martedì 23 dicembre 2014

LA TREGUA DI NATALE - 25 dicembre 1914 Fronte delle Fiandre

di FABRIZIO MANETTI
E' il 1914. Si avvicina il primo periodo Natalizio di guerra,
festività di un conflitto scoppiato ufficialmente il 28 Luglio di quello stesso anno, ma che aveva le radici ben piantate nel 28 giugno precedente quando gli spari di Gavrilo Princip gettarono l'Europa nella confusione diplomatica e successivamente nel macello.
Il ricordo della nascita di Gesù Cristo, figura celebrativa per la quasi totalità dei combattenti in campo divisi dalle storiche confessioni cattolica, ortodossa e protestante, ma unificati nell'unica matrice cristiana e la sua rilevanza profetica per la parte belligerante musulmana e pur anche ebraica, indussero il Papa Benedetto XIV a domandare una tregua forse anche con la segreta speranza di un ulteriore momento di riflessione che potesse condurre alla pace. Un attimo di tregua che riportasse alla realtà dei fatti i responsabili delle Nazioni, per far loro valutare la fallacità delle iniziali previsioni di brevità del conflitto.
La proposta del Pontefice venne ufficialmente respinta, anche se non fu un grido lanciato nel vuoto.
Ad essa fece eco infatti una "lettera di pace" che le suffragette britanniche inviarono alle "donne di Austria e Germania" proprio nei giorni successivi all'appello papale.
Fu in questo clima tendente alla pace ed invocante ripensamenti al conflitto, che maturò l'episodio, o meglio la serie di episodi, che sono passati alla Storia come " la tregua di Natale del 1914".
Lo scenario è il Fronte delle Fiandre, regione del Belgio occidentale.
Quelli che si stanno fronteggiando sono gli armati dell'esercito Tedesco ed Anglo- Francese.
Già nelle settimane precedenti e corrispondenti al periodo dell' Avvento, i militari belligeranti accomunati dall' appartenenza alla confessione cristiano-protestante, iniziano a "scambiarsi " dalle rispettive trincee, canti di natale tradizionali delle loro zone di provenienza.
Così ad un'intonazione in inglese, rispondeva una in tedesco.
Ma il clou di questa spontanea dimostrazione di pace si raggiunse proprio nella notte del 24 Dicembre quando i militi, rotti gli indugi, si incontrarono nella"terra di nessuno" abbracciandosi, stringendosi le mani e scambiandosi i doni più disparati : sigarette, cibarie, berretti ed anche bottoni delle rispettive uniformi.
In alcune zone pianeggianti vennero pure organizzate partite di calcio tanto improvvisate quanto coinvolgenti.
Gli episodi si susseguirono in tutto il periodo di Natale, sino alla fine dell'anno, consentendo anche di dare degna sepoltura ai caduti di entrambe le parti.
Poi con l'arrivo del 1915 le ostilità ripresero sino all'epilogo dell' 11 Novembre 1918 data che segnò la fine di un conflitto che costò quasi dieci milioni di caduti e circa due milioni di feriti e mutilati permanenti.
Questa immagine ben immortalata nel lungometraggio " Joyeux Noel " Premiato con l'Orso d'Oro al Fetival di Berlino nel 2005, è l'essenza di ciò che veramente fu la Grande Guerra : un conflitto voluto da pochi - che ne ricevettero anche i benefici- ma subito da molti che ne soffrirono le conseguenze.
Vittime del conflitto furono infatti coloro che maggiormente vi si opposero come cattolici e, almeno in Italia, come socialisti, ma che non riuscirono a fermare lo scatenarsi di una guerra causata in nome di un Nazionalismo che, neanche con il sangue, riuscì a centrare il proprio
obbiettivo di dare uno Stato ad ogni Nazione e riuscendo solo a porre le basi del successivo conflitto mondiale esploso proprio nel nome dei conflitti etnici.
Tornando all'episodio della "tregua di Natale" va rimarcato come questa non si ripeterà negli anni di guerra successivi.
Gli Stati Maggiori di entrambi gli schieramenti, comprendendo subito il suo messaggio pacifista e pericoloso per il proseguo delle ostilità, si adoperarono sin da subito perchè non ci fosse una riedizione dell'accaduto.
Ma la spontaneità del gesto, la sua genuinità basata su di una vera ed effettiva volontà di pace , resta scritta sui libri di Storia ed anche nel ricordo.
Proprio di questi giorni è la notizia che le rappresentative dell'esercito inglese e di quello tedesco si sono affrontate in una gara commemorativa dell'evento.
Segno tangibile che l'episodio non avrà fermato la guerra se non per qualche giorno, ma che lo stesso è rimasto impresso nei momenti da ricordare e commemorare.
E, quello che più conta,nella coscienza degli uomini.
BUON NATALE A TUTTI !


Comune di Coriano esce da Hera, il sindaco: 'non sottoscriviamo più le azioni societarie'

Comune di Coriano esce da Hera, il sindaco: 'non sottoscriviamo più le azioni societarie'AttualitàCoriano
16:35 - 03 Dicembre 2014
"L'Amministrazione di Coriano ha deciso di non sottoscrivere, seguendo le sue linee programmatiche, il Patto di Sindacato e di liberare le circa 30.000 azioni dai vincoli del Patto stesso". Lo sottolinea il Comune di Coriano, in una nota in cui comunica l'intenzione di uscire dal patto che governa la multiutility Hera, in scadenza a fine anno, nonostante la proposta di rinnovo sia solo semestrale e non triennale. "Premesso che l'Amministrazione di Coriano - prosegue la nota - possiede ad oggi una quantità irrisoria del totale del Patto di Sindacato e quindi un peso insignificante sulle decisioni dell'Azienda Hera Spa, tale scelta non avrà alcun contraccolpo sull'equilibrio societario". Nei giorni scorsi si era appreso di un'analoga decisione del piccolo comune di Dozza imolese, in provincia di Bologna.

domenica 30 novembre 2014

LETTERA APERTA AI SANTARCANGIOLESI


Si conclude dopo 10 anni, con le dimissioni volontarie dalla presidenza della Fondazione Focus, l’esperienza amministrativa della nostra compagna Monica Ricci, entrata nella  Giunta Comunale di Santarcangelo per la prima volta nel 2004 con il secondo mandato del sindaco Vannoni. Si tratta del compimento di un lungo percorso di impegno e dedizione alla comunità santarcangiolese che l’ha vista impegnata in diversi ambiti della vita amministrativa come Assessore, dai servizi scolastici, alle attività sportive, alle questioni giovanili, alla gestione del personale e da ultimo alle politiche culturali, con il battesimo e lo sviluppo della Fondazione Focus.
L’azione amministrativa di Monica si snoda nell’antico solco tracciato a Santarcangelo dai buoni amministratori socialisti, ne citiamo alcuni: Giovanni Tosi, Luigi Benedettini, Prof. Achille Franchini (a cui è dedicato il nostro ospedale), Martino Ricci, Lucio Macrelli, Claudio Emilio Lombardini, Secondo Stacchini, Francesco Franceschi, Emilio Raboni, Walter Berti, Cesare Pappini, Carlo Tosi, Mario Benedettini, Cesare Boschetti, Ugo Casalini, Silvio Ferrini, Giacomo Gallavotti, Augusto De Girolami , Argo De Girolami, Giordana Ricci, Giorgio Serafini, Edoardo Zavatti, Germano Boschetti, Oreste Macrelli, Luigi Ricci, Oreste Magalotti, Pietro Gallavotti, Flavio Nicolini, Mimmo Berti, Luciano Raschi, Carlo Campidelli, Gianluigi Cerchione, Claudio Morri, Giorgio Ioli, fino agli ultimi Eros Tonini e Angelo Trezza, che nel corso del tempo si sono succeduti. Esperienza originale e ineguagliata, quella del socialismo italiano, laico e riformista, pragmatica sui problemi da risolvere e intransigente sul piano dei principi allo stesso tempo, fatta di elevate competenze, disinteresse e dignità personale, impegno costante e quotidiano nella gestione della cosa pubblica.  Certo questa grande esperienza politica e umana, sembrava definitivamente esaurita anche nella nostra città, con i tristi e non ancora abbastanza indagati avvenimenti del tragico e oscuro biennio 1992 - 93  e il tramonto della prima repubblica. Ma questo sarà compito degli storici. Invece ha ritrovato in Monica, nella sua vicenda politica e amministrativa un inaspettato e piacevole ritorno, quasi a conferma che le buone cose passate lasciano sempre un qualcosa per l’avvenire. E di questo vogliamo ringraziare Monica anche a nome dei tanti che l’hanno conosciuta e apprezzata in questi 10 anni, perché si è fatta interprete di questo ritorno.  
Due cose però in conclusione di questa breve nota vogliamo ribadire. La prima è che Monica conclude qui il suo impegno amministrativo, ma quello politico all’interno del Partito Socialista continua e se necessario con maggiore lena sia a Santarcangelo che in regione ed a livello nazionale, ricoprendo essa anche l’incarico di vice-segretaria regionale dell’Emilia Romagna e di consigliere nazionale del Partito Socialista.  La seconda è che i Socialisti a Santarcangelo, cosi come al Governo del Paese (presenti con un Viceministro e rappresentanti in Parlamento), nella nostra Regione Emilia Romagna e in ogni parte d’Italia ove siano presenti, fanno parte delle coalizioni di centro-sinistra e continueranno a farne parte fino a quando esisteranno le condizioni di agibilità politica per loro irrinunciabili:  rispetto e pari dignità reciproca con gli alleati.
A Santarcangelo siamo parte della coalizione di centro-sinistra finché persisteranno le condizioni per esserlo, cioè fino a che saranno rispettati gli impegni elettorali che prevedono la partecipazione collegiale alle scelte fin dall'inizio e non solo a giochi già fatti, per migliorare la nostra Santarcangelo e dare ai Santarcangiolesi un'amministrazione equa e giusta.
Se queste condizioni non ci saranno più, allora noi saremo ben lieti di andare per la nostra strada avendo sempre ben presente che faremo il possibile e anche di più per i nostri cittadini. 

Il Direttivo del Partito Socialista di Santarcangelo e della Valmarecchia

martedì 25 novembre 2014

Dopo il voto per la Regione

care amiche e cari amici,
come sapete il risultato della nostra lista non è stato positivo, fermandosi allo 0,90 a livello provinciale con 747 voti e all'1,50 a livello regionale, non raggiungendo per poco la quota per eleggere un consigliere (non ho fatto il calcolo preciso ma credo si aggirasse sull'1,6 - 1,7). Con la scarsità di tempo e soprattutto di mezzi, l'ostilità della stampa e l'esiguità delle nostre forze politiche sul territorio, soprattutto su Rimini città, non era  possibile avere un risultato consistentemente migliore, ma speravo comunque che il nostro apporto fosse utile a far scattare un seggio per la lista, cosa che non si è verificata per il risultato non all'altezza delle aspettative di altre Province, soprattutto Ferrara ma anche Bologna e in parte Forlì.
Credo però che ci siano alcuni risvolti incoraggianti per il futuro: abbiamo preso voti in quasi tutti i Comuni della Provincia (tranne che in alcuni con pochissimi abitanti) riuscendo a farci conoscere, seppur da un numero ristretto di persone, su tutto il territorio. In sintesi, le persone che siamo riusciti a raggiungere ci hanno dato fiducia, ma erano troppo poche e non eravamo in grado di far arrivare la nostra proposta ad un numero maggiore di persone.
Sappiamo che, non essendo il nostro un simbolo conosciuto, il nostro voto di opinione è stato scarsissimo e i voti presi sono quasi tutti dovuti a conoscenza personale.
Credo però che questo progetto rimanga valido in vista dei prossimi appuntamenti elettorali: le elezioni Comunali di Rimini e Cattolica tra un anno e mezzo. Partendo con largo anticipo, su un territorio più ristretto e meno dispersivo e rispettivamente con 32 e 16 candidati, potremo migliorare di gran lunga il risultato recuperando una parte di quei tantissimi elettori che si sono astenuti in queste regionali, confidando che la scelta del Sindaco e dei consiglieri della città risulteranno per loro più cogenti.
Ringrazio i candidati e chi si è speso per questa difficile campagna elettorale e, attendendo vostre considerazioni, spero di sentirivi presto.

Francesco Bragagni seg. Provinciale PSI

domenica 16 novembre 2014

Intervento di Franco Grillini della lista " EMILIA ROMAGNA CIVICA "







UN INTERVENTO DI FRANCO GRILLINI Capolista della lista civica laica e socialista per le elezioni regionali dell’Emilia Romagna

Una società finalmente libera dall’eccesso burocratico e normativo; una struttura dello Stato e della Regione Emilia-Romagna più semplice, trasparente e partecipata; laicità assoluta, come principio generale e come esigenza propria di una società multiculturale; creazione di posti di lavoro attraverso investimenti pubblici che incentivino l’uso delle nuove tecnologie e favoriscano il rientro di chi aveva delocalizzato, un'ambiente più vivibile e capace di superare l'era del petrolio inquinante.
Sono questi, in sintesi, gli obiettivi per i quali mi sono candidato al Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna e, assieme ai Verdi, al Partito Socialista Italiano, a Scelta Civica, abbiamo dato vita a Emilia-Romagna Civica, una aggregazione che vede unite forze politiche e movimenti che hanno molto in comune, a partire dall’adesione senza tentennamenti ai principi costituzionali di laicità e uguaglianza.
Da tanti anni sono attivo nei movimenti per i diritti civili, in particolare perché vengano riconosciuti uguali diritti a gay, lesbiche, transessuali, trovando sempre vicini in questo impegno i partiti e le aree culturali che hanno dato vita a Emilia-Romagna Civica.
Fine vita, diritto delle donne all’interruzione della gravidanza, legalizzazione delle droghe leggere, matrimonio per le persone omosessuali: è bene che in Consiglio regionale non manchi una presenza laica come la nostra, pungolo per altri partiti e movimenti politici che vedono al loro interno la convivenza tra idee laiche e altre di ispirazione clericale le quali frenano riforme e cambiamenti legislativi che nelle società sono già maturi da tempo.
Le società libere, poco burocratizzate, rispettose delle identità e delle scelte individuali sono anche quelle con i più alti tassi di crescita e di benessere diffuso.
In parte l’Emilia-Romagna già risponde a questi standard, ma deve e può fare di meglio, favorendo uno sviluppo sostenibile che vada nella direzione di riqualificare i territori mettendo in sicurezza i sistemi idrogeologici, portando nuova qualità urbana, investendo nelle reti veloci e nel collegamento tra i numerosi centri di eccellenza attivi in regione.
Inoltre, va favorito il rientro di chi ha delocalizzato le proprie attività e ora, di fronte ai costi trasportistici e alla scarsa specializzazione di altre zone di produzione, stanno valutando se sia opportuno reinsediarsi in Italia.
Mentre la laicità costituisce la strada maestra per la modernizzazione sociale e civile del paese, lo sviluppo delle nuove tecnologie è fondamentale per la sua modernizzazione produttiva. Nei prossimi 10 anni il 90% dei lavori e delle imprese avrà a che fare col digitale, materia di cui mi sono occupato spesso in Consiglio regionale. Si tratta di garantire la diffusione della banda ultralarga e del WIFI libero e gratuito coma già avviene massicciamente nelle democrazie più evolute.
Lenin diceva che il socialismo è il soviet più l'elettricità, io dico che una democrazia libertaria è internet più la laicità dello Stato, ovvero l'assoluta libertà di ognuno di noi dalla nascita al fine vita. 

Siamo in piazza

PROGRAMMAZIONE DEI TAVOLI DELLA LISTA " EMILIA ROMAGNA CIVICA " PER LE REGIONALI DEL 23 NOVEMBRE, NEL PROSSIMO E ULTIMO FINE SETTIMANA A SANTARCANGELO DI R.
VENERDI' 14 PORTICI P.ZZA GANGANELLI angolo Carim ore 9,00 - 12,30
SABATO 15 P.ZZA MOLARI ore 9,00 - 12,30 - COOP FORNACI ore 15,00 - 18,30
DOMENICA 16 P.ZZA MOLARI ore 15,00 - 18,00

giovedì 13 novembre 2014

FORZA RAGAZZI PEDALIAMO INSIEME

MENTRE VISIONATE IL NOSTRO PROGRAMMA, PRENDETE CONFIDENZA CON I NOSTRI CANDIDATI SUL SITOhttp://emiliaromagnacivica.wordpress.com/ 
FORZA RAGAZZI, PEDALIAMO TUTTI INSIEME!!!

sabato 8 novembre 2014

Bobo Craxi a Rimini

RIMINI: Sabato 8 novembre 0re 18.00
Presentazione del libro
IO PARLO E CONTINUERO' A PARLARE

Interverranno:
Andrea Spiri, Dottore di ricerca in Storia Politica dell'età contemporanea 
Ugo Finetti, giornalista e scrittore 
Stelio Bossoli, Candidato alle Elezioni Regionali per la lista “ Emilia Romagna Civica”
Bobo Craxi, Segreteria Nazionale PSI 
Modera:
Antonella Zaghini, giornalista de“ La Voce di Romagna”

Sala del Buonarrivo Corso D'Augusto, 231 RIMINI

domenica 19 ottobre 2014

Il prof.sostiene la nostra lista " EMILIA ROMAGNA CIVICA "

Per l'ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, "questa lista è quella più rappresentativa della necessità di rinnovamento del Centro Sinistra nella nostra regione".
Redazione 18 Ottobre 2014
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Alle prossime elezioni regionali del 23 novembre correrà nello schieramento del centrosinistra anche la lista "Emilia Romagna Civica". Per l'ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, "questa lista è quella più rappresentativa della necessità di rinnovamento del Centro Sinistra nella nostra regione". Emilia Romagna Civica ha nel simbolo una bicicletta perché "un simbolo pulito, che unisce e che rappresenta al meglio lo spirito di questa lista. Una bicicletta perché per guidarla occorrono buona testa e buone gambe. Buone idee, quindi, ma contemporaneamente solide tradizioni e legami con il territorio". La lista "accomuna esperienze ecologiste, numerosi personaggi del mondo culturale, storici esponenti delle battaglie per i diritti civili unitamente al riformismo di matrice liberaldemocratica e socialista". Inoltre "intende anche essere il naturale punto di convergenza di tutti coloro che, pur collocandosi nello schieramento di centrosinistra non si riconoscono nel Pd". Emilia Romagna Civica si propone anche "di  rappresentare la casa ideale per coloro che hanno sostenuto Roberto Balzani alle primarie del Centro Sinistra, condividendone le posizioni sulla cultura, sui trasporti, sullo smaltimento dei rifiuti, sulla sanità e l'Asl unica, sulle partecipate, sulla funzione della Regione".uo promozionale
Le “parole d’ordine” sulle quali la lista si è costituita sono ambiente, cultura, diritti e lavoro. "Argomenti di straordinaria attualità - viene evidenziano dagli esponenti - sia nello scenario nazionale che in quello locale, che non solo rappresentano il naturale terreno d’incontro per tutti i soggetti che hanno contribuito a dar vita a questo progetto, ma che costituiscono il nucleo essenziale di una serie di proposte che mirano ad arricchire il programma del candidato Presidente della Regione Emilia Romagna per il Centro-Sinistra".

sabato 11 ottobre 2014

I costi di HERA stanno bloccando il Comune di Santarcangelo e lo "sconto" sulle bollette dei rifiuti non è reale


Finalmente anche qualche consigliere comunale di opposizione comincia a rendersi conto (meglio tardi che mai) di come il costo del ciclo dei rifiuti, gestito da HERA, sia diventato per il Comune di Santarcangelo un grave fattore di rigidità e di blocco delle possibilità di spesa. Com’è stato ribadito nell’ultimo Consiglio Comunale, la spesa corrente del Comune risulta già impegnata al 95% al momento della predisposizione del bilancio e solo con una diversa e più razionale gestione dei costi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti può iniziare una svolta.
La stessa riduzione della tassa rifiuti (TARI) per il 2014 del 6% alle famiglie e del 11% alle imprese, resa pubblica in quella sede, non è di fatto reale in quanto trattasi di uno sconto su una previsione di spesa  stimata in eccesso. Infatti, il Comune, verificato un incasso superiore a quanto dovuto a HERA, ha potuto permettersi di fare questo annuncio, ma quello che non si dice mai è che HERA costa alle casse del Comune (e a noi tutti) ogni anno di più, con una progressione continua, senza che nessuno, voglia o possa mettervi mano.  I Santarcangiolesi, dimostrando alto senso civico, in questi anni hanno raggiunto percentuali di raccolta differenziata molto alta superando la soglia del 70%. Da questa HERA, rivendendola ricava un utile non indifferente e diminuisce i costi del conferito all’inceneritore. E nonostante tutto i cittadini pagano di più. E’ giusto e logico tutto questo ?
Potrà sembrare paradossale e quasi comico, ma nel bel mezzo di una crisi economica e sociale senza precedenti, nella quale le imprese e le famiglie ma anche le pubbliche amministrazioni si dibattono per fare quadrare i conti; in piena crisi dei consumi e conseguente calo dei rifiuti che causa lo spettro della deflazione (riduzione dei prezzi per calo della domanda), sapete cosa ci tocca vedere?
Che il Comune di Santarcangelo (e ciascuno di noi) paga ad HERA una somma aumentata, anche per il 2014, del tasso di inflazione programmata dell’ 1,5%.
Per non parlare dei maxi stipendi degli amministratori di HERA sfuggiti anche ai nuovi parametri di contenimento  cui sono  sottoposti quelli delle aziende statali, da cui si potrebbero ottenere risparmi di 2 milioni di euro!
Un modello diverso per la gestione dei rifiuti non solo è possibile ma è già in atto in diverse realtà. Non ci si può accontentare dei dividendi per rimpinguare le magre casse dei Comuni e con questi mettere a tacere le proteste, perché pochissimi sono i Comuni in Romagna che hanno quote e quindi dividendi significativi che giustificano il mancato controllo sulla spesa !
Ecco, la ragione per la quale abbiamo sostenuto nelle primarie per la presidenza della Regione, il prof. Balzani. Perché su questo, come su altri temi, la pensa esattamente come noi Socialisti.

Fiorenzo Faini                                                                              

Seg. PSI Santarcangelo di R. e Valmarecchia 

lunedì 29 settembre 2014

E poi ci si stupisce della scarsa partecipazione !!


Ieri mattina mi reco al seggio storico delle primarie a Santarcangelo situato nella 
piazza centrale di fronte al Comune e con grande sorpresa mista a 
delusione lo trovo chiuso con un biglietto sulla vetrata in cui si legge
che è stato trasferito nella sede del PD peraltro non situata proprio 
in centro. Capiamo tutti cosa significhi in termini di partecipazione !!
Alla mia richiesta di spiegazioni mi è stato risposto che la saletta
storica non aveva avuto la disponibilità del proprietario e che in
centro c'era troppa confusione per via della fiera di San Michele,
edizione 642 !!. Tutto questo dopo che negli avvisi distribuiti
attraverso tutti i canali ufficiali quella doveva essere la sede del
seggio principale di Santarcangelo !! SPERIAMO SOLO CHE EPISODI SIMILI
NON SI SIANO VERIFICATI ANCHE IN ALTRI COMUNI DELLA REGIONE, SE NO ADDIO
PRIMARIE APERTE!!

sabato 27 settembre 2014

Perchè votare alle primarie, domenica 28 settembre ?

Per restituire alla nostra Regione un luogo di progettazione, di innovazione, di passione verso il futuro. La Regione e’ divenuta per moltissimi un gigante politico-burocratico lontano dai bisogni delle persone, delle imprese e dei territori.


Io credo che, partendo dalla società, si possa ripristinare una relazione di contatto e di fiducia, facendo leva sulla trasparenza delle scelte, sulla verificabilità dei progetti, sullo studio dei successi e degli insuccessi passati. Ripartiamo dalle cose essenziali: una sanità che salga dai cittadini e dagli operatori; la preservazione di un territorio fragile e martoriato da fenomeni climatici e naturali, oltre che da un uso sconsiderato del suolo; un più marcato investimento sul ferro, e quindi sulla mobilita’ pubblica, per rendere la Regione uno spazio sempre più integrato e “facile”; un cambio di passo rispetto all’incenerimento dei rifiuti, per dar vita ad un’economia circolare fondata sul recupero di materia; e poi ricerca e innovazione la’ dove la Regione e le sue imprese possono guadagnare o aprire nuovi spazi, nuovi mercati. Puntiamo sulla grande cultura che ci unisce, sull’intelligenza del fare e del saper fare, sulle potenzialità di giovani desiderosi d’innovazione.
Il lavoro che ci manca nascerà da questa spinta, non dalla riproduzione stanca di modelli pagati con risorse pubbliche o con risorse naturali.
L’occasione del 28 settembre e’ preziosa: possiamo costruire una politica in grado di dialogare sul serio con gli elementi più dinamici della nostra società: individui e imprese che puntano alla concretezza, alla verificabilità, all’uso parsimonioso del denaro pubblico. E’ questa la via per creare un contesto nel quale i bisogni dei più deboli possano trovare risposte, rinsaldando quel nesso fra crescita e integrazione sociale che ha costituito per decenni la miscela vincente dell’Emilia-Romagna. Oggi pero’ dobbiamo rimuovere la cappa di una politica asfittica, autoreferenziale, poco propensa a studiare e a capire l’economia e la società.
Il 28 settembre puoi cominciare questa sana e pacifica rivoluzione, il 28 settembre traccia un segno di fiducia sul mio nome.
Insieme possiamo riuscirci.
Roberto Balzani

lunedì 22 settembre 2014

IO. SOCIALISTA, VOTERO' ROBERTO BALZANI

DOMENICA 28 SETTEMBRE LE PRIMARIE DI COALIZIONE
Gli elettori del centro sinistra scelgono il candidato Presidente della regione Emilia Romagna: si vota dalle 8:00 alle 20:00, i candidati sono Roberto Balzani e Stefano Bonaccini. Maggiori informazioni sul nostro sitowww.partitosocialista.it
I lettori ci scrivono
IO, SOCIALISTA, VOTERO' ROBERTO BALZANI
Le elezioni regionali si terranno il 23 novembre prossimo e ora che sono finalmente definite le candidature alle primarie di coalizione del 28 settembre per la scelta del candidato a Presidente della giunta regionale dell’ Emilia-Romagna, da socialista iscritto al PSI, dichiaro la mia preferenza di voto: voterò Roberto Balzani ed invito i compagni socialisti a fare altrettanto. E lo faccio per tre ragioni. La prima perché è un forlivese, un romagnolo, espressione di un territorio in credito con l'Emilia fin dalla costituzione della regione Emilia-Romagna nel 1970, anche se ciò non pregiudicherà affatto la sua capacità di vedere e agire nell'interesse dell'intera realtà regionale. L’altra motivazione è che nel ruolo di Sindaco di Forlì ricoperto dal 2009 fino allo scorso maggio, quando motivò pubblicamente la decisione di non ricandidarsi per l’impossibilità di poter incidere su un potere così consolidato, Balzani ha dimostrato di saper guardare avanti, senza paraocchi ideologici e senza alcun timore reverenziale, attaccando, quando occorreva, Regione e dirigenza del PD. Spesso ha affermato che pezzi di amministrazione, economia, finanza, società partecipate sono diventati “padroni” della regione. Per questo, dopo il tentativo di scalfire lo stesso potere e le stesse èlites al governo da troppo tempo, lo stesso sistema ha cercato di isolarlo e allontanarlo perché diventato una minaccia alla sua continuità. Sulla costituzione della Ausl unica di Romagna non ha risparmiato a suo tempo pesanti critiche, considerandola un atto di potere calato dall’alto. Il tema della sanità doveva essere un tema squisitamente romagnolo e come tale estraneo a interferenze dei vertici della regione, ma non si è avuta la forza di osteggiarlo. Rivendicando un’autonomia razionale e cooperativa, patrimonio di tutti i romagnoli, Balzani ha criticato invano un decisionismo che non ha lasciato spazio a profonde riflessioni sulla reale efficiente operatività di una azienda sanitaria che deve garantire servizi ed eccellenze ad un’utenza di circa un milione di cittadini. Gli operatori della sanità non sono mai stati chiamati a discutere il progetto di unificazione delle Ausl di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini e senza un progetto chiaro, se non quello di un contenimento della spesa (?), quella scelta non andava fatta. Su Hera e la gestione dell’acqua, Balzani afferma che è una grande risorsa, ma il controllo decisionale deve essere degli enti locali, l’azienda ha attualmente un margine di manovra troppo ampio e la progettazione deve essere del pubblico. Se il pubblico si libera delle reti, come è avvenuto nel ravennate, non è padrone di niente: è una privatizzazione vera e propria. La più importante ragione per la quale sceglierò Balzani è politica e di merito: le idee, il programma e la sua volontà di cambiamento non possono che giovare al futuro di una regione come l'Emilia-Romagna che deve ritrovare, dopo l'esaurirsi della fase di crescita e di buona gestione espressa fino a qualche anno fa, nuova linfa per porre al centro la salvaguardia dell'ambiente con un'azione politica e culturale capace di riscoprire la vera qualità della vita, fatta non solo di benessere economico e di consumismo, ma soprattutto di valori primari quali solidarietà e coesione sociale. Balzani, stimato docente universitario di formazione laica e liberale prestato alla politica, ha le giuste caratteristiche per restituire un ruolo da protagoniste alle realtà territoriali minori che costituiscono parte integrante della nostra regione, troppo spesso dimenticate dai suoi vertici. L’occasione delle primarie rappresenta perciò un'opportunità unica e forse irripetibile, quella di esprimere un voto che sia in grado di promuovere una personalità non di apparato, capace di attuare una svolta nella politica della regione Emilia Romagna. Un'opportunità che in assoluta libertà di pensiero, piena consapevolezza politica e in coscienza, non perderò votando e invitando a votare, per Roberto Balzani.

Alessandro Guidi, già Segretario della Federazione forlivese del PSI, Presidente dell’Amministrazione provinciale di Forlì e Sindaco di Rocca San Casciano

FIUMI, ALLUVIONI, BOMBE D'ACQUA. LA TROPICALIZZAZIONE DEL NOSTRO CLIMA

Il nostro clima cambia. Violenti temporali, temperature alte, umidità para-equatoriale. Esondazioni e alluvioni. Anche in queste ore e anche in Emilia-Romagna. In questo settore vanno concentrate le risorse da spendere in opere pubbliche. Dobbiamo mettere in sicurezza la Regione, e non impermeabilizzarla ulteriormente, come vorrebbe la cricca del cemento a ogni costo, alla quale la politica fino ad ora non saputo resistere. Il che non significa che non ci debba essere un futuro per l'edilizia. Non c' e' per l'edilizia "estensiva" che abbiamo conosciuto fino alla Grande Crisi. Ma ce n'e' uno enorme per il recupero, il ridisegno territoriale, il ripristino, la sicurezza, il risparmio energetico. Questo futuro va incoraggiato e aiutato. E noi lo faremo.

Prof. Roberto Balzani candidato alle primarie per la presidenza della Regione E.R.

lunedì 1 settembre 2014

BALZANI SU HERA E....DINTORNI

La stagione delle multiutility comincia con il superamento delle antiche municipalizzate, negli anni Novanta. Le aziende speciali, sorte con la provvida legge Giolitti 103/1903, avevano compiuto un ciclo importante (pensiamo agli acquedotti, a inizio Novecento, e alla metanizzazione del territorio, negli anni Sessanta) ed erano in condizioni assai diverse le une dalle altre: talune efficienti, altre invece infiltrate dalla politica e divenute parcheggio di ceto parassitario. Con le ovvie, immaginabili ricadute sul piano dell’efficienza gestionale e della cultura d’impresa.

La scelta di accorpare realtà territoriali di dimensioni limitate all’interno di strutture più vaste, dotate di grandi possibilità di investimento sui servizi a rete e di un management di qualità, andava nella direzione di assicurare ai Comuni (che restavano i titolari del controllo della Spa) uno strumento potente, duttile, efficiente, sottraendolo al “mercato politico”e alle sue degenerazioni.

La fase costitutiva delle multiutility è stata quindi segnata dal drenaggio di risorse umane di qualità dalla periferia amministrativa all’impresa e, contestualmente, dalla concentrazione degli impianti. Presentata in questo modo, l’operazione non presentava controindicazioni particolari, e infatti è stata la chiave di volta del successo delle nuove strutture emiliano-romagnole.

Il problema è sorto nel momento in cui Hera in primo luogo (2003), poi Enìa (nata nel 2005 dall’associazione delle municipalizzate emiliane), fondendosi con Iride e dando vita a Iren (2010), sono state quotate in Borsa. Lì c’è stata una mutazione prevedibile, ma radicale. Il management ha acquisito un ovvio predominio, dovendo rispondere al capitale degli investitori privati (nel caso di Hera, anche le Fondazioni bancarie); nello stesso tempo, i soci pubblici hanno faticato a generare politiche proprie, anche in virtù di una specializzazione della comunicazione e dei processi decisionali, preferendo rivestire il ruolo di azionisti percettori di dividendi.

Questa scelta è stata determinata da più fattori: debolezza della classe amministrativa, mutevole e spesso non all’altezza culturalmente di un dibattito tecnico; sistematica asimmetria informativa fra aziende e Comuni, resa più dolorosa e irrecuperabile dal drenaggio dei tecnici pubblici migliori nelle multiutility; tendenza a sottovalutare l’impatto delle tariffe sul consenso, in virtù di una imposizione locale “irresponsabile”
(cioè gestita dal centro del sistema) fino alla crisi del 2008. Infine, ma non meno importante, va segnalato il passaggio di personale politico nei quadri di rappresentanza delle muliutility, attraverso una forma di reclutamento indiretta che ha fatto parlare Marco Damilano di passaggio dal modello berlusconiano del partito-azienda a quello emiliano dell’azienda-partito.

Il tentativo RER di creare un contraltare di pari entità (lo scioglimento degli Ato provinciali e la costituzione di Atersir), anziché riequilibrare sul versante politico i rapporti di forza, accentuando il côté della programmazione, delle gare e dei controlli, ha reso ancora più debole la parte pubblica, fra l’altro ulteriormente impoverita di tecnici a causa di una clausola di salvaguardia che ha permesso al personale comandato negli Ato di tornare agli enti locali di provenienza. Non è chiaro se questo esito sia stato programmato o se sia semplicemente il frutto di miopia politica. Sta di fatto che la stagione inauguratasi nel 2012 è stata segnata dall’ulteriore difficoltà, da parte del pubblico, di intervenire sugli indirizzi di politiche fondamentali per la vita collettiva.

Il ritiro delle delega all’Assessora Freda (2013) e la ricentralizzazione delle stesse sulla figura del Presidente - proprio in coincidenza con la fase calda della discussione del piano regionale di gestione rifiuti - è, anche dal punto di vista simbolico, la testimonianza di un ruolo di mediazione istituzionale assunto da Vasco Errani, più che di costruttore di policies attraverso l’apparato funzionariale e dirigenziale dell’Assessorato.

Ma veniamo ora ad esaminare brevemente la diversità d’impostazione delle politiche emerse in questi anni nei territori della RER. Perché questa è la
novità: rispetto alla acquiescenza e la consueta “riservatezza” con cui la politica (di governo) ha affrontato il tema delle multiutility fino al 2009, ora – sulla scorta di una nuova sensibilità dell’opinione pubblica – assistiamo ad una secolarizzazione del dibattito e ad una maggiore trasparenza dei punti di vista.

La reazione ostile del Sindaco di Imola all’annuncio del Comune di Forlì di votare contro il nuovo allargamento di Hera (alle imprese friulane e
giuliane) e, in seconda battuta, di non sottoscrivere il patto di sindacato fra i soci pubblici di Hera alla sua naturale scadenza (31 dicembre 2014.
Come Ferrara, d’altronde), rivela un elemento finalmente politico della vicenda regionale. Il Sindaco di Imola incarna un’idea perfettamente logica e razionale: la sua città, tramite una holding ben gestita, detiene attualmente il 7,4% delle azioni Hera (una quota seconda solo a Bologna e a Modena), che produce il più alto dividendo pro capite (Imola è una piccola città), se spalmato sui cittadini residenti del Comune (il rapporto rispetto Forlì, tanto per fare un esempio, è di 4:1). La strategia è
chiara: Imola ha deciso, anche in virtù di una dotazione iniziale assai significativa d’impianti, d’investire sulla multiutility, cui ha conferito poi anche le reti, in modo da beneficiare degli utili. Fra il profilo dell’utente/controllore e quello dell’azionista, ha scelto il secondo. E’
poi chiaro che un simile peso in termini di azioni fa sì che Imola sia un socio autorevole e ascoltato, rispetto ad altri – Forlì, Ferrara, Rimini – il cui apporto al capitale sociale viaggia fra l’1,6 e l’1,7%. Per i bilanci di queste città, il dividendo Hera è assai più contenuto e meno strategico.

Il punto di vista alternativo, rappresentato da Forlì in questo caso, è quello di tenere le reti in mano pubblica (non senza un riscontro positivo sui bilanci: vedansi i risultati di Unica Reti) e di occuparsi di gare, tariffe, servizi e controlli: cosa assai difficile e complicata, perché Hera ha drenato dalle ex municipalizzate personale di prim’ordine (come si diceva poco sopra). Forlì, che rappresenta una quota relativamente modesta del capitale Hera (1,6%), ma che può vantare, d’altronde, un portafoglio di utenti/clienti (oltre il 9%) pari a 4 volte la percentuale, ha un interesse opposto a quello di Imola: essa vede la multiutility come erogatrice di buoni servizi possibilmente a basso costo ed è indotta a entrare nel merito della composizione delle tariffe, per evitare che profitti eccessivi vadano a beneficio degli azionisti maggiori (fra cui anche il Comune di Imola).
Detto in altri termini, non tutti i soci pubblici sono uguali: le strategie delle città hanno creato due modelli di riferimento: i fautori della “logica azionista” e quelli della “logica utente”. Che sono alla fine inconciliabili. Per questo, dovendo scegliere, Forlì preferirebbe una società francamente animata da un indirizzo privatistico, dove la foglia di fico del controllo pubblico cede il passo alla realtà così com’è: Hera è un grande colosso capitalistico e finanziario ormai internazionalizzato, privato e insieme pubblico, guidato da un management di indubbie qualità, nel quale le politiche dei Comuni, salvo rari casi, hanno un peso molto modesto. I servizi che Hera potrà erogare saranno sempre più legati ad un ovvio parametro di profitto atteso, con l’inevitabile conseguenza che interi pezzi di sistema locale rischiano di essere progressivamente abbandonati. E’ già successo in altri settori.

Il pubblico dovrebbe invece restare titolare delle reti e dovrebbe gestire – possibilmente in house – quei servizi pubblici per i quali la scala territoriale risulti conveniente e la copertura dei costi attraverso tariffa sia assicurata: per tutti gli altri, sarà il mercato – ed Hera, così come Iren, è di certo un soggetto altamente attrezzato in questo senso – a definire successi e insuccessi delle imprese. Ciò implica, quindi, la riappropriazione di un potere d’indirizzo comunale sulle politiche – pensiamo all’acqua o alla raccolta dei rifiuti, giusto per fare un esempio
-: e tanto più oggi, quando i cittadini vedono che sono i Comuni a determinare la tassazione su questi servizi e pretenderebbero correttamente perciò, con il voto, di orientarne le scelte. Ciò implica, inoltre, una netta separazione fra le funzioni: proprietà delle reti, gare e controllo, da un lato (oltre alla gestione diretta dei servizi esercitabili in regime di monopolio su una scala territoriale circoscritta); competizione fra imprese, multiutility o meno, per i servizi a mercato o ad alta intensità di capitale (e perciò fuori dalla sfera comunale o inter-comunale).

Siamo di fronte a due modelli assai diversi: nell’un caso le politiche passano attraverso la multiutility a partecipazione pubblica, che le interpreta e le declina; nell’altro, la multiutility è un mero strumento, e le politiche restano, in parte almeno, più prossime all’ente in capo al quale è la rappresentanza civica e collettiva diretta.

Direi che si tratta di un tema complesso, ma di grande interesse. Anche perché ci sono altri attori in gioco: la Regione, che ha concentrato su di sé talune funzioni essenziali, lo Stato con le sue “liberalizzazioni”, vere o presunte, l’Europa con i suoi indirizzi. Ecco, credo che questa sia politica in senso puro: diritti, beni

comuni, servizi, tariffe, imprese, rappresentanza, controllo, tutti fusi insieme. E poiché è politica allo stato puro, ritengo che anche su questo terreno debba essere giocata la gara per la Regione prossima ventura, nel 2015.

Perchè la candidatura di Balzani nelle primarie della Regione Emilia Romagna è diversa

L’hanno detto in tanti, per la prima volta si assiste a una consultazione il cui esito non è scontato. Era già successo più volte in altre realtà come ad esempio a Milano con Pisapia-Boeri o in Puglia con Vendola-Boccia, ma in Emilia Romagna mai.
Il modo in cui si è arrivati a questa soluzione è stato molto sofferto. Per un lungo periodo (quasi due mesi) si è cercato di evitare la consultazione proponendo un candidato “unitario”. Individuato nel sindaco di Imola, Manca, su di esso si ventilava un accordo fra Renzi, Bersani e Errani.
Perché il Partito non volesse un confronto fra più soggetti credibili risulta, a chi non è avvezzo alle logiche di apparato, assai poco comprensibile. Ma la soluzione precostituita era talmente incombente che nessuno dei candidati, ad esclusione di Balzani e poi a ruota Bianchi, ha mai dichiarato fino a poco più di un mese dalle elezioni in modo incontrovertibile il proprio intendimento di partecipare alla gara.
Il primo che si espresse due mesi fa, Richetti, lo fece con questa frase.”Nel momento in cui il Partito me lo chiedesse è un’opzione che sono disposto a valutare”. Segue a ruota dopo alcuni giorni Bonaccini: “Se mi candiderò a presidente della Regione? Può darsi, direi che sono al 50%”. E Manca: “Se serve ed è utile che io ci sia, sono a disposizione”Infine Patrizio Bianchi: «Le primarie servono per unire, se la mia persona potrà unire io non mi tirerò indietro». Parecchi giorni più tardi Palma Costi decide di scendere in campo con la frase: “Offro la mia disponibilità per un progetto che guardi in primo luogo ai cittadini”.
Quando alla fine, sparigliando il campo, Richetti decide di candidarsi lo fa dicendo: “Arrivati a 30 giorni dalla data credo che fosse non solo un elemento di dovere ma anche di responsabilità mettere in campo una proposta alla quale NOI avevamo detto che avremmo acceduto”.E Bonaccini subito dopo: “Ho deciso sulla base delle sollecitazioni venute dai territori….di mettermi a disposizione per candidarmi alle primarie”. Infine Manca: “Mi sfilo? Veramente non mi ero infilato”.
Diversa è la storia della candidatura di Balzani. L’ex sindaco forlivese fin da subito si propone senza incertezze affermando che le primarie sono un valore in sé e enuncia una politica di discontinuità radicale con Errani. In una intervista in luglio a Radio Città del Capo aggiunge: “la convergenza su un unico candidato (e l’archiviazione delle primarie) non può essere un embrasson-nous generale dove siamo tutti rappresentati dopo di che non si capisce più assolutamente nulla di quello che pensa uno e pensa l’altro e alla fine c’è una spartizione della torta con qualche piccolo contentino dato all’uno e dato all’altro. Ecco, questo non mi interessa”.
Da queste note si evince come il Partito venga visto da tutti, tranne Balzani, come una entità che in virtù di suoi meccanismi interni può generare il rappresentante giusto. E solo nel caso in cui tale logica s’inceppi si passa al confronto libero. Questa difficoltà a vedere soggetti che si presentano in prima persona e che come dice Renzi “se si perde sono io che ho perso” la si può vedere anche nella ostentazione di Richetti a usare “noi” anziché “io”.
La conseguenza più negativa di questo modo di vedere le cose è che nel momento in cui qualcuno decide di candidarsi lo fa in virtù della propria appartenenza a una parte del partito e non delle politiche che propone. Così Richetti diventa il riferimento dei “renziani della prima ora” che aderiscono alla sua candidatura a prescindere dall’idea di Regione che propone (ad oggi ancora nebulosa).E Bonaccini rappresenta la tradizione del partito emiliano romagnolo. Per cui non è neanche necessario un programma di cambio verso, tanto è importante la continuità con le eccellenze espresse dalla passata amministrazione.Palma Costi è a tal punto anch’essa l’espressione di ciò che è stato che tutti danno per scontato che l’entrata in campo di Bonaccini la porterà a rinunciare. Bianchi è identificato come “prodiano” ovvero di quella cultura che il professore reggiano ha portato nei suoi governi, soprattutto il primo, che ha cercato, con risultati non esaltanti, di non rompere con le componenti massimaliste del partito.
Il solo Balzani fa un discorso esclusivamente sulle “politiche” a prescindere dalle appartenenze, con una idea molto precisa e radicale di innovazione della Regione.
Ma sui contenuti avremo modo di tornare quando la campagna elettorale sarà entrata nel vivo.

mercoledì 13 agosto 2014

BALZANI : " MI CANDIDO ALLE PRIMARIE CONTRO UN CETO POLITICO FEUDALE "


Dalla massoneria a Renzi, dalla sanità ai trasporti fino al lavoro, l'ex sindaco di Forlì in corsa per il dopo Errani a tutto campo

di Federica Angelini
Roberto Balzani
A Ravenna si è appena costituito il comitato a sostegno della sua candidatura (vedi correlato) ed è iniziata la raccolta firme. Roberto Balzani è il primo candidato del Pd ad aver formalizzato l'intenzione di correre per il dopo Errani alle primarie del Pd del 28 settembre. Ex sindaco di Forlì, outsider nel partito, renziano della prima ora ma al momento sostenuto solo da una parte dei renziani e osteggiato dalla vecchia guardia, nei suoi cinque anni da sindaco di Forlì si è trovato spesso a combattere proprio contro la Regione su questioni cruciali come i rifiuti o l'Ausl. Appoggiato dai repubblicani ravennati esplicitamente, lui stesso nasce politicamente come repubblicano, in città difficilmente raccoglierà il sostegno di dirigenti del Pd per quanto con questa città abbia un legame particolare, essendo lui professore universitario a Conservazione dei beni culturali.

Balzani, non si è ricandidato a sindaco e si candida a far il presidente della regione?
"Io in realtà avevo in animo di tornare a fare il professore universitario, ma poi la condanna di Errani e la situazione che si è venuta a creare in Regione dopo le sue dimissioni, lo stallo clamoroso all'interno del Pd che ne è seguito mi ha fatto pensare che non si stava aprendo un dibattito politico sul modello di regione da proporre agli elettori. E poiché se uno non si candida, per le sue idee
non viene ascoltato, ho deciso di farlo".

Spera almeno in un assessorato?
"Mi pare difficile, sono già stati tutti assegnati, sulla carta, in base alle appartenenze territoriali e correntizie".

In effetti lei appare come outsider dentro al Pd. Tutti la stimano come intellettuale, molto meno come amministratore. Qui a Ravenna tra la dirigenza c'è già chi l'ha definita inadeguata al ruolo, per esempio.  Da chi si aspetta l'appoggio e il consenso?
“Mi aspetto di coinvolgere l'opinione pubblica, per discutere la mia proposta di modello regionale. Il modello preesistente si fondava su caratteristiche economiche e sociali che non esistono più. Oggi  serve una formula nuova. Si dovranno ridurre rendite di posizione, tutte quelle  forme di uso del denaro pubblico il cui risultato non è adeguato a quello che si spende. Bisogna sperimentare nuovi metodi, porsi obiettivi chiari in termini di benefici per i cittadini e poi tempi certi entro cui verificarli. Tutte cose che non possono piacere a chi fa parte del ceto politico ed è legato al sistema di potere vigente: mi pare evidente".

In realtà, lei non può nemmeno contare sull'appoggio di tanti renziani...
“Il mio ragionamento non ha molto a che vedere con correnti interne al partito e sono difficilmente classificabile in una categoria. Se una persona deve vivere di politica deve stare con chi vince e io non offro garanzie in questo senso. Il ceto politico è ceto politico, indipendentemente dal fatto che sia renziano, bersaniano, vegano. E io credo che questa regione abbia una società del ventunesimo secolo e un ceto politico ancora  feudale”.

Ma perché Renzi non si pronuncia?
"Renzi ha anche altre cose a cui pensare, per quanto in effetti l’Emilia Romagna sia una regione importante. Starà facendo le sue valutazioni, ma bisognerebbe chiederlo a lui. Non so rispondere a questa domanda. In ogni caso, se uno fa politica aspettando appoggi dall'alto, non credo possa essere un interlocutore affidabile per i cittadini che intende amministrare."

Feudo o tortello che dir si voglia, Errani qui è stato ed è celebrato come un grande amministratore. Lei è tra le poche voci critiche dentro al Pd. Il suo è un giudizio negativo a tutto tondo?
“Diciamo che nel primo decennio ha proseguito una gestione secondo i canali tradizionali che può aver funzionato, ma negli ultimi 5 anni abbiamo visto la Regione costruire gli strumenti per contrastare solo l’emergenza della crisi, peraltro durissima e aggravata dal terremoto. Alla fine il suo operato si è ridotto a forme di negoziazioni frammentate con i territori e i diversi attori, con squilibri evidenti dovuti appunto alla disparità di forze in campo. In realtà, negli ultimi anni si è sviluppata una critica generalizzata tra molti amministratori locali, che però queste cose preferiscono non dirle pubblicamente”.

Crede alla possibilità di un candidato unitario calato da Roma che renda vane le primarie? E lei a questo punto come reagirebbe?
"A me sembra che il cavaliere bianco di cui si favoleggia stia diventando sempre meno probabile. Poteva forse arrivare un mese fa, ma ormai è in moto un meccanismo di costruzione delle primarie da cui mi pare difficile si possa tornare indietro.  Non ho idea di come potrei reagire, ma certamente vorrei comunque portare avanti le questioni politiche che sto ponendo. Cambierà la forma non la sostanza."

Qualche esempio concreto delle questioni che vorrebbe affrontare, se vincesse?
"Gliene dico due: un'infrastruttura di treni di superficie rapidi, ogni mezz'ora, che colleghi Piacenza a Rimini e Rimini a Ferrara. Si tratta di una cosa difficile e costosa, ma importantissima."

E dove troverebbe le risorse?
"Io credo si tratti di decidere per priorità. Credo che lo sviluppo dell'infrastruttura su ferro per esempio debba avere la precedenza rispetto all'infrasttruturazione stradale che nella nostra regione non manca."

E la Orte-Mestre? Se la sente Mingozzi...
"La Orte-Mestre è una grande opera che si misurerà, se e quando si farà, sul lungo periodo. Io vorrei cominciare a cercare soluzioni su problemi e questioni nel medio periodo. Per quanto riguarda le strade, penso per appunto alla Romea, credo che vada subito affrontato il tema della manutenzione cercando soluzioni percorribili. Affrontare per esempio la questione dei treni significa oc
cuparsi dell'enorme popolo dei pendolari della regione."

La seconda priorità degli emiliano romagnoli di cui vorrebbe occuparsi?
"Le attese e gli accessi nei pronto soccorso e le liste d'attesa per gli esami. Questi sono alcuni dei problemi urgenti percepiti dai cittadini nei confronti della sanità. Dobbiamo partire da lì, capire se si possono risolvere, occuparci dell’utente finale, delle sue aspettative e dei suoi bisogni reali, e non ragionare al contrario, partendo dai vertici, come è stato fatto con l'Ausl Romagna".

Ma non è più urgente il lavoro? In fondo la regione ha avuto un ruolo in tutte le vertenze, si occupa di economia, formazione.
"Certo, ma si tratta di generare impresa, non possiamo generare lavoro. Sono le  imprese che poi creano i posti di lavoro, visto appunto che il pubblico è in contrazione. E credo che sotto questo profilo si tratti di individuare in maniera piuttosto brutale gli investimenti necessari. Il modello emiliano basato su una domanda interna forte, aree industriali a basso costo, pace sociale e servizi resi dai
comuni, ormai non esiste più: di aree ce ne sono anche troppe, le aziende scelgono posti sulla base, per esempio del costo dell’energia, elemento su cui la Regione potrebbe provare a incidere, la  connettività delle reti informatiche e la presenza di tecnici specializzati che vengono da un distretto formativo. Dobbiamo quindi rimodulare gli elementi attrattivi, sapendo che non avremo le dinamiche occupazionali degli anni 70. Dobbiamo fare anche piccoli esperimenti in questo senso: le misure tampone alle crisi della industria non possono essere più la risposta, quello che ci serve è un modello di sviluppo nuovo, non energivoro e che non consumi territorio".

Sembra più vicino a certe posizioni di Sel che dei Repubblicani...
"Come le dicevo, non sono facilmente incasellabile. Sono una persona libera che non ragiona per appartenenze ideologiche."

Una volta per tutte: ma lei è massone? Cosa ne pensa della massoneria?
"Io non sono massone e nessuno delle mia famiglia lo e' mai stato. Ho amici massoni, così come ne conto in tanti altri ambienti, religiosi e laici. Della massoneria apprezzo lo spirito laico e illuminista, che credo costituisca un elemento necessario alla vita di un paese moderno. Ma lo stesso vale per tanti altri apporti, ovviamente".

Renzi al governo la sta convincendo?
"Credo stia facendo una battaglia durissima contro la burocrazia romana per riuscire a trasformare in provvedimenti attuativi una serie di proposte giuste. E sta incontrando anche una resistenza trasversale in parlamento forse più forte di quanto avesse preventivato".

Be', può contare su Berlusconi. Nessun imbarazzo su questo?
“Quello con Berlusconi è un accordo di tipo generale su una riforma, non ha certo il suo appoggio nella battaglia quotidiana sui provvedimenti economici o politici 'normali', quelli che generano spesso ostilità anche dentro il Pd”.

Però i dati sulla recessione non saranno colpa delle resistenze politiche...
"La recessione è quella di un paese che se non riesce a togliere le rendite di posizione e sostenere politiche del lavoro e dell'innovazione utili per la competizione internazionale, non potrà farcela. Non ci è riuscito per ora neanche Renzi, che credo, nonostante la proposta di governo assai modernizzatrice, si sia trovato impastoiato in forze più conversatrici di quello che immaginava. Ecco perché sono per  una posizione radicale dall’inizio: identificazione di una serie di indirizzi chiari, calcolo delle forze in campo e poi su quei temi si va avanti come un treno."
09 - 08 - 2014
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