lunedì 1 settembre 2014

Perchè la candidatura di Balzani nelle primarie della Regione Emilia Romagna è diversa

L’hanno detto in tanti, per la prima volta si assiste a una consultazione il cui esito non è scontato. Era già successo più volte in altre realtà come ad esempio a Milano con Pisapia-Boeri o in Puglia con Vendola-Boccia, ma in Emilia Romagna mai.
Il modo in cui si è arrivati a questa soluzione è stato molto sofferto. Per un lungo periodo (quasi due mesi) si è cercato di evitare la consultazione proponendo un candidato “unitario”. Individuato nel sindaco di Imola, Manca, su di esso si ventilava un accordo fra Renzi, Bersani e Errani.
Perché il Partito non volesse un confronto fra più soggetti credibili risulta, a chi non è avvezzo alle logiche di apparato, assai poco comprensibile. Ma la soluzione precostituita era talmente incombente che nessuno dei candidati, ad esclusione di Balzani e poi a ruota Bianchi, ha mai dichiarato fino a poco più di un mese dalle elezioni in modo incontrovertibile il proprio intendimento di partecipare alla gara.
Il primo che si espresse due mesi fa, Richetti, lo fece con questa frase.”Nel momento in cui il Partito me lo chiedesse è un’opzione che sono disposto a valutare”. Segue a ruota dopo alcuni giorni Bonaccini: “Se mi candiderò a presidente della Regione? Può darsi, direi che sono al 50%”. E Manca: “Se serve ed è utile che io ci sia, sono a disposizione”Infine Patrizio Bianchi: «Le primarie servono per unire, se la mia persona potrà unire io non mi tirerò indietro». Parecchi giorni più tardi Palma Costi decide di scendere in campo con la frase: “Offro la mia disponibilità per un progetto che guardi in primo luogo ai cittadini”.
Quando alla fine, sparigliando il campo, Richetti decide di candidarsi lo fa dicendo: “Arrivati a 30 giorni dalla data credo che fosse non solo un elemento di dovere ma anche di responsabilità mettere in campo una proposta alla quale NOI avevamo detto che avremmo acceduto”.E Bonaccini subito dopo: “Ho deciso sulla base delle sollecitazioni venute dai territori….di mettermi a disposizione per candidarmi alle primarie”. Infine Manca: “Mi sfilo? Veramente non mi ero infilato”.
Diversa è la storia della candidatura di Balzani. L’ex sindaco forlivese fin da subito si propone senza incertezze affermando che le primarie sono un valore in sé e enuncia una politica di discontinuità radicale con Errani. In una intervista in luglio a Radio Città del Capo aggiunge: “la convergenza su un unico candidato (e l’archiviazione delle primarie) non può essere un embrasson-nous generale dove siamo tutti rappresentati dopo di che non si capisce più assolutamente nulla di quello che pensa uno e pensa l’altro e alla fine c’è una spartizione della torta con qualche piccolo contentino dato all’uno e dato all’altro. Ecco, questo non mi interessa”.
Da queste note si evince come il Partito venga visto da tutti, tranne Balzani, come una entità che in virtù di suoi meccanismi interni può generare il rappresentante giusto. E solo nel caso in cui tale logica s’inceppi si passa al confronto libero. Questa difficoltà a vedere soggetti che si presentano in prima persona e che come dice Renzi “se si perde sono io che ho perso” la si può vedere anche nella ostentazione di Richetti a usare “noi” anziché “io”.
La conseguenza più negativa di questo modo di vedere le cose è che nel momento in cui qualcuno decide di candidarsi lo fa in virtù della propria appartenenza a una parte del partito e non delle politiche che propone. Così Richetti diventa il riferimento dei “renziani della prima ora” che aderiscono alla sua candidatura a prescindere dall’idea di Regione che propone (ad oggi ancora nebulosa).E Bonaccini rappresenta la tradizione del partito emiliano romagnolo. Per cui non è neanche necessario un programma di cambio verso, tanto è importante la continuità con le eccellenze espresse dalla passata amministrazione.Palma Costi è a tal punto anch’essa l’espressione di ciò che è stato che tutti danno per scontato che l’entrata in campo di Bonaccini la porterà a rinunciare. Bianchi è identificato come “prodiano” ovvero di quella cultura che il professore reggiano ha portato nei suoi governi, soprattutto il primo, che ha cercato, con risultati non esaltanti, di non rompere con le componenti massimaliste del partito.
Il solo Balzani fa un discorso esclusivamente sulle “politiche” a prescindere dalle appartenenze, con una idea molto precisa e radicale di innovazione della Regione.
Ma sui contenuti avremo modo di tornare quando la campagna elettorale sarà entrata nel vivo.

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