giovedì 30 dicembre 2010

PERCHE' L'ARIA DELLE CITTA' RENDE LIBERI

Il giornale di Fli risponde a Nencini

giovedì 30 dicembre 2010



Luciano Lanna, direttore responsabile del Secolo d'Italia, quotidiano di Futuro e Libertà, è intervenuto oggi con un editoriale che riportiamo integralmente, in risposta alla lettera di Nencini pubblicata ieri dal Corsera:


Che non sia davvero più tempo di pensare la politica per riflessi condizionati o sensi d'appartenenza dati per automatici e irreversibili ce lo dimostra l'efficacia dell'immagine utilizzata per evocare una nuova fase politica da Riccardo Nencini, che è il segretario nazionale del Psi ed è stato per il centrosinistra presidente del Consiglio regionale della Toscana. «Al ciclo berlusconiano che tramonta», ha scritto in una lettera pubblicata ieri dal Corriere della Sera, si deve avere adesso il coraggio di sostituire una sintesi e un progetto che fondino la propria coesione sui fattori che caratterizzarono l'Italia di Bearzot. Un mix che faccia, precisava, «del lavoro, della conoscenza, della inclusione e del merito i pilastri attorno ai quali costruire una politica nuova».

L'obiettivo esplicito, aggiungeva Nencini, sarebbe quello di superare e concludere una transizione infinita e pervenire all'idea di un'Italia normale. Un Piano Marshall - così lo definiva - etico e politico destinato alla ricostruzione di una nazione che ha smarrito la sua missione, rancorosa, chiusa, impaurita ed egoista nella forbice sempre più aperta tra ricchezza e povertà. A questo punto, il passaggio secondo noi fondamentale: «La ricostruzione deve avvenire fuori del Parlamento e passare dalle città che in primavera andranno al voto». Un messaggio chiaro ma obbligato di fronte a un mondo politico che non riesce a uscire dalla logica del Palazzo e dall'assolutizzazione della contabilità dei voti nelle Camere. Un dato che deve passare e venire rivendicato anche da chi avverte la stessa urgenza pur provenendo "da destra". È infatti azzeccata la citazione del detto medievale che Nencini rilancia per invitare la politica a guardare più alla società civile che al ceto parlamentare: «L'aria della città rende liberi». È vero: è in quell'aria che nel 1992-93 si percepì il vento del cambiamento, è in quel preciso spazio che dopo decenni la Dc e il Pci perdettero la loro storica egemonia, è nelle città che si determinò la speranza di un nuovo rapporto tra cittadini e istituzioni, è lì che lo stesso Silvio Berlusconi trovò i consensi e l'entusiasmo per lanciare il suo progetto di "miracolo italiano".

Sì, è nelle città, nella società civile, tra i movimenti studenteschi, nel mondo del volontariato, nella cultura vera, nella stessa rete telematica e nel suo universo di relazioni, che si muove la politica che verrà. «Nelle città - concludeva Nencini - ancora oggi maturano le radici del cambiamento». Il messaggio è chiaro e deve rivolgersi non solo alla sinistra riformista, ai cattolici democratici, ai liberaldemocratici, agli ambientalisti e ai riformatori in senso lato, ma anche - se non soprattutto - al nuovo soggetto che è Futuro e libertà.

Di fronte a una fase autoreferenziale della politica, ossessionata dalla conta parlamentare, dai sondaggi e dalle strategie di Palazzo, è il momento di una proposta politica che si rivolga direttamente al paese oltre i tatticismi e le logiche di convenienza. Oltre la destra, la sinistra e il centro, oltre le scelte di campo date per scontate e obbligatorie. Sì, «l'aria delle città rende liberi», per ripetere il detto medievale. Di contro, la politica ufficiale resta descritta da una vecchia immagine di Pier Paolo Pasolini: «Dalle bocche di quei vecchi uomini, ossessivamente uguali a se stessi, non usciva una sola parola che avesse qualche relazione con ciò che noi viviamo e conosciamo. Sembravano dei ricoverati che da trent'anni abitassero un universo concentrazionario...».

giovedì 16 dicembre 2010

Bindi a Ballarò: "Vergognoso il suo livore contro i socialisti e Craxi" dice Ciucchi


Il fantasma di Bettino Craxi è tornato ad aleggiare nella vicenda politica italiana. Protagoniste “due dame” del PD, Angela Finocchiaro e Rosy Bindi, che in maniera vergognosa si sono scagliate contro Craxi e i socialisti accusandoli di essere la causa del berlusconismo e del debito pubblico italiano.
La faccia livida della Bindi a Ballarò è stata la plastica rappresentazione di chi pretende di giustificare, attaccando in modo squallido i socialisti, una rovinosa sconfitta parlamentare e politica, il sostegno assicurato a quel fascista che risponde al nome di Fini, l’aver costruito un centrosinistra che non riuscirebbe a vincere quand’anche Berlusconi lasciasse la scena.
Ma cosa vogliono queste “fattucchiere della politica” dai socialisti?
Nei quattro anni dei Governi Craxi, il debito pubblico passò dal 74.40% all’84,50% e siamo nel 1987. Nel 1992 schizzò al 105,20%; nel 1993 al 115,60%; nel 1994 al 121,50%. Nella Seconda Repubblica il debito è sceso fino al 104% nel 2006 per tornare a salire al 120% nel 2010.
È l’ora di finirla con queste strumentalizzazioni e queste falsità che sono poi le stesse che Berlusconi va rappresentando da anni parlando della Prima Repubblica.
Se il PSI fosse davvero la causa del declino che caratterizza il centrosinistra, basta farglielo sapere! Farebbero meglio a chiedersi piuttosto se la causa di tanta rovina sia invece la cifra di antisocialismo e il deficit di riformismo socialista che esprime il suo centrosinistra e la sua dirigenza sciagurata?
Pensavamo che ogni pena avesse la sua fine, evidentemente per i socialisti non è così.
Se così non è, può diventare allora imprescindibile che anche quanti in questi anni hanno scelto, come noi, di privilegiare l’alleanza a sinistra incomincino ad interrogarsi sul senso del proprio impegno politico in questo campo.

Pieraldo Ciucchi
(Segretario PSI della Toscana)

mercoledì 15 dicembre 2010

NENCINI: DOPO LA FIDUCIA AL GOVERNO SI CREI SUBITO UN NUOVO CENTROSINISTRA

martedì 14 dicembre 2010  
                                                                                                                  (http://www.partitosocialista.it/)

Berlusconi è campione d'inverno, ma è un titolo virtuale: il suo ciclo è ormai finito. I numeri di oggi dicono che l'Italia è destinata a vivere un'altra stagione di instabilità e che il pallino della maggioranza è sempre più nelle mani di Bossi. - Così Riccardo Nencini, segretario del PSI, commentando il voto parlamentare.

E' finito – conclude – il tempo dei tatticismi. Si proponga subito un'alleanza di governo al partito di Casini e su questo asse si crei il nuovo centrosinistra.

Per Bobo Craxi - si è trattato di no spettacolo penoso, una fiducia 'capriccio' che apre la stagione dell'instabilità e dell'incertezza'.

''Il centro-sinistra – sottolinea Craxi - ha di fronte a sé la possibilità di rovesciare la situazione, ma nelle urne, non dal 'palazzo'.


venerdì 10 dicembre 2010

LE AMMINISTRAZIONI LOCALI FATTORE ESSENZIALE PER LO SVILUPPO DELLA DEMOCRAZIA

Gerardo Labellarte

Rimini - sabato 4 dicembre 2010

"Intendo innanzi tutto ringraziare tutti i presenti ed in particolare i nostri ospiti.

Ringrazio il Partito di Rimini e dell’Emilia Romagna che ha contribuito ad organizzare questa manifestazione. Con i compagni emiliani e romagnoli abbiamo avuto modo di lavorare fianco a fianco in questi mesi e di superare alcuni contrasti interni. Ora mi auguro che sotto la guida di Franco Benaglia e della nostra giovane e combattiva consigliera regionale Rita Moriconi, di Rita Cinti Luciani e di Mauro del Bue membri della segreteria nazionale e di un importante e rinnovato gruppo di segretari provinciali, tra i quali il giovanissimo segretario riminese Bragagni, di amministratrici e di amministratori, molti dei quali sono qui oggi, si possa operare un rilancio concreto della presenza socialista in queste terre.

Ce ne sono tutte le condizioni!

Queste sono terre che da sempre hanno visto una presenza concreta e fattiva dei socialisti e dei riformisti. Le terre di Andrea Costa, di Prampolini e di tanti altri. Quel Prampolini che rappresentò la figura tipica del dirigente nazionale la cui vicenda pubblica si identificava in pieno nella vita di un territorio e di una comunità. La sua Reggio Emilia. Quel Prampolini che ebbe a definire i socialisti come gli ”assetati di giustizia, quelli che, in nome dell’uguaglianza umana levano alta la bandiera dei poveri, dei diseredati, dei piccoli, degli umili, degli oppressi, dei calpestati.

Dobbiamo essere all’altezza di quella tradizione, e vorrei raccomandare soprattutto ai nostri giovani di rileggere questa e tante altre storie di socialisti come questa. Ci rottamino pure, anzi è giusto che lo facciano, ma in nome di quei valori e di quelle passioni.

Voglio ringraziare con grande affetto i Sindaci e gli amministratori che sono venuti qui da ogni parte d’Italia. Mi occupo da molti anni di autonomie locali e so quanto sia importante il contributo di concretezza, di sensibilità e di conoscenza dei problemi che essi forniscono alla vita del nostro Partito. Chi si trova in ragione del suo incarico pubblico a contatto quotidiano con le urgenze vere, spesso drammatiche, dei cittadini si rende conto meglio degli altri di quanto la politica politicante si allontani sempre di più da quelle urgenze.

Sono presenti tra noi molti Sindaci e amministratori del Sud, nel quale abbiamo sempre mantenuto una presenza importante. Per loro la vita è molto difficile, come ha dimostrato l’efferato omicidio del sindaco Angelo Vassallo. Che non sarà ricordato mai abbastanza in questo paese in cui escort e veline diventano facilmente personaggi mediatici fino ad essere proposti come modelli di vita.

E un vero e proprio eroe civile viene presto dimenticato.

Il ministro Maroni si gloria degli arresti e noi siamo contenti del fatto che pericolosi latitanti vengano assicurati alla giustizia. Maroni se la prende se si sottolinea che la pressione delle mafie riguarda anche gli amministratori leghisti. Ma Maroni farebbe bene anche a chiedersi come mai la presa sui territori delle organizzazioni criminali non sia minimamente attenuata dall’arresto di ventinove grandi latitanti su trenta.

E forse per rispondersi dovrebbe ricordarsi che il partito suo alleato è guidato in Campania da quel Nicola Cosentino che l’inchiesta chiusa in questi giorni accusa “di aver garantito il permanere dei rapporti tra imprenditoria mafiosa, pubbliche amministrazioni ed enti a partecipazione pubblica e contribuito al riciclaggio e al reimpiego delle provviste finanziarie provenienti dal clan dei Casalesi”

Gli amministratori del Sud sono stretti nella morsa tra i poteri criminali, condizionanti e aggressivi ed un Stato che li fa passare per spreconi e gli taglia le risorse. Eppure sono tanti quelli che come Vassallo, come tanti socialisti, combattono nel silenzio. a proprio rischio, a difesa del proprio territorio e della propria comunità.

I nostri amministratori locali sono un valore.

E’ per questo che abbiamo sempre difeso e intendiamo rafforzare la nostra presenza nelle assemblee elettive. Recentemente, nel corso del congresso del Partito radicale, Emma Bonino, ricordando la fine dell’esperienza della Rosa nel Pugno, ne addossava le responsabilità a noi socialisti. Non dico che non ne abbiamo avute, ma proprio perché il tema dei rapporti tra socialisti e radicali ha sempre una sua attualità, e ne parleremo domani, voglio ricordare l’atteggiamento che in quel periodo di collaborazione caratterizzava i compagni radicali nei confronti dei nostri amministratori locali.

“Voi volete difendere i vostri consiglieri e i vostri assessori” dicevano con un certo sussiego.

Certo che vogliamo difenderli!

Oggi come ieri. Lo ha ricordato qualche tempo fa Ugo Intini ad una nostra manifestazione rievocando una richiesta di Lenin ad una delegazione socialista ricevuta a Mosca. La delegazione rispose di no ad una richiesta di Lenin di ritirare i nostri Sindaci dai comuni in nome della rivoluzione.

I socialisti risposero di no perché noi riteniamo, oggi come allora. che amministrare le comunità locali non sia un aspetto meno nobile dell’attività politica ma che anzi ne costituisca un momento fondamentale.



Il finto federalismo

Avremmo potuto titolare questa nostra conferenza: “Un sistema arrivato al corto circuito”. Ci troviamo infatti in un momento estremamente delicato per la vita delle nostre autonomie locali: l’intero sistema è in una difficoltà gravissima. Il tema per noi socialisti è di particolare importanza in quanto siamo stati da sempre fautori di una crescita equilibrata della capacità di autogoverno delle comunità locali come fattore essenziale dello sviluppo della democrazia.

E siamo stati protagonisti delle stagioni innovative di questa crescita, a partire dalla stessa attuazione del dettato costituzionale relativo alla istituzione delle Regioni, avvenuta oltre vent’anni dopo l’approvazione della Carta.

Il 1 novembre 1967, l’Avanti! annunciava una grande vittoria socialista, il voto della Camera per la istituzione delle Regioni.

Era una conquista del centro sinistra (quello vero) voluta dai socialisti, il risultato di una battaglia durata mezzo secolo.

Sempre infatti i socialisti erano stati protagonisti della lotta per il decentramento dello Stato. Nel 1919, Filippo Turati, in un famoso discorso alla Camera, diceva: ” La Regione non è separatismo, come fu ritenuto per tanti anni, ma forza vera e viva della vita nazionale”.

Fu una battaglia lunga quella dei socialisti per le Regioni. Progetti di legge furono presentati a ogni legislatura (in attuazione della Costituzione, che prevedeva le Regioni ma veniva disattesa). Una battaglia di principio della quale i socialisti dovettero prendere la guida. I comunisti avevano infatti una mentalità centralista, i democristiani erano divisi e in gran parte le osteggiavano. la destra era furiosamente ostile.

Così come la Confindustria. Il giornale degli industriali, ”24 Ore”, temeva che il possibile arrivo dei socialisti al governo portasse con sé le Regioni. E scriveva nel 1960: ”L’opinione pubblica è allarmata. E’ facile immaginare come l’intera vita politica sarebbe dilacerata e sviata una volta che potesse trovare attuazione in tutto il Paese il sistema regionale”.

Prima di quel lontano 1967, mai si era vista una battaglia simile in Parlamento. La Camera creò infatti le regioni dopo quattordici giorni di furioso ostruzionismo della destra.

Occorre sempre conoscere la storia e rileggere alla luce di essa le vicende di oggi. Noi non intendiamo certo lasciare ad altri la bandiera della crescita dell’autogoverno locale, dell’autonomia in una visione unitaria e solidale dello stato, della sussidiarietà.

E’ questo il vero federalismo, non quello fasullo di questo Governo

Sono da sempre valori dei socialisti e della sinistra riformista.

La destra è sempre stata estranea a questi valori e a questi principi. E la Lega li ha assunti strumentalmente. Come ripiego rispetto alla idea originaria della secessione. E sostanzialmente come mezzo diverso per arrivare allo stesso fine sventolato propagandisticamente per anni; un regolamento di conti tra le aree più sviluppate e quelle meno sviluppate del paese.

Non c’è da stupirsi che la immane montagna di chiacchiere federaliste prodotte in questi anni abbia in realtà prodotto l’esatto contrario, e cioè l’aumento del potere di controllo severo e occhiuto dello stato centrale e la devastazione della possibilità da parte degli enti locali di fornire servizi a cittadini, famiglie. imprese.

Un esempio tipico di questo modo di procedere truffaldino è stato il cosiddetto federalismo demaniale. La solita propaganda ha strillato “ci siamo ripresi i nostri mari, fiumi e laghi” A parte il fatto che mari, fiumi e laghi possono senza dubbio costituire una risorsa, ma richiedono anche grande attenzione come ha dimostrato di recente il fiume Bacchiglione in Veneto.

Ma soprattutto è giusto sottolineare che, aldilà dei proclami, lo Stato centrale ha devoluto alle regioni il 3% del proprio patrimonio. E di certo non il più pregiato.

Il decreto attuativo della legge sul federalismo riguardante il fisco municipale (quello della cedolare secca sugli affitti) rende già chiaro, secondo tutti gli analisti, che l’aumento di dotazione finanziaria da essi derivante non compenserà in alcun modo i tagli ai trasferimenti erariali previsti per il 2011.

In parole povere: ulteriore taglio dei servizi

Quanto al nocciolo duro della riforma, e cioè il decreto attuativo del federalismo fiscale, l’ennesima stesura del testo, approvata nei giorni scorsi dal consiglio dei Ministri lascia di stucco anche chi da questo governo si aspetta ormai di tutto.

Intanto si persiste nel metodo di non concordare nulla con le rappresentanze degli enti interessati. Si emettono editti, secondo lo stile Tremonti. E si prevedono severe punizioni per gli amministratori trattati alla stregua di alunni soggetti alla possibilità che la Corte dei Conti ne decreti nientemeno che il “fallimento politico” come recita letteralmente l’articolo 6 del testo approvato.

Nel contempo si persiste a voler valorizzare il ruolo di comuni province e regioni come coadiutori nella lotta all’evasione dei tributi statali. E’ una posizione veramente paradossale: lo Stato dispone di quasi cinquantamila dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, di sessantamila finanzieri in divisa e pretende che siano gli amministratori a fare gli ispettori del fisco.

In sintesi condividiamo il giudizio espresso da Errani a nome delle regioni; si tratta di un atto unilaterale contrario al federalismo”.

Del resto sia chiaro un fatto: lo stato centrale non ha le carte in regola per tenere questo atteggiamento da maestrino severo con gli enti locali. Potremmo citare montagne di numeri per confermare questa tesi che è sotto gli occhi di tutti: e’ l’amministrazione centrale dello stato che spende troppo e male e non fa nulla per razionalizzare questa spesa.

E questa mentalità centralista non si manifesta soltanto sul terreno della gestione delle risorse. Tipico da questo punto di vista è l’eccesso di zelo con il quale i ministri, potremmo dire di Sua Santità, Maroni, Sacconi e Fazio si sono affannati a bacchettare i comuni che hanno ritenuto di istituire registri relativi al testamento biologico.

E bene ha fatto l’Associazione Comuni d’Italia a contestare tale interpretazione ritenendo pienamente legittima la raccolta di luogo e soggetto presso il quale si è ritenuto di depositare la propria dichiarazione di volontà.





Lo stato che stritola

Tutto questo crea ovviamente uno stato di sofferenza.

Il carattere distintivo di questa estrema difficoltà è chiarissimo: le amministrazioni locali, tutte, senza distinzioni tra Regioni, Province e Comuni, rischiano di essere stritolate, anzi per dir meglio, vengono quotidianamente stritolate, nella morsa tra una demagogia decentratrice totalmente priva di effetti pratici, ma che genera aspettative nelle popolazioni amministrate e la realtà di una cultura centralista concretamente operante che al contrario riduce drasticamente le risorse e le capacità decisionali e di intervento locale.

Tutti gli indicatori confermano questa tendenza. Se esaminiamo le risorse stanziate sui principali fondi di carattere sociale vedremo che il Fondo per le politiche sociali si è ridotto da 1.582 miliardi a 1.174, quello per la famiglia da 276 a 185, quello per la prima infanzia da 206 a 0, quello per l’inclusione sociale degli immigrati da 100 a 0.

E così via. E di questi dati, sempre con lo stesso segno, ne potremmo snocciolare molti altri.

A ciò si aggiunge la crescente tendenza a scaricare sugli enti le gravi inadempienze che vanno ascritte prevalentemente al Governo nazionale, come avvenuto di recente sulle vicende di Napoli e dell’Aquila.

Insomma il Governo si comporta con le autonomie come un quartier generale che dopo aver lasciato le truppe al fronte senza armi e munizioni, scarica su di esse la responsabilità per la battaglia persa.

Questa situazione induce tra l’altro a drammatizzare ulteriormente la polemica sui “costi della politica“ fino a far considerare ogni istituto democratico, anche locale, in termini di semplice costo, e non di risorsa per la collettività.

Ci siamo sempre opposti a questa demagogia. Gli sprechi ci sono indubbiamente e vanno combattuti, così come andrebbero premiati i comportamenti virtuosi. E questo non avviene.

Si fa di ogni erba un fascio e poi non si fa nulla per razionalizzare. E’ tipico di questa demagogia il tormentone delle province. Si agita il tema dell’abolizione a fini elettorali e poi, passata la festa e gabbato il cittadino, non si fa nulla di nulla. Noi sosteniamo che il sistema province vada razionalizzato così come quello dei comuni e ancor più quello degli enti sovra comunali. E’ assurdo che la Sardegna abbia istituito una provincia di cinquantottomila abitanti con ben due capoluoghi, Lanusei e Tortolì. Ma non è meno sbagliato che continuino ad esistere centinaia di comuni con meno di cinquecento abitanti.



Verso le elezioni amministrative

Nella prossima primavera saranno chiamate al voto 11 province e oltre 1000 comuni, 27 capoluoghi tra i quali Milano, Torino, Bologna, Napoli. Una scadenza importantissima. I primi passi preparatori non sono stati entusiasmanti per il centro sinistra.

Dopo il risultato poco gradito di Milano e alle prese con litigi, rinvii e procedure ingarbugliate in molte altre città, i dirigenti del Partito Democratico cominciano ad avere qualche dubbio sulle virtù salvifiche dello strumento “primarie”.

Riserve che, per la verità, noi socialisti abbiamo espresso da sempre. Non tanto sullo strumento in sé, che in altri contesti ha indubbia validità, quanto sul modo furbesco e surrettizio con il quale è stato innestato nel nostro sistema.

In realtà questo innesto è figlio, come altre creature analoghe, di una cultura “antipolitica” che ha imperato nel nostro paese e che continua a dare cattivi frutti.

Quando oggi si contesta la legge elettorale che crea un Parlamento di “nominati”, si dovrebbero ricordare i “listini” di nominati previsti dalla legge elettorale regionale o gli assessori “nominati “ dai Sindaci e non eletti dai Consigli, in quella comunale e provinciale: due scelte legislative che nascevano da un pregiudizio di inferiorità degli eletti dal popolo rispetto a persone provenienti da una non meglio precisata società civile.

Dallo stesso pregiudizio nasceva la spinta ad affidare alla “base” la scelta dei candidati alle cariche elettive, senza alcuna garanzia e procedura certa, considerando i partiti privi della legittimazione democratica a compierle. Il Partito Democratico, e prima ancora i DS e la Margherita, hanno per anni assecondato questa tendenza usando poi lo strumento a totale discrezione e secondo convenienza per consolidare la propria egemonia sulla coalizione di centro sinistra.

Ma ora la creatura si ribella, acquisisce vita autonoma ed ecco che ci si pone il problema di come neutralizzarla. La nostra opinione in merito è molto semplice e si può riassumere così: riguardo al presente riteniamo che non è mai opportuno cambiare le regole del gioco durante la partita, pertanto le primarie in programma vanno celebrate. Se possibile con regole omogenee e coinvolgendo tutta la coalizione e non “a la carte” , come purtroppo sta avvenendo ancora una volta, e cioè secondo le convenienze locali di questa o quella forza, o peggio di questa o quella corrente.

Per il futuro lo strumento, così com’è e salvo che non sia normato nell’ambito di nuove leggi elettorali, va superato. Del resto nelle elezioni comunali e provinciali esso è inutile, in quanto in caso di disaccordi il primo turno può tranquillamente svolgere il ruolo (altrimenti non se ne capirebbe la funzione) di selezionare le varie candidature a Sindaco e a Presidente.

Per quanto ci riguarda affronteremo le elezioni ……"

martedì 7 dicembre 2010

MORTI E FERITI NEL CENTROSINISTRAPREVISIONI PER IL 15 DICEMBRE: TUONA MA NON PIOVE.

Di Bobo Craxi




Il 15 Dicembre potremmo affermare “tanto tuonò che non piovve”

La scommessa di un vasto arco di forze politiche fondata sulla teoria del declinismo della fase Berlusconiana rischia di infrangersi sul muro di una maggioranza numerica ottenuta comunque in uno dei due rami del parlamento e di una impossibilità di formare nuovi Governi parlamentari che non poggino sul consenso dei Partiti usciti ripetutamente nel corso di questi tre anni vittoriosi dalle urne.

Che il quadro di Maggioranza sia in crisi è chiaro ed è evidente , meno chiare ed evidenti le ragioni politiche che hanno condotto prima Berlusconi ad espellere i dissenzienti dal Partito e questi ultimi passare nel giro di trenta giorni dalla posizione di sostegno al Governo ad una vistosa affermazione di sfiducia dell’esecutivo. Misteri della Seconda repubblica.

Un mistero della Seconda repubblica , ma neanche tanto, é come mai l’opposizione di Sinistra di fronte all’evidente affanno della Maggioranza anziché invocare la possibilità/necessità delle larghe intese , incuneandosi nello scontro fra Centro e destra dello schieramento avverso abbia preferito gettare una sponda alla destra futurista che , nonostante tutte le riverniciature e giravolte ideologico-politche resta pur sempre una pattuglia erede del fu Partito missino con a capo il delfino di Giorgio Almirante.

Il grido di “abbattere il tiranno!” è giustificabile quando si ha la certezza che alla caduta del tiranno si possa riorganizzare il sistema in modo bene ordinato, ma stando alle prime prove generali, il caso Sicilia insegna , l’emarginazione del pdl non produce altro che ammucchiate di potere senza indirizzo politico alcuno.

Questa evenienza l’ha colta bene Marco Pannella che non a caso si è smarcato dall’opposizione rifiutando l’omologazione con una ipotesi politica di alternativa al Pdl che escludeva , nei fatti, la componente laica radicale e riformista.

Se, come potrebbe accadere, la disponibilità ad evitare “ribaltoni” dimostrata dal FLI si coniugasse con l’esigenza manifestata da più parti di evitare le elezioni e dare vita ad una nuova fase ristrutturata del Centro-destra assisteremmo nella migliore delle ipotesi in una chiusura del conflitto a somma zero dove ciascuno denuncerà la propria vittoria e l’altrui sconfitta nel centro-destra e la vittoria comune per avere evitato al paese la beffa di una crisi politica al buio che sarebbe sfociata in elezioni generali che avrebbero scatenato gli appetiti speculativi molto presenti nell’attuale situazione europea ed internazionale.

Questo è l’esito prevedibile.

Morti e feriti nell’opposizione? Si morti e feriti perché c’è chi ha puntato tutte le fiches esclusivamente sull’implosione altrui senza aver immaginato una alternativa reale e non campata in aria, fondata sull’assimilazione delle opposizioni di destra e non su un programma di rilancio compatibile con le esigenze di crisi del paese.

Perché l’impreparazione al voto e le divisioni all’interno del campo dei progressisti sul piano politico e sul terreno delle leadership muovono la convinzione che vi è una simmetria fra il declino del cosiddetto berlusconismo e la teoria malsana del bipartitismo a lungo coltivata anche nella sinistra nostrana.

C’è di che riflettere, c’è di che dire e di che proporre per una sinistra politica realmente riformista ed al passo con le esigenze dei tempi.


(da "Socialist- il socialista clandestino" http://socialist.clandestinoweb.com)

lunedì 6 dicembre 2010

Congresso Nazionale degli Amministratori Socialisti - Intervento di Monica Ricci

 Rimini, 04/12/2010


“ Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. [...] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero. [...]”
(Sandro Pertini. Intervista. CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini. URL consultato il 2-8-2008.[102])

Credo sia bene, ogni tanto, partire dal generale per poi poter affrontare il particolare. Credo poi fermamente che ripensare a certe radici, alle proprie radici, in questa situazione economica e politica, serva a dare un senso non solo alla nostra storia, ma anche alla nostra azione presente e futura. Non serve riassumere il momento di particolari tensioni che sta vivendo il nostro Paese: sono di questi giorni le manifestazioni di piazza degli studenti che rivendicano il loro diritto ad una istruzione scritta con la I maiuscola attribuitale dalla qualità dell’insegnamento e dai mezzi necessari a praticarlo.
Non c’è priorità nella realizzazione dei dettati della Costituzione, che debbono essere attuati in armonico sviluppo in rapporto ai mezzi disponibili. Ma se priorità ci fosse, metterei l’accento sulla casa ai lavoratori, sulla sanità pubblica e sulla scuola. La scuola, in breve volgere di anni deve venire democratizzata in modo da garantire la selezione di tutti i giovani e l’avviamento agli studi superiori con l’unico criterio della capacità (la meritocrazia!!!) e delle attitudini. Si creerà così la futura classe dirigente del paese in tutto degna dei compiti immani di una democrazia moderna. La libertà e la democrazia non vivono soltanto del giusto equilibrio tra i fattori economici, sociali e politici ma esse ricevono luce dalla cultura, dalle arti, dalla scienza”.
(Giuseppe Saragat. Discorso di insediamento al Quirinale, 29/12/1964)

(Si ricorderà che Saragat fu Presidente della Costituente alla quale venne eletto come deputato anche Pertini).

Non bisogna dimenticarlo.
Perché la conoscenza, “il sapere”, permette la concreta realizzazione della libertà attraverso l’instaurazione e l’evoluzione della giustizia sociale, abbattendo pregiudizi e stereotipi e contrastando la disinformazione, o l’informazione distorta e variamente manipolata, con la capacità critica: la capacità di capire ciò che viene e ci viene detto, analizzarlo e, a volte anche controbattere.
Attenti bene: non sto parlando di polemiche.
Le polemiche sterili non pagano. Ce lo dimostra ogni giorno la nostra scena politica: il “tutti contro mister Berlusconi” serve solo a rendere lui un gigante (anche se ultimamente ha i piedi d’argilla, è sulla scena politica da quasi un ventennio con evidenti risultati..) e a mettere, chi a lui si contrappone demonizzandolo, in una posizione sempre più rischiosa.
Utilizzo appositamente questo termine perché da troppo tempo ci si sta concentrando su quello che non va di questo Paese, cercando di far cadere i colpevoli, con il rischio, sempre più tangibile di perdere di vista la realtà di questa nostra Italia che, accanto ai problemi, ha enormi potenzialità anche sociali (i 1000 campanili, sono a guardar bene,la base di una coesione sociale che, nonostante tutto sta resistendo seppur ridotta allo stremo).

C’è una sorta di ottusità e di arroganza in questa minoranza parlamentare, in questo PD in particolare, che pretende di fare opposizione semplicemente pensando che lo spauracchio del “Grande Nemico” sia un argomento sufficiente per raccogliere il consenso popolare. Dove poi quello stesso partito si trova nelle vesti di partito di Governo (come in questa Regione), si arriva a pensare che, “siccome è sempre stato così e il popolo è bue”, il consenso popolare continuerà ad esistere.

Mi dispiace ma non sono d’accordo. Questo modello di comportamento porta solo alla diffusione della mediocrità e al proliferare di “personaggi pericolosamente in cerca d’autore” laddove si scambia la disponibilità per capacità.

Servono le idee. E gli ideali. E la capacità critica che spesso si accompagna all’istruzione ricevuta ed alle conoscenze apprese.

Dal generale scendo al particolare:
Una situazione mai vista a Santarcangelo, con alleati che ragionano con la loro testa e non sottostanno alle direttive del Sindaco" (...).

Così intitolava La Voce di Romagna, quotidiano locale, il 30/11 riferendosi al voto in consiglio comunale sulle ASP (Aziende di Servizi alla Persona). Il nostro Partito, rappresentato da un consigliere in Consiglio, ha tenuto ferma la posizione di salvaguardare i servizi socio assistenziali esistenti sule territorio e la loro dimensione perfettamente coincidente con i bisogni della comunità locale e nel rispetto della legge regionale, invece di seguire il “diktat” che voleva e pretendeva l’unificazione, ad ogni costo, con le strutture esistenti a Rimini (per creare un organismo più grande – la giustificazione - che possa portare economie di scala ed una gestione con un ambito di programmazione più ampio.. e ad una presidenza “lauta” di CdA potremmo aggiungere noi..). In consiglio non è stata fornita nessuna giustificazione tecnicamente valida al “diktat” di cui sopra, anzi il segretario del PD, e consigliere, è intervenuto incolpando il Governo centrale di minori trasferimenti al settore socio-assistenziale e anche al sanitario..
Quanta impreparazione…Per non parlare di una capacità critica vicina allo 0 e di una totale assenza di argomenti se non l’essere contro!!
Figuratevi che è arrivato perfino a dire “che il voto delle elezioni politiche del 2008 e la conseguente sparizione di alcuni partiti dalla scena politica sono perfettamente in linea con la posizione di alcuni partiti in questo consiglio; l’essere contro per cercare visibilità ha prodotto evidenti risultati a livello nazionale”.
Per la cronaca 11 voti favorevoli all’autonomia e 9 astenuti (PD)

E qui ritorno alla prima parte del mio intervento: le parole di Pertini e di Saragat che riportano a noi gli ideali del Socialismo italiano. Giustizia sociale, libertà, case, scuole e ospedali.
Da questi ideali devono discendere le nostre idee, le nostre proposte concrete, reali e realizzabili.
Ognuno di noi si trova ad amministrare realtà locali di varie dimensioni e con diverse problematiche.
Ognuno è un punto di riferimento per la propria realtà territoriale.
Perché è stretto il legame degli amministratori socialisti con il loro territorio. Perché i nostri concittadini ce lo riconoscono.
Serve ora una buona comunicazione, magari migliore di quella che c’è stata finora (a dire il vero pressoché assente) tra regione e amministratori locali, ma anche tra i vari amministratori per costruire una “rete sociale socialista”.
Così dal particolare si ritorna al generale, al nazionale.
Servono più ideali socialisti in Italia, in questa Italia. Servono più idee. Noi le abbiamo.

“Socialista è chi vive del proprio lavoro e ragiona con la propria testa”.

Monica Ricci


(questo l'intervento preparato.. purtroppo, per mancanza di tempo è stato messo agli atti ma non "socializzato")

giovedì 2 dicembre 2010

 


Riccardo Nencini - L'Italia del buongoverno

Torniamo a Rimini ventotto anni dopo la Conferenza programmatica che in molti hanno indicato, negli anni a venire, come uno dei punti più alti dell’elaborazione politica del riformismo italiano. Torniamo nella Rimini dei ‘meriti e bisogni’ e vi portiamo le eccellenze dei nostri amministratori.