo momento rappresenta una voce critica da Cuba  - , non rispondono dei crimini di Hamas o Hezbollah, hanno in simpatia regimi ferocissimi solo perché antiamericani, tollerano le peggiori barbarie e si indignano per le contraddizioni delle democrazie. Per loro tutti gli altri sono venduti. Mai che li sfiori l'idea che essere marginali e inascoltati nel loro caso non è sinonimo di purezza, ma spesso semplicemente mancanza di merito.
Turati a tutto questo avrebbe pacificamente opposto il diritto a essere eretici, che Orsini ritiene essere il suo più importante lascito pedagogico. Questo fondamentale diritto ha trovato la formulazione più alta nell'elogio di Satana, metafora estrema dell'amore per l'eresia e dell'odio per i roghi. Satana, provoca Turati, è il padre dei riformisti: "Non siamo asceti che temono i contatti della carne, siamo figli di Satana (...). Se domani viene da me il Re, il Papa, lo Scià di Persia, il Gran Khan della Tartaria, il presidente di una repubblica americana, non per questo rinuncio alle mie idee. Non per questo transigo o faccio atto d'omaggio, ma resto quello che sono, e ciascuno di noi rimane quello che è".

Ma l'odio per i riformisti,  -  spiega Orsini  -  è il pilastro della pedagogia dell'intolleranza. Dal momento che i riformisti cercano di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori qui e ora, sono percepiti da certi rivoluzionari come alleati dei capitalisti. Questo libro dimostra come, nella cultura rivoluzionaria, il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori sia un bene (come diceva Labriola) perché accresce l'odio contro il sistema e rilancia l'iniziativa rivoluzionaria: è il famigerato tanto peggio tanto meglio. I riformisti, invece, non credono nella società perfetta, ma in una società migliore che innalzi progressivamente il livello culturale dei lavoratori e migliori le loro condizioni di vita anche attraverso la partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica. I riformisti  -  spiegava Turati  -  sono realisti e tolleranti. Realisti perché credono che non sia possibile costruire una società in cui siano banditi per sempre i conflitti. Tolleranti perché, rifiutando il perfettismo, si pongono al riparo dalla convinzione di avere avuto accesso alla verità ultima sul significato della storia. Turati pagò a caro prezzo la sua durissima battaglia contro la pedagogia dell'intolleranza. Quando morì in esilio, in condizioni di povertà, Palmiro Togliatti scrisse un articolo su Lo Stato Operaio, in cui affermò che era stato "il più corrotto, il più spregevole, il più ripugnante tra tutti gli uomini della sinistra".

Consiglio questo libro a chi si sente smarrito a sinistra. Potrebbe essere uno strumento di comprensione e soprattutto, credo, di difesa. Difenderebbe il giovane lettore dai nemici del dialogo, dai fautori del litigio, dagli attaccabrighe pronti a parlare in nome della classe operaia, degli emarginati, degli "invisibili", dai pacifisti talmente violenti da usare la pace come strumento di aggressione per chiunque la pensi diversamente. Turati aiuta a comprendere quanta potenza ci sia nel riformismo, che molti considerano pensiero debole, pavido, direbbero persino sfigato. Il riformismo di cui parla Turati fa paura ai poteri, alle corporazioni, alle caste, perché prova, cercando consenso, ponendosi dubbi, ragionando e confrontandosi, di risolvere le contraddizioni qui e ora. Coinvolgendo persone, non spaventandole o estromettendole perché "contaminate". Non è un caso che i fascisti prima e brigatisti poi avessero in odio soprattutto i riformisti. Non è un caso che i fascisti temessero Matteotti che aveva denunciato brogli elettorali. Non è un caso che i brigatisti temessero i giudici riformisti, i funzionari di Stato efficienti. Perché per loro i corrotti e i reazionari erano alleati che confermavano la loro idea di Stato da abbattere e non da migliorare.

Per Turati il marxismo non può essere considerato un "ricettario perpetuo" in cui trovare la soluzione a tutti i problemi perché uno stesso problema, come l'emancipazione dei lavoratori, può richiedere soluzioni differenti in base ai contesti, ai periodi storici e alle risorse disponibili in un dato momento. Meglio diffidare da coloro che affermano di sapere tutto in anticipo; meglio "confessarci ignoranti"". Turati era convinto che la prospettiva culturale da cui guardiamo il mondo fosse decisiva per lo sviluppo delle nostre azioni. Questa è la ragione per cui attribuiva la massima importanza al ruolo dell'educazione politica: prima di trasformare il mondo, occorre aprire la mente e confrontarsi con i propri pregiudizi. Le certezze assolute fiaccano anche le intelligenze più acute: la pedagogia della tolleranza è il primo passo per la costruzione di una società migliore.

sabato 25 febbraio 2012

Bilancio 2012

Finanze comunali sempre meno dipendenti dal consumo di territorio
Chi possiede di più deve dare di più                                          
Sconti agli agricoltori e aggravi agli alloggi sfitti.

Siamo di fronte alla crisi economica e sociale più devastante dal dopoguerra, con conseguenze gravissime nelle condizioni di vita e di lavoro delle nostre popolazioni,  mettendo a rischio l’esistenza stessa della Nazione come l’abbiamo conosciuta finora. Ma ,come spesso accade nelle situazioni di crisi, si è costretti a fare salti culturali e scelte innovative, che in contesti “normali” difficilmente si farebbero. A questo proposito, più di uno sono gli aspetti positivi di questo bilancio 2012 e del piano triennale del lavori pubblici a cominciare dal ridimensionamento di quest’ultimo, che lo rende molto più realistico. Abbiamo inoltre un sostanziale blocco delle tariffe pubbliche e un taglio del 2% della tassa sui rifiuti solidi urbani TARSU.  Questa riduzione, avrebbe potuto essere anche superiore, viste le condizione di forte incremento della raccolta differenziata che ha superato il 70% e le generali condizioni finanziarie di HERA. Ma su questo torneremo presto. Come occorre sottolineare il forte impegno verso il recupero dell’evasione fiscale, nonchè la conferma degli stanziamenti a favore di imprese , scuole, cultura ed edilizia pubblica. Ma due sono gli aspetti più innovativi di questo bilancio, che cambiano di fatto il criterio attraverso il quale il Comune attinge le risorse. Vengono tagliati del 55% gli oneri di urbanizzazione e di questi solo il 45% andrà a copertura della spesa corrente. Questo significa che le finanze comunali saranno sempre meno dipendenti dalle nuove lottizzazioni e dal consumo di territorio agricolo. D’altra parte con l’introduzione dell’IMU si apre la possibilità  per il Comune di fare pagare i cittadini meno su quello che guadagnano dal loro lavoro, ( infatti l’addizionale IRPEF sebbene maggiorata  per i redditi oltre i 55.000 euro in omaggio ad un principio di equità consente un gettito complessivo di poco superiore a quello dello dell’attuale ICI ) e di più sui loro patrimoni , salvaguardando il più possibile la prima casa e quella data ai famigliari e penalizzando le seconde e ancora di più quelle tenute sfitte. Questo in omaggio alla verità indiscussa che nei periodi di forte crisi economica e sociale diminuisce il lavoro e aumenta la rendita e come Socialisti abbiamo il dovere di introdurre un criterio di giustizia redistributiva dentro questa dinamica per mantenere la nostra comunità il più possibile unita e solidale. Un discorso a parte abbiamo voluta fare per gli agricoltori,  per i quali ci siamo fortemente battuti, affinchè le aliquote IMU fossero le più basse possibili anche per il ruolo complessivo che questo settore svolge, a partire dalla salvaguardia del territorio  e dalla profonda crisi in cui versa e pensiamo di esserci riusciti,  tenendole al di sotto della base stabilita dal governo. Se poi, come auspichiamo, avremo ulteriori riduzioni per azione governativa o delle istituzioni provinciali e associazioni del settore, avranno tutto il nostro appoggio.

Angelo Trezza consigliere comunale PSI
Fiorenzo Faini  seg. comunale PSI












venerdì 24 febbraio 2012

Un autentico socialista

Sandro Pertini è stato un grande protagonista del nostro tempo e della storia d’ Italia. Nel giorno in cui ricorre l’anniversario della sua scomparsa voglio ricordare un uomo che spese la vita a favore della giustizia sociale e della libertà, che combatté strenuamente il fascismo, pagandone un prezzo altissimo.Per tutta la vita praticò la coerenza, l’onestà e la sobrietà. Seppe innovare il ruolo di Presidente della Repubblica dando a questa carica un nuovo spessore politico e morale e rendendo le istituzioni più vicine ai cittadini. Sandro aveva un grande sogno: consegnare alle future generazioni i valori di libertà, coraggio, passione politica, ai quali dedicò la sua lunga e appassionata esistenza.
Noi faremo di tutto per continuare e realizzare quel sogno. Il caso ha voluto che Pertini sia nato lo stesso anno in cui fu fondato il suo partito, il Partito Socialista Italiano. Anche per questo gli dedicheremo con più orgoglio ed emozione le celebrazioni del 120° anniversario della nascita del PSI. Per ricordare un grande uomo, un autentico socialista.

giovedì 23 febbraio 2012

"PROGRAMMA PSE - IL PROCESSO E’ INIZIATO"

Prende il via la seconda fase del progetto per le “società Progressiste” (il concetto principale alla base del processo di rinnovamento del PSE), con l'elaborazione del nostro programma fondamentale.

Dopo l'adozione di Novembre 2011 della prima Dichiarazione dei principi del PSE ( http://www.pes.org/sites/www.pes.org/files/adopted_pes_declaration_principles_en.pdf ), con il programma fondamentale è giunto il momento di tradurre i nostri valori in azione.

Il processo per il programma fondamentale del PSE è diviso in due fasi, la combinazione delle quali migliorerà i contenuti e creerà una proposta coerente:



1^ fase - iniziata con la Convention PSE, durerà fino al congresso PSE del prossimo Settembre 2012; questa fase punta a raccogliere idee innovative su quattro temi generali (Democrazia attiva, Società eguali, Un mondo giusto, Un'economia equa http://www.pes.org/en/forums/renew ) per sviluppare le proposte per il programma fondamentale; 2^ fase - da Ottobre 2012, questa fase si concentrerà sulla stesura del programma e terminerà con la sua adozione nella primavera 2013.

Le cinque reti del PSE (l'Europa Sociale, Economia & Finanza, Ambiente, Politica Estera, Migrazione & Integrazione http://www.pes.org/en/political-initiatives ) sono al centro del processo della prima fase, e rappresentano le piattaforme dove discutere approfonditamente specifici settori politici. Alla luce del successo della Convention PSE, dovremo raccogliere i contributi provenienti dalla società civile, dai sindacati e dal mondo accademico, sotto la guida della FEPS. I quattro temi della Convention rimarranno il nostro quadro tematico per le fasi di discussione ed elaborazione, e Re:new ( http://www.pes.org/renew/ ) rappresenterà lo strumento centrale per l'organizzazione dei contributi al programma fondamentale da parte degli attivisti.

I risultati di questi scambi dinamici saranno discussi prima negli incontri politici di Giugno, da dove scaturiranno le relazioni che saranno presentate al Congresso PSE, e saranno alla base della prima bozza del programma fondamentale.



Tratto da un post di Sara Montinaro su Re:new

http://www.pes.org/en/renew/fundamental-programme%E2%80%93the-process-has-started

martedì 21 febbraio 2012

I Socialisti ringraziano

Un ringraziamento particolare a nome dei Socialisti santarcangiolesi al Sindaco Morri e all'assessore Moretti per come hanno saputo gestire l'emergenza neve della prima metà di febbraio.

Fiorenzo Faini

LAVORO. NENCINI: NECESSARIE RIFORME CHE GARANTISCANO TUTELE E NUOVI DIRITTI PER CHI NON NE HA.

“E' un errore pensare che la riforma dell'articolo 18 sia il punto di partenza per riformare il mondo del lavoro. Deve essere, al contrario, l'ultimo tassello di un percorso di riforme in grado di garantire tutele e nuovi diritti per chi non ne ha e di favorire politiche di crescita e di sviluppo”.
A dirlo Riccardo Nencini, segretario nazionale del PSI, a margine di un incontro con i rappresentanti delle categorie e del mondo del lavoro tenutosi oggi a Firenze.
“L'articolo 18 – ha aggiunto il leader socialista – non è un totem, ma qualcuno ci deve spiegare come si intendono tutelare gli oltre 4 milioni di precari, giovani e laureati, che non hanno possibilità di entrare nel mondo del lavoro e di progettare il loro futuro. È un percorso che va fatto a monte, altrimenti è come risolvere il problema degli esuberi negli ospedali con l'eutanasia”.

lunedì 20 febbraio 2012

IMU CHIESA. NENCINI: UNA DECISIONE SAGGIA CHE RISTABILISCE L' EQUITA'

L’Italia è un Paese per la maggior parte cattolico. Se fino ad ora a pagare erano i cristiani, adesso a pagare sarà anche la Chiesa. Questa è una battaglia di equità che i socialisti conducono da sempre”. A dirlo è Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi, commentando l’annuncio del governo Monti di cancellare l'esenzione IMU per gli immobili di proprietà della Chiesa non adibiti a funzioni religiose ed esclusivamente commerciali. “ La decisione del governo di eliminare le agevolazioni fiscali per gli immobili commerciali della Chiesa – continua il leader socialista- e di altri soggetti no profit, è una svolta e un bel passo in avanti”. “Lo è per i soldi, tanti, che rientreranno nelle casse dello Stato ma lo è soprattutto perché ristabilisce equità in un momento in cui si chiedono ai cittadini sacrifici e senso di responsabilità- aggiunge Nencini”. “Un provvedimento saggio – conclude il Segretario - che condividiamo e che sgretola una delle tante anomalie che hanno impedito in questi anni all'Italia di essere un paese normale".

GIORNATA DEL RICORDO. NENCINI: UNA TRAGEDIA PER TROPPO TEMPO NEGATA


"Il dramma delle foibe è una pagina tragica della storia italiana, sulla quale si è sollevato troppo tardi, per ragioni di convenienza politica, il velo dell'omertà e del silenzio". Così scrive oggi sulla sua pagina Facebook, in occasione della celebrazione della Gornata del ricordo, Il segretario nazionale del Psi Riccardo Nencini. "È giusto ricordare le donne e gli uomini - scrive il leader socialista - che furono massacrati in nome di una ideologia politica portata avanti da un regime totalitario e liberticida. Chi crede nella libertà, nella democrazia, in una società che si arricchisce anche nella diversità etnica e culturale ha il dovere di assegnare a questa tragedia umana - conclude Nencini - il valore che la storia le ha per lungo tempo negato".

sabato 18 febbraio 2012

CRAXI, LA MEMORIA E GLI ERRORI

Almeno una volta all'anno si torna a parlare di Craxi. Esclusivamente del suo rapporto con la giustizia anziché del nodo più antico che la sinistra dovrebbe finalmente recidere e che in quegli anni si fece inestricabile matassa (ricordate decreto di San Valentino, punti di scala mobile e dintorni?). Il rapporto tra libertà ed uguaglianza e, fuor dai principi, l'applicazione di questo binomio nel governo della cosa pubblica. Si continua invece ad accapigliarsi celebrando il festival degli errori e degli smemorati. Il modo più ininfluente per fare politica. Metteremo il 'nodo' al centro del ricordo dei 120 anni di nascita del socialismo italiano, tra poche settimane, a Genova, la città nella quale, nel 1892, si riunirono, si divisero e crearono un partito le tante anime del movimento operaio.

Perchè tutti vengono da lì, Gramsci e Turati, Terracini e Pertini, Silone, Matteotti e Anna Kuliscioff.

Ma, tirati per i capelli sul tema alla moda – non per questo il più rilevante – esprimiamo volentieri la nostra opinione.

In 'Eutanasia di un potere', l'autore sostiene che Craxi, a partire dal discorso tenuto alla Camera nel luglio 1992 (dibattito sulla fiducia al governo Amato), scelse consapevolmente la strada che ne avrebbe segnato l'azione fino alla morte: spiegare al mondo che il sistema di finanziamento ai partiti e alla classe politica era irregolare. Per tutti. Questa condotta - l'attacco a testa bassa alla magistratura e ai partiti dalla memoria corta - lo portò prima all'isolamento, poi ad essere additato quale capro espiatorio dell'intero arco costituzionale, diversamente dai leaders democristiani e di altre forze politiche. L'opinione che larga parte degli italiani si è fatta nasce da qui. Non da solide radici di verità ma dall'essere rimasto, Craxi, al centro del ring mentre altri sceglievano strategie più duttili. Ma i nodi vengono al pettine. Sempre. Perchè la storia non fa sconti a nessuno. Qualche giorno fa, in un sondaggio promosso da Sky, il 93% (sic!) degli italiani affermava di stare meglio quando si stava peggio. Gli esempi potrebbero continuare eppure si tratterebbe sempre di esempi incongrui rispetto all'entità del problema - etica pubblica, ruolo dei partiti, governo del bene comune, risorgimento della politica perchè la 'tecnica' non ha mai amministrato il mondo – come sanno i cittadini che vivono in questa Italia fragile e fino a ieri derisa.

So bene quanto sia spinosa la questione 'una strada per Craxi'. E a quanti e quali equivoci e scorciatoie possa offrire una spalla. A vent'anni dalla sua caduta, però, urgono alcune precisazioni, dirette soprattutto a chi usa argomenti da bassa cucina. Craxi è stato un eccellente statista. Rileggersi le opinioni espresse allora sul suo governo, le idee divenute buone leggi ed il giudizio maturato negli ambienti internazionali. Craxi è stato condannato per reati attinenti il finanziamento del partito. E' un fatto. Craxi ha sostenuto movimenti di liberazione che hanno contribuito a costruire la democrazia laddove vi erano dittature (Spagna, Grecia, Portogallo, paesi dell'Est Europa, con la Polonia di Walesa alla testa, organizzazioni palestinesi). E' nelle memorie dei leaders aiutati, anni dopo eletti capi di governo e capi di stato. Craxi – ha sostenuto De Benedetti, e con lui molti altri - ha interpretato la volontà di modernizzazione dell'Italia negli anni '80. Lui, Spadolini e pochi altri. E di quella modernizzazione l'Italia aveva bisogno. Craxi non comprese gli effetti che la caduta del Muro avrebbe determinato. Errore politico. Grave. Craxi non merita di veder tirato il suo nome come la trippa per ragioni miserrime di tattica di questo o di quello schieramento. Lasciate che la memoria riposi in pace e semmai domandatevi se quella idea di una sinistra riformista fosse valida oppure no per guidare una comunità complessa come l'Italia. Hic Rhodus, hic salta. Oggi non meno di ieri. Tutto ciò premesso, chi deve decida, in un modo o nell'altro. E chi ha dimenticato, soprattutto chi gli fu vicino, rammenti.

Tutto il resto è già storia. D'Italia.



Riccardo Nencini



(pubblicato su Repubblica Firenze il 16 febbraio 2012)

venerdì 17 febbraio 2012

L'amara lezione della grecia

(Da "Avanti! della Domenica" )


Le notizie dalla Grecia sono tristi. Il commento generale dei saggi e conformisti economisti intervistati a profusione è che “soggettivamente” i greci hanno ragione ad essere infuriati (o disperati), ma “obiettivamente” l’economia ha certe regole, che sono state trasgredite, per colpa dei politici greci, da qui la necessaria punizione (questa è la versione preferita in Italia, più soft di quella gettonata in Germania, che chiama in causa direttamente il popolo greco, pigro, sprecone, baffuto e Dio sa cos’altro).

I saggi economisti conformisti riducono una nazione ad una famiglia che ha calcolato male il mutuo: tacciono però su almeno altri due fattori della crisi greca, pure notevolissimi. Il primo è l’elemento speculativo: la crisi greca esplode quando agenzie di rating ed investitori decidono che il debito sovrano greco deve essere colpito, per farci su dei soldi a breve termine, e poi passare a Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, Francia. Il secondo è il fallimento politico: l’Europa, per responsabilità ben precise dei governi conservatori, non si è attivata in tempo con le misure indispensabili, che scoraggiassero la speculazione e consolidassero la Grecia. Tutto è stato fatto tardi e male, ed oggi che un fondo di solidarietà c’è, le condizioni imposte sono però durissime.

Oggi, si prevede non soltanto (soltanto!) la povertà per migliaia e migliaia di famiglie, ma una recessione dei consumi, il tracollo della crescita economica, e insomma, per far quadrare i conti del debito greco, il buon senso economico e le leggi dell’economia vengono calpestate da molti altri versanti. Il debitore, in queste condizioni, non potrà che essere strozzato, e questa non è buona economia.

Se per rientrare del debito, si abolisce la sanità pubblica, si buttano i lavoratori per strada, si impongono sofferenze sociali impossibili, torna in mente la cattiva medicina di quella storiella su certi bravi medici, forse parenti di quei bravi economisti: “l’operazione è riuscita, peccato che il paziente è morto”.


Luca Cefisi

giovedì 16 febbraio 2012

Anna Falcone: appello alla sovranità popolare

E' ora che il PSE intervenga subito nel Parlamento Europeo per dare voce ai cittadini, ai movimenti civili alle forze del lavoro. Dopo i fatti della Grecia è urgente chiedere una svolta immediata nelle politiche economiche e di aiuto agli Stati membri. Non è concepibile che il sostegno ai popoli passi dal ricatto delle banche. La sovranità popolare è un principio inviolabile. Come il diritto di un popolo al proprio futuro e alla propria dignità. La finanza globale e le istituzioni asservite alle sue regole stanno cercando di strozzare entrambi. Se siete socialisti, se siete deputati del popolo, alzatevi dai vostri banchi e opponetevia questo scempio!!!

giovedì 2 febbraio 2012

Mozione per conferenza sull'agricoltura


PARTITO SOCIALISTA ITALIANO

MOZIONE

Oggetto: Richiesta convocazione conferenza sullo stato dell’agricoltura nel nostro territorio e prospettive.

- Al Signor Sindaco del Comune di Santarcangelo di R.
Signor Mauro Morri
- Al Signor Presidente del Consiglio Comunale
 Signor Luigi Berlati
- Ai Signori Consiglieri
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Oggi l’esodo dalle campagne ha toccato il suo punto più drammatico, allora perché non riflettere sul fatto che una nuova idea di agricoltura può favorire progetti di vita per tanti giovani chiamati non a fare la vita grama dei vecchi contadini, ma un lavoro moderno, dignitoso e gratificante? Stiamo parlando di migliaia di nuovi posti di lavoro, di sostenibilità, quindi di assoluto bisogno di nuove politiche agricole.
I prezzi dei prodotti, nonostante non siano diminuiti al dettaglio per i consumatori, all’origine sono scesi costantemente negli ultimi anni, arrivando a minimi storici che non consentono agli agricoltori neanche di pagarsi le spese per la produzione.
Vista la situazione, lo smantellamento di un settore vivo, fondamentale per la produzione di cibo e il mantenimento degli equilibri ambientali, prosegue a spron battuto senza che le strutture preposte s’impegnino nel salvare il salvabile.
L’agricoltura, a dispetto del fatto che resta il settore primario di un’economia, è vista come la sorella povera di altri comparti produttivi, desueta, marginale.
Anche in Italia si sta diffondendo l’idea, che si possa produrre cibo senza i contadini, addirittura che ciò si possa fare senza i terreni agricoli fertili, sempre più minacciati da una cementificazione senza limiti.
Non c’è cura se non si cura la piccola agricoltura di qualità, che in molte zone ritenute ‘arretrate’ ha salvato dal naufragio umano nonché meteorologico intere aree del Paese. Non c’è cura se si preferisce l’agricoltura dei grandi numeri, quella industriale che dicono ‘competitiva’, che alla fine desertifica. Non c’è cura se c’è cemento ovunque. Non c’è cura se il soldo arriva a prevalere sul buon senso, quello che potrebbe salvare i nostri territori dalla bruttezza e dall’insicurezza più letale.
E senza una educazione ecologica che contempli anche le basi agricole, non si potranno formare nuove generazioni sensibili a questo problema. Lo stesso si dica per la ricerca, che in campo agricolo non può prescindere dall’esperienza, la pratica e la conoscenza degli agricoltori, che sono ogni giorno impegnati concretamente con le coltivazioni e in buona parte sono ancora portatori di saperi antichi e quanto mai utili a un nuovo progresso agricolo.
Uno degli effetti più nefasti di tutte le riforme liberiste adottate dagli anni Novanta in avanti è rappresentata da un grave aumento della volatilità dei prezzi, fenomeno deleterio per le aziende agricole.
Purtroppo, il trattare l’agricoltura come un settore a sé stante e analogo agli altri comparti economici quali la produzione di beni di consumo o di materie prime industriali, ha finito con lo svilire e distruggere quella che forse è l’attività umana più indispensabile, completa, complessa, ricca di cultura e forte di un rapporto equilibrato con la natura.
La mannaia dell’Imu, la nuova tassa sugli immobili, andrà a colpire pesantemente purtroppo anche i terreni agricoli, le stalle, i fienili, fino alle cascine e ai capannoni che servono per custodire trattori e altri attrezzi di lavoro.
Il punto è che i terreni e i fabbricati agricoli vengono considerati, a tutti gli effetti, strumenti di produzione.
Non si possono tassare le cascine e le stalle come i palazzi o le abitazioni in città. In questo modo, si mette a rischio la stessa sopravvivenza dell’agricoltura italiana nel suo contesto ambientale e paesaggistico, compromettendo anche il turismo culturale e quello eno-gastronomico.
Sono segnali di allarme che travalicano, a nostro parere, i legittimi interessi di categoria che sappiamo essere in fermento.
L’agricoltura è sempre stata e sempre sarà ciò che ci garantisce la vita.
È giunto il tempo di imprimere cambiamenti forti.
In tal senso è necessario attuare il passaggio da una politica meramente agricola a una politica agricola e alimentare, in modo da poter affrontare in maniera più efficace ed efficiente problematiche trasversali quali la tutela dell’ambiente, del paesaggio e delle risorse naturali, la lotta al cambiamento climatico.
Occorre promuovere un’agricoltura capace di produrre cibo di qualità in modo sostenibile, coniugando innovazione e saperi tradizionali. Si dovrà puntare su produzioni agricole di piccola e media scala, sostenibili, di qualità, destinate esclusivamente al consumo umano o animale, privilegiando le produzioni che hanno forti legami col territorio e un basso impatto ambientale.
La piccola e media scala richiede una maggior disponibilità di manodopera, di conseguenza favorisce l’occupazione, è più sostenibile per risparmio energetico, contribuisce a sostenere le economie locali anche in aree marginali.
Un sistema di approvvigionamento, distribuzione e consumo locale potrà ridurre l’impatto ambientale accorciando le distanze percorse dal cibo, e potrà garantire ai consumatori la disponibilità di prodotti freschi e stagionali. Tagliando alcuni passaggi intermedi tra produttori e consumatori, sarà possibile creare una nuova relazione tra il mondo agricolo e quello urbano.
Per costruire sistemi agroalimentari locali sarà decisivo il ruolo dell’educazione, nelle scuole, ma anche nelle aziende e nei luoghi di vendita. Sarà decisivo creare reti di scambio, di conoscenza e di solidarietà tra contadini e cittadini.
Si dovrà inoltre premiare chi vive e lavora in aree marginali (ne esistono sul nostro territorio? si dovrà indagare). Le produzioni di piccola e media scala che si realizzano in queste aree difficili, svolgono un fondamentale ruolo di presidio del territorio e devono essere sostenute.
Gran parte del sostegno dovrà quindi andare a chi impiega buone pratiche ambientali, tutelando l’ambiente e salvaguardando beni comuni, come il suolo fertile e l’acqua, e a chi presidia, come detto, aree marginali.
Il sostegno economico dovrà andare a beneficio esclusivo dei produttori attivi e i giovani dovranno essere al centro dell’azione politica.
Le stime indicano che solo il 7 per cento degli agricoltori ha meno di 35 anni.
Tonino Guerra circa un anno fa, a seguito dei cataclismi occorsi nel nostro Paese, ebbe a dire in una intervista: “L’Italia non è più bella come una volta, è inutile che mi rompano le scatole, perché una volta c’era chi la curava. Non erano dieci persone messe lì e pagate dallo Stato, erano quelli che l’abitavano: i contadini. Dobbiamo riapprendere quella forza d’amore che avevano loro”.
Bisogna quindi:
1. Dare dignità alla professione dell’agricoltore, in modo che possa rappresentare una scelta di vita stimolante e gratificante.
2. Garantire ai giovani un reddito adeguato, che permetta loro di avere sicurezze sufficienti per programmare il proprio futuro.
3. Promuovere la nascita di reti di giovani - agricoltori, ma anche altri protagonisti della filiera alimentare: artigiani alimentari, ristoratori, educatori, consumatori - favorendo la creazione e la diffusione di spazi, occasioni e strumenti di connessione (eventi, internet, social network eccetera) per scongiurare l’isolamento che talvolta caratterizza il lavoro agricolo e costituisce un importante fattore deterrente.
4. Promuovere la formazione dei giovani agricoltori con percorsi scolastici secondari e corsi universitari, ma anche tramite corsi brevi e docenze svolte dagli stessi agricoltori e tramite scambi di conoscenze ed esperienze.
5. Favorire il trasferimento delle conoscenze tra generazioni.
6. Facilitare l’avvio di nuove imprese di giovani, semplificando e velocizzando le pratiche burocratiche e prevedendo incentivi quali finanziamenti diretti, agevolazioni fiscali, mutui agevolati, assicurazioni a condizioni favorevoli eccetera.
7. Fornire assistenza tecnica agevolata sulle tecniche agroecologiche, sulla gestione di impresa eccetera.
8. Premiare i produttori che salvaguardano la biodiversità locale e tradizionale, razze autoctone e varietà vegetali locali, che preservano il paesaggio agrario tradizionale, vecchie vigne, oliveti centenari..., e l’architettura tradizionale, mulini ad acqua, malghe, antichi forni a legna..., che operano in aree marginali, svolgendo un importante ruolo di presidio del territorio, che creano forme associative, rispettando disciplinari di produzione condivisi.
9. Promuovere scambi d’informazioni e conoscenze tra piccoli produttori e tra generazioni diverse.
10. Prevedere programmi di formazione per ottimizzare le tecniche agronomiche e di trasformazione e rafforzare l’organizzazione dei produttori e la loro capacità di presentare adeguatamente le produzioni sul mercato (con una corretta etichettatura, un packaging chiaro, semplice ed ecosostenibile).
11. Prevedere programmi di educazione alimentare e ambientale nelle scuole, ad esempio favorendo la creazione di orti scolastici. Prevedere programmi di sensibilizzazione e d’informazione dei cittadini sulle problematiche relative al sistema agroalimentare, alla sostenibilità e all’alimentazione. Promuovere un costante scambio di informazioni tra produttori e consumatori.
12. Creare canali di mercato per i prodotti di piccola e media scala: promuovere mercati contadini (vedi il nostro del sabato mattina nello spazio Francolini che va curato un po’ di più), gruppi di acquisto solidale, l’impiego dei prodotti locali nella ristorazione collettiva (da sperimentare per le scuole, le aziende, etc.) e tutte le altre iniziative di vendita diretta. Appoggiare i gruppi che s’impegnano a sostenere direttamente forme di agricoltura locale.
13. Premiare chi differenzia l’offerta, integrando la produzione agricola con attività didattiche, turistiche, culturali, utili a promuovere la conoscenza dell’ambiente, del territorio, dell’agricoltura - ruolo multifunzionale dell’azienda agricola - (un’azienda della Giola già lo fa con successo).
Su questo e tanto altro vogliamo che si discuta e si faccia il punto della situazione e si creino i presupposti per un nuovo futuro.
Robert Laughlin (premio Nobel per la fisica) sostiene che tra due secoli l’agricoltura sarà fondamentale per continuare a garantirci la vita. Dice che il settore agricolo sarà il principale produttore di energia nell’era post-fossile. C’è da credergli.

perciò

CHIEDIAMO
che il Consiglio Comunale, impegni la Giunta perché:
1 - convochi, senza indugio, una Conferenza di studio e di confronto tra tutte le parti interessate, che tratti lo stato dell’agricoltura nel nostro territorio, anche alla luce dell’ultima ‘manovra’ del Governo, unitamente alle varie problematiche che l’attraversano, e ne tracci le linee del rinnovamento.

Cordialmente
Santarcangelo di R., 14 Gennaio 2012

Angelo Trezza
Consigliere Comunale