venerdì 29 ottobre 2010

Quotidiano Net - Famiglia Cristiana: "Il premier è malato e fuori controllo

Quotidiano Net - Famiglia Cristiana: "Il premier è malato e fuori controllo

Grazie a tutti gli imbecilli che hanno votato questo governo.


pubblicata da Rita Pani il giorno venerdì 29 ottobre 2010 alle ore 15.20
Grazie a tutti gli imbecilli che hanno votato questo governo. (leghisti compresi)

Questo è il governo che fece ricoprire una tetta su un quadro del Tiepolo. Non ce lo dimentichiamo. Quella rosea rotondità metteva in imbarazzo i ministri seduti al tavolo della sala stampa. E le ministre! La carfagna o la gelmini, arrossivano sapendo quel piccolo seno alle loro spalle. “La verità svelata dal tempo” s’intitola l’opera che appare dietro il tizio debosciato, quando seduto su un paio di cuscini racconta balle agli italioti. Che paese paradossale.

È il governo della libertà, anzi, delle libertà. Loro abbondano sempre. Per esempio ora se ti apparti in auto per scambiare qualche effusione da innamorato brufoloso rischi fino a tre anni di carcere. Questa notizia è stata presa molto male un po’ da tutti, ma poi il governo, nella sala stampa della tetta ricoperta, ha spiegato che era un atto necessario a contrastare l’orripilante fenomeno della prostituzione. (30 euro in macchina, 5.000 ad Arcore.)

Grazie a tutti gli imbecilli che hanno votato questo governo.

L’Italia è pronta ad avere un premier gay? È una bella domanda. Più prende piede l’ipotesi di Niki Vendola presidente, più a giovanardi viene l’orticaria. In Italia c’è ancora tanta gente che non comprende l’amore tra persone dello stesso genere, al punto che a volte gli omosessuali vengono massacrati da nazisti puritani, solo perché trovati a scambiarsi effusioni. No, davvero non so se l’Italia sia pronta ad un premier gay, ma in compenso vedo che sopporta bene un premier pedofilo.

Il governo delle libertà, è molto proibizionista. Niente sesso, niente libertà sessuale, niente droga. La droga uccide. Da quando si rischia la galera se trovato a farti una canna, anche quando si va al tabacchino a comprare le cartine ci si guarda le spalle per essere certi che giovanardi non ti stia spiando. Comprare le Rizla grandi è un gesto adrenalinico. Fumare erba è immorale. Lo pensano anche ad Arcore, e forse per questo preferiscono far pippare coca alle prostitute minorenni.

Grazie a tutti gli imbecilli che hanno votato questo governo. (leghisti compresi)

L’immigrazione è una piaga. Girano gli autobus prigione nelle città, e la badante uscita da casa senza documenti non tornerà mai dalla vecchina che assiste. I clandestini dopo essere stati messi per un tempo congruo in un lager saranno rispediti nei loro paesi di origine, e chi se ne frega se c’è la fame o la guerra? L’Italia padana non riconosce più lo status di rifugiato, non concede più asilo politico: inutile far domanda, persino se rechi ancora sulla pelle le cicatrici dell’oppressione. Salvo il caso che tu sia minorenne, avviabile alla prostituzione, e che ti capiti in sorte il tizio assistente sociale, il quale non solo ti farà uscire dalla Questura, ma ti regalerà un Audi e almeno una comparsata in Tv. Questione di culo.

È bello davvero che ci siano stati tanti italioti che col loro voto ci hanno assicurato tanta morigeratezza, tanto amor patrio da farci un paio di guerre, tanta moralità da farci vergognare se guardiamo con cupidigia un sedere che non ci appartiene. È bello sapere che noi donne siamo tutelate da un ministro come la carfagna, che la scuola è in mano alla gelmini, che l’igienista maitresse del debosciato stia insieme al figlio scemo di bossi nel consiglio regionale della Lombardia, magari anche lei (non lo so) ad occuparsi di pari opportunità.

Se non son affari di mafia, sono affari di sesso, e se non è sesso è soltanto deboscia. Intanto tutto intorno il paese muore.

Rita Pani (APOLIDE)

PSC: battute finali?

domenica 24 ottobre 2010

“L’Italia di Berlusconi sembra quella degli ultimi giorni di Salò”

Intervento sul Guardian: quella di Silvio è ormai una “farsa italiana”.

Il quotidiano della sinistra inglese sceglie le parole di Karl Marx per descrivere la situazione del nostro paese: “La storia si ripete due volte: la prima volta è una tragedia, la seconda è una farsa”. La prima

WP20080406 LItalia di Berlusconi sembra quella degli ultimi giorni di Salò


volta, secondo Roberto Mancini, corrispondente dalla Val d’Aosta per Liberazione e per, appunto, il quotidiano di Manchester, è quella della Repubblica di Salò; la seconda volta è quella di Silvio Berlusconi, a cui tocca, appunto, il ruolo di giullare della storia.
PARALLELI STORICI – “Mussolini, durante gli ultimi giorni di Salò, venne gradualmente abbandonato al suo fato e alle sue delusioni, circondato da ministri di partito e ufficiali troppo compromessi col regime fascista per mantenere una qualsiasi prospettiva più ampia. Anche se il partito si stava disintegrando, il dittatore manteneva una relazione diretta e carismatica con le masse, e riuscì addirittura ad esaltare il pubblico del teatro Lirico di Milano, proclamando di immaginari contrattacchi”, scrive l’editorialista, per il quale questa situazione ricalcherebbe a pennello le cronache dei nostri giorni, “con l’isolamento del leader e la sua perdita di credibilità negli occhi di importanti fazioni della classe dirigente del paese”. Testimonianza di questa empasse sarebbe il caso Marcegaglia: il presidente di Confindustria, “colpevole di aver fatto pubbliche dichiarazioni che mettevano in dubbio la qualità delle politiche finanziarie di Berlusconi”, avrebbe subito un “assalto” dalla stampa del tycoon. Ma il commando sarebbe tornato a casa a mani vuote: “La Marcegaglia non sembra voler essere trattata come un dipendente delle compagnie televisive del presidente”.
POLITICA ECONOMICA – Secondo sintomo della malattia terminale del berlusconismo sarebbero le dichiarazioni di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, che ha puntato l’indice sull’economia italiana, “che non starebbe affatto crescendo”. Le sue affermazioni sono state subito contestate dai “due ministri economici più importanti del governo Berlusconi”, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi. “Sembra di essere in una repubblica delle banane: il governo nega i dati della propria banca nazionale. In un normale paese europeo, la controversia si sarebbe risolta con le dimissioni dei ministri, o di Draghi”. E l’ultimo ingrediente del Berlusconi morente sarebbe qualcosa di tipico in “tutti i populisti messi all’angolo: l’attacco insensato al proprio partito. La settimana scorsa ha accusato i membri di non essere abbastanza attivi, e di non fare a sufficienza per difendere e presentare i successi del suo governo”.
AMAZZONI – Scivola nel grottesco, in chiusura, Mancini: “Mi chiedo se nel futuro ci aspetta un nuovo serial Tv che mostri Berlusconi in una prospettiva maoista, pronto a mettere in piedi una ‘rivoluzione culturale’ che gli permetta di eliminare ogni timido residuo di dissenso nella Casa delle Libertà, il suo partito e negli affari. Chi lo sa? Potrebbe persino essere divertente il vivere in un carnevale permanente, con Amazzoni alte e bionde come guardie, vestite in blu chiaro, tutte scelte d’accordo agli standard estetici del leader. La scena finale di questa commedia, che è in realtà un incubo dal quale l’Italia si sveglierà per trovarsi moralmente e finanziariamente in bancarotta, sembra ancora di la da venire”.

giovedì 21 ottobre 2010

Santarcangelo dei Teatri quale futuro per il dopo Chicchi?


In questi giorni ci chiediamo, come altri sicuramente fanno, se le dimissioni dalla presidenza di Santarcangelo dei teatri dell’on. Chicchi siano dovute a pressioni politiche oppure a una scelta personale.
Molto probabilmente non lo sapremo mai se non dal diretto interessato.
Quando l’on. Chicchi fu nominato dal PD di Santarcangelo e Rimini alla presidenza, noi Socialisti fummo molto perplessi.                                                                              
Le nostre perplessità aumentarono quando scoprimmo che l’incarico sarebbe stato, cosa mai avvenuta in precedenza, retribuito laddove si pensava al massimo a un rimborso spese, soprattutto se si va assumere un ruolo di prestigio come quella del Santarcangelo dei Teatri.
Seguirono anche altri incidenti di percorso, che non giovarono all’immagine del presidente.
Ora è tempo di consuntivi e dobbiamo ricrederci sulle perplessità espresse all’inizio ed ammettere che l’on. Chicchi ha portato i bilanci in parità, cosa mai accaduta in precedenza e un risultato positivo a livello artistico e di partecipazione dopo anni di progressiva decadenza.
Adesso dobbiamo guardare avanti, individuare una persona che abbia le capacità manageriali ed artistiche per ricoprire il ruolo di Presidente di Santarcangelo dei Teatri.
Manageriali, perché occorre avere le capacità di fare quadrare i bilanci intercettando finanziamenti pubblici e privati.
Artistiche, perché solo con una introduzione e conoscenze nel mondo artistico si riuscirà a riportare a Santarcangelo quegli spettacoli teatrali e quelle manifestazioni culturali che hanno resa famosa Santarcangelo a livello internazionale.
Noi Socialisti, siamo pronti a sederci attorno ad un tavolo per discutere con tutte le forze politiche, sociali ed economiche, per individuare una rosa di potenziali candidati che abbiano le giuste credenziali richieste; il presidente prescelto dovrà avere un incarico a termine rinnovabile di anno in anno vincolato agli esiti di bilancio ed artistici e che ne risponda direttamente, a tutti i soci e soprattutto all’amministrazione comunale di Santarcangelo.

martedì 19 ottobre 2010

Le polemiche sul Nobel a Edwards confermano il vizio di fondo della legge 40

Avanti! (N.31 del 17 ottobre 2010)


Pia Locatelli - Italia, Stato laico o confessionale
mercoledì 13 ottobre 2010



Il premio Nobel per la medicina è stato assegnato a Robert Edwards per le sue ricerche che hanno reso possibile il trattamento della infertilità, una condizione che colpisce più del dieci per cento di tutte le coppie del mondo.
Mentre la comunità scientifica e tutti coloro che hanno fiducia e non paura della scienza esprimono soddisfazione per la decisione dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, altri ritengono che la scelta di Edwards sia completamente fuori luogo. Tra questi il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Ignacio Carrasco de Paula, che ha accusato il biologo di essere causa del “mercato degli ovociti”, dell’abbandono degli embrioni che “finiranno per morire» e dello «stato confusionale della procreazione assistita, con figli nati da nonne o mamme in affitto”.
Purtroppo il governo del nostro Paese la pensa come la Pontificia Accademia e mentre il Nobel del 2010 riconosce il valore scientifico ed etico della fecondazione assistita, il governo continua a difendere a spada tratta la legge 40 sulle “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, che sin dal titolo tradisce l’impostazione ideologica e clericale.
Quando si parla di fecondazione assistita subito si contrappongono due campi: da una parte c’è chi vede solo i rischi che potrebbe comportare, come ad esempio il commercio degli ovociti; dall’altra vi sono i difensori che mettono sul piatto della bilancia gli oltre quattro milioni di bambini e bambine nati, l’elusione di numerose malattie gravi geneticamente trasmissibili grazie alla diagnosi pre-impianto, la ricerca sulle cellule staminali con tutte le sue potenzialità. Mi chiedo: conta tutto questo o conta sola l’ideologia? Non si vogliono negare i rischi che, come in tutte le situazioni, si possono correre, ma è pensabile ad esempio negare la proprietà privata per prevenire il furto? Il parallelo è paradossale, ma fondato.
(Vignetta - Paolo Della Bella - Satira di destra e di sinistra)

Personalmente non cesserò mai di ripetere che la legge 40 è una legge sbagliata che va cancellata o almeno cambiata. Questa legge è due volte cattiva: perché è crudele nei confronti delle donne in quanto il suo impianto originale, prevedendo il divieto di crioconservazione degli ovuli, sottopone le donne a ripetute iperstimolazioni ovariche; perché è mal fatta, ed infatti diversi tribunali - di Firenze, di Cagliari, di Bologna, il Tar del Lazio - sono intervenuti nel merito evidenziandone le incongruenze e interpellando anche la Corte Costituzionale. E la Corte ha imposto una prima modifica, e cioè la cancellazione sia del divieto di crioconservazione sia dell’obbligo dell’impianto dei tre ovuli fecondati, invocando il principio della uguaglianza e la ragionevolezza.
Ora è sotto scacco un altro pezzo importante della legge, quello relativo al divieto di fecondazione eterologa. Il tribunale di Firenze ha chiesto infatti alla Corte Costituzionale di pronunciarsi in merito ad un ricorso avanzato da una coppia che sostiene che il divieto della fecondazione eterologa lede il principio di uguaglianza e non rispetta l’obbligo di recepire il diritto comunitario. Infatti una sentenza pronunciata dalla Corte di Strasburgo ha condannato l’Austria ad eliminare una sua legge che prevedeva, come da noi, il divieto di fecondazione eterologa. Pochi sanno che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la Corte di Strasburgo per i Diritti dell’Uomo (ma quando verrà cambiato verrà cambiato il suo nome in Corte per i Diritti Umani?) è diventata organismo europeo e quindi le sue sentenze diventano norme di diritto comunitario.
Quindi questa legge va perdendo pezzi, ma i nostri legislatori, in primis gli ex laici Sacconi e Roccella, continuano a difenderla nel suo impianto fondamentale che, come dicevo all’inizio, è ideologico già a partire dal titolo.
In un interessante saggio sulla rivista “Bioetica”, M.Grazia Sacchetti, una giurista dell’Università di Modena, mette in evidenza la non casualità della scelta del termine “procreazione” anziché quello più corretto e specifico di “fecondazione” per il titolo della legge 40. Il termine fecondazione, usato nelle altre legislazioni europee, ha un significato prettamente medico. Il termine procreazione è quello teologico contenuto nel dizionario di bioetica del cardinal Tettamanzi che, comprensibilmente dal suo punto di vista, dice che il procreare è, in definitiva, un atto religioso.
Il problema sta tutto qui: il nostro è uno Stato laico o confessionale? E’ dalla risposta a questa domanda che discendono le leggi del nostro Paese.

L’Italia ai tempi della crisi

( 4 ottobre 2010 di lettera21)
“In Italia un giovane su quattro è disoccupato”. Basterebbero queste otto parole per terminare un articolo che abbia un contenuto forte con una lapidaria denuncia sociale, purtoppo a questo va aggiunto un drammatico contorno: una politica che non riesce a dare risposte, dei sindacati obsoleti, un’apatia culturale, una scuola pubblica in avaria, un debito pubblico da Paese sottosviluppato, un’industria che non investe e senza progettualità e un’economia che annaspa.
Fra lo status di disoccupato e quello di lavoratore si inserisce quello del precario, una nuova classe sociale che sembra uno stadio forzato per tantissimi giovani indipendentemente dal campo in cui si lavora, si passa dal precario della scuola a quello dell’università, dal precario del call center al precario dei centri commerciale arrivando al precario operaio; frequentemente si parla di questi uomini e di queste donne dal futuro incerto ma spesso sfuggono alcuni particolari, e ci si sofferma alla “semplice” mancanza di un posto fisso che comunque con il tempo arriverà.
La voce del mondo giovanile resta spesso inascoltata, nelle parole dei giovani precari al fardello delle problematiche economiche e occupazionali che affliggono il nostro Paese si aggiunge un drammatico risvolto sociale: la mancanza di ogni tipo di solidarietà fra i lavoratori a qualunque categoria essi appartengono, un’angosciosa guerra tra poveri contornata da un pericoloso spirito individualista.
Intervistiamo un ventenne metalmeccanico,assunto con contratti a termine.
“Cosa significa essere precari?”
Il precariato è ormai un incubo che mi perseguita, non ho alcuna certezza sul mio futuro. Ogni volta che varco i cancelli della fabbrica, continuo a chiedermi se quello che sto imparando mi servirà, eppure devo dare il massimo e svolgere ogni operazione cercando di accorciare i tempi mostrandomi produttivo agli occhi del mio capo-reparto e quindi dell’azienda; inoltre il mio status da precario non solo non mi permette di acquistare una macchina ma addirittura non posso programmare neanche una scampagnata, se il mio telefono squilla devo farmi trovare pronto.
“Che significato ha nel 2010 cercare lavoro in fabbrica alla tua età?”
Il lavoro a tempo indeterminato in fabbrica per me rappresenta l’unica possibilità per rimanere nella mia città natale, altrimenti l’unica via percorribile è quella di andare via.
“Qual è la durata dei contratti?”
A molti vengono fatti contratti settimanali o mensili, ai più fortunati viene rinnovato ogni tre mesi, comunque dipende dall’azienda, dalle richieste di produzione; io mi ritengo fortunato perchè non ho mutui da sostenere abitando con i miei genitori ma penso ai tanti padri di famiglia che con la chiusura di alcune fabbriche medio-piccole anche dopo dieci anni di lavoro si trovano a lavorare come interinali.
“Come si riesce a trovare lavoro in fabbrica?”
Lavorare in fabbrica paradossalmente resta un privilegio, manca una scelta meritocratica, spesso non si sostengono neanche colloqui, per “entrare in fabbrica” hai bisogno di conoscenze o nel mondo politico o in quello sindacale, altrimenti devi avere un familiare che ci lavora già; i ragazzi che riescono a trovare un posto di lavoro tramite le agenzie sono dei miracolati.
Questo crea grave conflitto e sospetto fra i lavoratori, dietro l’assunzione di ciascun operaio scatta in automatico la domanda degli altri operai : “Grazie a chi sei entrato? “Da chi ti sei fatto raccomandare?” Questo genera un clima di sospetto che mette tutti contro tutti.
“Qual è il trattamento riservato in fabbrica agli interinali?”
Al nostro trattamento in fabbrica va anteposto la mancanza di qualsiasi tutela: non possiamo iscriverci al sindacato, non possiamo partecipare ad assemblee di fabbrica, non possiamo scioperare o manifestare il nostro disssenso, non possiamo permetterci assenze; il sindacato per molti ragazzi rappresenta solo un veicolo per ottenere il posto di lavoro; a questo si aggiunge la richiesta di allungare le nostre ore lavorative.
Spesso l’azienda richiede il contro-turno, in pratica se si inizia a lavorare alle 6 dopo il fine turno delle 14.00 e con otto ore di pausa, che spesso si riducono notevolmente dato che bisogna calcolare il tempo per tornare a casa e trovarsi nuovamente sul posto di lavoro, si riprende a lavorare col turno notturno delle 22.00,in pratica una giornata vissuta interamente in un reparto dello stabilimento; delle volte in quattro giorni si sostengono quattro turni diversi e in situazioni particolari addirittura è richiesto il doppio turno, 16 ore consecutive di lavoro, e poi si parla di lavoro di qualità.
Manca il rispetto minimo, noi precari abbiamo persino paura di richiedere le ferie maturate e che in ogni fine contratto vengono azzerate, poi ci sono i problemi legati al Tfr e alla sicurezza; il primo giorno di lavoro mi hanno messo a guidare il carrello che necessita di un patentino per essere guidato, io mostrai le mie perplessità al capo-reparto che mi rispose seccato che il carrello veniva portato dai più senza patentino e quindi anche io mi sarei dovuto adeguare altrimenti potevo andare a casa.
“Descrivi il tuo rapporto con gli altri operai, con i sindacati, con i capi-reparto ,?”
Sono entrato in fabbrica con il mito, seppur sbiadito, della classe operaia, adesso dopo averci lavorato posso dire che questo mito purtoppo non esiste, manca l’unità fondamentale che dovrebbe legare i vari rapporti di lavoro fra le tute blu: la solidarietà; egoismo, arrivismo e individualismo sono penetrati anche nei reparti delle fabbriche e noi interinali ci sentiamo ancora più soli, basta un battibecco per mettere in discussione la tua condotta.
A questo si aggiunge un sindacato debole e in alcuni casi auto-referenziale; con i capi-reparto e la dirigenza il rapporto è di subordinazione: devi cercare di non subire richiami per evitare il giudizio negativo alla fine del contratto altrimenti si rischia che non venga rinnovato.
Inoltre ci viene sconsigliato di parlare di politica e di prendere posizioni anche al di fuori dello stabilimento; a questo va aggiunto che manca un percorso chiaro e trasparente affinchè il precario venga assunto a tempo indeterminato, tutto dipende dall’azienda e non dalla tua bravura, dalla tua capacità o dal tuo impegno.
“Come pensi venga trattato l’argomento precari?”
La situazione dei precari spesso viene strumentalizzata ma sopratutto manca la concretezza, noi precari siamo l’anello debole della società, manca qualsiasi forma di tutela, sottostiamo perennemente al ricatto delle aziende sperando di trovare maggiore stabilità e ci sentiamo immersi in una società che non si occupa di noi o lo fa solo in maniera marginale.
Spero che il precariato nell’immediato futuro sia messo al primo posto nell’agenda politica poiché se continuerà la sfiducia aumenterà la frustrazione in tutti noi e questo provocherà gravi disagi di natura sociale.

lunedì 18 ottobre 2010

La scuola italiana: tradizionale ma buona

(Internazionale 15/10/2010)


Le scuole pubbliche italiane offrono gratis un’istruzione per cui molti genitori di altri paesi sarebbero ben disposti a pagare, scrive il corrispondente del Wall Street Journal a Roma.

http://online.wsj.com/article/SB10001424052748703794104575545371151135224.html 


Riconosciuto da tutti tranne che dalla nostra Ministra.. 




domenica 17 ottobre 2010

Per una Valmarecchia unita.


Comunicato stampa
Questo è lo slogan che può sintetizzare il primo congresso del PSI di Santarcangelo e Valmarecchia che si  è concluso con  la rielezione di Fiorenzo Faini alla segreteria del partito e l’elezione del nuovo direttivo di vallata. L’assemblea, molto partecipata, ha visto la presenza di delegati in rappresentanza anche  di Verucchio e dei 7 comuni dell’alta valle, recentemente congiunti alla terra di Romagna e alla Provincia di Rimini.
Con l’ingresso dei 7 comuni dell’alta Valmarecchia, l’intera vallata unificata anche da un punto di vista amministrativo diventa una realtà territoriale omogenea di 11 comuni che assume un valore strategico sia da un punto di vista turistico che commerciale con notevoli potenzialità di sviluppo per tutta la provincia.
Occorre superare quanto prima le difficoltà di collegamento tra i vari centri e con la costa nel pieno rispetto delle tutele ambientali e paesaggistiche anche ripristinando gli storici trasporti su rotaie, nella consapevolezza che solo tutelando in maniera adeguata questi territori dalla speculazione edilizia possiamo coglierne appieno tutte le potenzialità turistiche e culturali come alternativa e complemento al turismo costiero.
La Valmarecchia non è solo turismo ma anche storia di fiere e di mercati, di rapporti tra le genti della collina e della pianura che ha visto in Santarcangelo posta alla sbocco naturale della vallata il luogo degli incontri e degli scambi.
Questa è la nostra storia, questo deve essere il nostro futuro, sfuggendo da una visione unicamente contabile presente anche in parte dell’opinione pubblica che vede unicamente un aggravio di costi per quelle popolazioni a spese degli standard qualitativi dei servizi pubblici dei residenti.
E’ estremamente importante capire anche futuro e prospettive delle Aziende per i Servizi alla Persona (ASP) perché rivestono e rivestiranno un peso considerevole sia per la protezione dei nostri anziani che per la restante popolazione. E’ perciò necessario vigilare affinchè anche in questo settore non si ripropongano i vizi e le problematiche che già investono HERA, con la nascita di quella che già taluni definiscono non a torto la ”nuova Hera del sociale”.
In questa prospettiva va compiuto ogni sforzo per evitare nel distretto Rimini nord la prevista  fusione dell’attuale ASP “Valle del Marecchia” con l’ASP “Istituto Valloni“, mantenendo una sua autonomia giuridica, gestionale ed organizzativa anche alla luce dell’ingresso dei 7 comuni dell’alta Valmarecchia con l’apporto delle strutture di Novafeltria e S.Agata Feltria.
Una strada che riteniamo percorribile anche alla luce delle scelte che si stanno delineando per Rimini sud con la costituzione di due ASP.

Fiorenzo Faini 
seg. Partito Socialista Italiano
di Santarcangelo e Valmarecchia

sabato 16 ottobre 2010

Non siamo sudditi di nessuno



Comunicato stampa del 16 ottobre 2010.

Nella gara a chi la spara più grossa che si è aperta in questi giorni sulla questione PSC, noi Socialisti, che siamo e vogliamo rimanere sinistra riformista contraria a ogni demagogia e spettacolarizzazione della politica, abbiamo un compito difficile, ma siamo sicuri che i Santarcangiolesi ci capiranno. Sentiamo il dovere di riaffermare nei confronti di tutte le forze politiche a cominciare da quelle di opposizione, che d'altra parte fanno il loro mestiere, e della cittadinanza quanto segue:
Se nel programma di mandato di questa maggioranza sono state inserite alcune priorità come porre un freno alle costruzioni e al consumo di territorio, la difesa e l'autonomia del nostro ricovero anziani presente nella nostra agenda fin dal 2002, il controllo su qualità, costo ed efficienza dei servizi pubblici dati in concessione (Hera), il ruolo della fondazione FO.CUS nella riorganizzazione delle attività culturali, lo si deve solo ed unicamente al Partito Socialista che ha chiesto di inserirle nel programma di mandato. Che poi tutti a poco a poco si siano gettati a pesce su questi problemi, compresi quelli che all'ora navigavano nel vuoto programmatico e nell'opposizione solo ideologica è la conferma che avevamo visto giusto.
A proposito di PSC la nostra prima uscita sulla stampa risale al gennaio del 2010, dove si chiedevano in ottemperanza alle famose riserve della Provincia le "sforbiciate " ai nuovi ambiti previsti dal PSC e di sostenere attraverso il regolamento edilizio RUE le richieste e necessità dei piccoli proprietari ingiustamente penalizzati anche per favorire la ripresa dell'economia locale fatta principalmente di piccole imprese artigiane.
Noi non volevamo bloccare il PSC in quanto introduce elementi assolutamente innovativi nella programmazione territoriale come la parità di trattamento e la concorrenza tra proprietari (finalmente!), l'acquisizione gratuita di aree pubbliche e quote obbligatorie per l'edilizia sociale; avevamo chiesto ripetutamente e sempre invano solo ed unicamente di recepire integralmente, come prescrive la norma, le riserve della Provincia sugli ambiti a rischio ambientale con adeguate riduzioni dì previsioni insediative o stralcio totale laddove richiesto. In tutta coerenza, il consigliere socialista si è astenuto o ha votato contro tali riserve comprese alcune osservazioni presentate dall'ordine degli architetti, tra cui quella dei 120 appartamenti a Casale di San Vito.
Ai colleghi della minoranza diciamo, moderate i toni, non vi fa onore: come ben sapete, non siamo sudditi di nessuno, ma donne e uomini liberi, e rispondiamo delle nostre idee e dei nostri principi socialisti. Cosa faremo in futuro lo decideranno i Socialisti non chi sta seduto nei comodi banchi dell'opposizione, ma sicuramente ne risponderemo agli elettori e ai cittadini Santarcangiolesi.
La vicenda del PSC che a questo punto dovrà seguire il suo corso istituzionale e giuridico, a nostro parere non pregiudica l'iter del Regolamento Edilizio, anche per non deludere i legittimi interessi di tanti privati cittadini e categorie economiche, ma insegna certamente che occorre voltare pagina all'insegna di una reale condivisione di strategie e obiettivi al più presto se vogliamo che questa maggioranza abbia un futuro e perché non siamo disposti a farci logorare e il senso di responsabilità che ci distingue, potrebbe finire.

Fiorenzo Faini 
seg. Partito Socialista Italiano
di Santarcangelo

Altra puntata PSC

http://valle.adhoc.net/allegati/4/ALT_9.53.0415102010.pdf


"PSC bocciato - il Sindaco Morri in piena bufera. Dalla maggioranza all'opposizione tutti attaccano Morri"   (Il Corriere di Rimini)

giovedì 14 ottobre 2010

Santarcangelo sul Psc

(Il Resto del  Carlino)

Il presidente della Provincia scrive al sindaco Mauro Morri: alcune riserve della Provincia sul Piano strutturale comunale non sarebbero state accolte da Santarcangelo
Il presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali (foto Bove)
Il presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali (foto Bove)
Rimini, 13 ottobre 2010 - Il Comune di Santarcangelo si metta in riga, perché le nostre riserve sul Piano Strutturale Comunale non sono state accolte. Questo il senso di una lettera che la Provincia di Rimini ha inviato al sindaco di Santarcangelo di Romagna, Mauro Morri, per richiamarlo all'ordine sul Psc approvato
nei mesi scorsi tra le polemiche, anche interne alla maggioranza, in Consiglio comunale. Il presidente della Provincia riminese, Stefano Vitali, e il suo assessore alla Pianificazione territoriale, Vincenzo Mirra, informano così in una nota:
“Abbiamo ricevuto in questi giorni il parere degli uffici in relazione al Psc di Santarcangelo. Viene evidenziato come vi siano riserve avanzate dalla Provincia di Rimini non accolte dal Comune di Santarcangelo”. Gli amministratori provinciali chiedono dunque a Morri di “assumere nelle sedi competenti tutte le iniziative e gli atti utili ad evitare una contrapposizione tra enti pubblici” che sarebbe tutta interna al centrosinistra e che, se non verràsanata, potrebbe proseguire in altre sedi.
E che “è antitesi - scandiscono Vitali e Mirra - all'idea di governo del sistema provinciale che ispira il programma di mandato approvato dal Consiglio provinciale”. Morri, da parte sua, parla di “lettera attesa” e di “questione tecnica” da risolvere, promettendo “nel giro di qualche giorno” di inviare in corso d'Augusto “tutti i chiarimenti e le osservazioni” del caso. In ogni caso, prosegue il sindaco clementino che si dice “tranquillo di risolvere” gli intoppi, il Psc “non tornerà in Consiglio perché è già stato approvato”. Lo stesso piano, del resto, “è figlio della conferenza di pianificazione coordinata dalla Provincia, a cui noi siamo legati: i nostri passi- conclude Morri- sono stati fatti in conformità con l'impianto generale”.




Alla prossima puntata..

mercoledì 13 ottobre 2010

Provincia di Rimini/Psc di Santarcangelo: la Provincia di Rimini scrive al Sindaco Morri

 
Il Presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali, e l'Assessore allUrbanistica e Pianificazione territoriale Vincenzo Mirra hanno inviato al Sindaco del Comune di Santarcangelo di Romagna, Mauro Morri, una lettera riguardante il Piano strutturale comunale (Psc) recentemente approvato dal Consiglio comunale clementino.
"Abbiamo ricevuto in questi giorni il parere degli Uffici in relazione al Psc di Santarcangelo" si legge nella missiva. Viene evidenziato come vi siano riserve avanzate dalla Provincia di Rimini non accolte dal Comune di Santarcangelo.
Gli amministratori della Provincia di Rimini chiedono dunque al Sindaco di assumere nelle sedi competenti tutte le iniziative e gli atti utili ad evitare una contrapposizione tra Enti pubblici che sarebbe in antitesi all'idea di governo del sistema provinciale che ispira il programma di mandato approvato dal Consiglio Provinciale.

L'ufficio stampa




 Sta a vedere che un po' di ragione a voler accogliere le riserve della Provincia sul PSC in merito alle aree di nuova urbanizzazione l'avevamo..
"C'è del marcio in Danimarca"??????








martedì 12 ottobre 2010

ASP: ora di chiarimenti

ASP-RETE Reggio Emilia “La Regione deve fare la sua parte”

pubblicata da Rita Moriconi il giorno mercoledì 6 ottobre 2010 alle ore 11.54
 
Il dibattito che si è scatenato in questo ultimo periodo sul disavanzo di RETE in alcuni tratti  sembra essere quasi ozioso e certamente poco o nulla utile alla risoluzione di quelle che sono le problematiche ben più ampie e sostanziali che riguardano in generale tutto il sistema delle ASP.
Se da un lato sul piano locale non può che preoccupare il significativo deficit di bilancio accumulato da RETE, dall’altro occorre dire che questo non rappresenta certo una novità od una notizia dell’ultima ora, come se qualcuno lo avesse volutamente tenuto nascosto e solo oggi si tirasse fuori come utile arma di polemica politica.
A questo proposito è utile prima di tutto sottolineare che l’approccio proposto al problema dal nuovo presidente neo eletto Raffaele Leoni, cui vanno i miei migliori auguri di buon lavoro, è opportuno e condivisibile; poi credo sia doveroso ricordare il serio operato svolto in questi anni da tutti gli operatori che lavorano nelle strutture e, da ultimo non certo per importanza, dare garanzie alle famiglie di continuità nell’erogazione del servizio senza ulteriori aggravi economici.
Credo però che il problema delle ASP debba essere affrontato con la dovuta attenzione anche in sede regionale in quanto, a nove anni dalla sua entrata in vigore, il D.Lgs 207/2001 che istituisce e definisce le ASP , deve essere oggetto di riflessione e di attenzione nei suoi meccanismi attuativi e nel suo funzionamento In particolare auspico una definizione più chiara e precisa sulla natura dell’ente ASP, che non può rimanere nell’ambiguità di Ente Pubblico Economico o non Economico con conseguenze rilevanti in merito alla fiscalità ed all’applicabilità o meno delle norme del diritto
Mi impegnerò pertanto a promuovere in seno alla regione non solo una riflessione che possa portare a chiarire, come accennato prima, i delicati aspetti relativi all’ordinamento giuridico delle ASP , che non possono essere considerati soltanto dei meri gestori-erogatori di servizi al pari del privato sociale; oltre a questo, credo sia prioritario capire altre questioni rilevanti, come  ad esempio il fatto che le ASP devono essere coinvolte negli organi di governo e di programmazione del sistema sociale regionale; come consentire alle ASP pari opportunità in ambito fiscale-previdenziale-contrattuale nei confronti di altri enti gestori al fine di combattere le disparità in termini di aggravi conseguenti nei costi di gestione, come abbattere l’attuale ingessatura nella gestione patrimoniale ed, infine, come rivedere i criteri di accreditamento che sono causa ormai evidente di innalzamento dei costi di gestione.
Questi ed altri interrogativi meritano  la dovuta attenzione, come  merita un’approfondita riflessione tutta questa materia, che coinvolge centinaia di famiglie e centinaia di persone di cui la società ha il dovere di prendersi cura nella maniera più seria, civile e responsabile possibile.


Rita Moriconi
Consigliere Regionale
PSI- Gruppo PD

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lunedì 11 ottobre 2010

PeaceReporter - Nove anni, decine di migliaia di morti. Buon compleanno, guerra in Afghanistan

PeaceReporter - Nove anni, decine di migliaia di morti. Buon compleanno, guerra in Afghanistan


Con la metà di quanto l'Italia spende in un mese per contribuire al massacro di civili Emergency ha costruito tre centri chirurgici, un centro di maternità e 28 pronto soccorsi. E ha curato oltre due milioni e mezzo di afgani
Dopo nove anni, dopo decine di migliaia di civili morti (le cifre ufficiali dicono che sono circa 15 mila, ma letta da un ospedale di Emergency in Afghanistan questa cifra si smentisce da sola), dopo miliardi di euro spesi che non hanno lasciato traccia nella vita civile degli afgani, dopo tonnellate di nuova eroina afgana finite nelle vene dei giovani di tutto il mondo. Dopo tutto questo, ci ritroviamo un presidente fantoccio che più fantoccio non si può (era un dipendente della Cia, prima di essere presidente) che tratta con il nemico dell'occidente, quei talebani amici di Bin Laden e seguaci del terribile mullah Omar che quest'altra orrenda nostra guerra avrebbe dovuto sconfiggere nel giro di pochi mesi e senza "effetti collaterali".

Se i potenti del mondo in generale e il governo italiano avessero dell'intelletto da usare, non potrebbero che ammettere (ci accontenteremmo anche se non lo facessero pubblicamente) che hanno sbagliato e ne dovrebbero trarre le conseguenze: le truppe a casa e loro a zappare.

Ma chi governa l'Italia e in generale i paesi occidentali dimostra di avere in spregio la vita umana. Se così non fosse, l'aver scelto di fare e di continuare la guerra dimostrerebbe che sono cretini, visto che i morti civili e la distruzione di un paese sono l'unica conseguenza della loro scelta. (...)

sabato 9 ottobre 2010

Tristezza

Afghanistan, uccisi quattro alpini

Nell'agguato ferito un altro militare

Quattro militari italiani sono rimasti uccisi in Afghanistan e uno ferito. I quattro sono rimasti vittime di una imboscata al ritorno da una missione mentre si trovavano nella valle del Gulistan, a Farah. Al passaggio del Lince, è esploso un ordigno. Poi è seguito uno scontro a fuoco in cui gli italiani hanno messo in fuga gli aggressori. Si tratta di quattro alpini in missione già da mesi e prossimi al rientro in Italia. Cordoglio di Napolitano
Afghanistan,uccisi quattro italianiAgguato al Lince
Le vittime si trovavano a bordo di un blindato Lince che faceva parte del dispositivo di scorta a un convoglio di 70 camion civili. Il gruppo rientrava verso ovest dopo aver trasportato materiali per l'allestimento della base operativa avanzata di Gulistan, denominata "Ice".

Vittime erano alpini
Sono tutti alpini i quattro militari uccisi così come il ferito. Il reparto dei cinque si trovava già da mesi in Afghanistan ed era prossimo al rientro in Italia.

Militare ferito grave ma cosciente
ll militare ferito è stato "immediatamente evacuato con elicotteri di Isaf", la missione della Nato. E' quanto spiegano al comando del contingente, sottolineando che il soldato al momento "è grave" ma "è cosciente".

Un anno orribile
Con 12 militari morti in questi primi dieci mesi dell'anno, il 2010 diventa l'anno più nero per il contingente nazionale in Afghanistan dall'inizio della missione Isaf, nel 2004. Il dato rispecchia quello complessivo delle vittime Isaf, che ha fatto registrare il dato più alto proprio nel 2010, 572, tra i militari di tutte le nazioni che partecipano all'operazione. Finora la missione con più morti italiani, 35, è quella in Iraq. L'Afghanistan, con 34, è ormai vicino. 





Mentre in Italia si gioca "alla guerra" grazie al progetto della mini-naja lanciato dal Ministro La Russa. Ho un amico là. Capitano degli Alpini e nemmeno lui sa perché il nostro Governo prende tali decisoni. "Monica - mi dice- queste scelte li fanno i politici senza conoscere realmente la situazione".

Laogai, gli orrori Made in China

da     http://www.dirittodicritica.com/2010/10/09/cina-diritti-umani-laogai/




Non sono stati ancora cancellati dalla storia. I campi di concentramento esistono ancora e si trovano in Cina. I “laogai”, così vengono chiamati, sono un’enorme fonte di manodopera a basso costo che rappresenta uno dei pilastri dell’economia cinese. La maggior parte delle più gravi violazioni dei diritti umani in Cina avviene in questi “centri di rieducazione”. Milioni di uomini e donne che devono essere “rieducati” subiscono incarcerazioni arbitrarie, violenze di ogni genere, continue condanne a morte per l’espiantazione e commercio di organi. Sono questi gli orrori che il governo cinese cerca di tenere nascosti.
Il lavoro forzato come pilastro dell’economia cinese. In cinese Laogai significa “rieducazione attraverso il lavoro”. Voluti da Mao Zedong con il preciso scopo di utilizzare i prigionieri come schiavi, oggi, questi campi continuano la loro attività e costituiscono parte integrante dell’economia cinese. Sono vere e proprie fabbriche produttrici di beni a basso costo e spesso fanno concorrenza sleale alle imprese che operano nel rispetto dei diritti umani. Infatti, non a caso la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ONU) del 25 giugno 19571 che vieta il lavoro forzato non è mai stata ratificata dalla Cina.
La vita nei Laogai. Il numero ufficiale di Laogai e di prigionieri è sconosciuto. Tuttavia Amnesty International e Human Rights Watch stimano che circa 50 milioni di persone sono state recluse lì da quando sono stati creati. Ogni cinese conosce almeno una persona che sia stata internata. Nel paese del Dragone è infatti in vigore un sistema legale per cui chiunque può essere detenuto fino a tre anni in un campo di rieducazione senza che sia necessario un processo. Per ottenere la detenzione amministrativa è sufficiente la direttiva di qualsiasi funzionario della sicurezza. Inoltre, con il sistema chiamato “jiuye”, qualsiasi detenuto può essere trattenuto ulteriormente se i funzionari non giudicano che sia stato “pienamente riabilitato”.
Venti milioni di donne e uomini hanno perso la vita durante la “riabilitazione” per freddo, fame, malattie, stenti ed esecuzioni sommarie. Si lavora 18 ore al giorno e se il livello di produzione prefissato non è stato raggiunto non si ha diritto al cibo. Le torture sono all’ordine del giorno. Sebbene infatti la legge cinese le vieti per ottenere confessioni, questa pratica è ampiamente diffusa nei Laogai, dove è stato documentato l’uso di bastoni che producono scariche elettriche, percosse con manganelli, pugni, uso di manette e catene alle caviglie, sospensione per le braccia, privazione di cibo o sonno. Molte donne sono vittime di stupri e in caso di gravidanza si prevede l’aborto forzato con metodi rudimentali, anche all’ottavo mese.
Il commercio di organi dei condannati a morte. Le atrocità peggiori sono commesse sui condannati a morte. Secondo la legge penale cinese vi sono oltre 60 reati capitali che vanno dall’omicidio al furto, dall’incendio doloso al traffico di droga. Il numero di esecuzioni è impressionante. In base alle statistiche fornite da organizzazioni come Amnesty International, la Cina da sola giustizia più persone di tutto il resto del mondo messo insieme. Queste statistiche sono però calcolate solo sulla base del numero di esecuzioni di cui è giunta voce all’estero. Ciò significa che il numero reale è sicuramente superiore ai dati conosciuti.
Ai condannati a morte vengono espiantati gli organi che sono poi venduti alle famiglie più agiate o all’estero. Una pratica divenuta molto importante economicamente. Tutto questo accade naturalmente senza il consenso dei donatori e delle famiglie ed ogni traccia delle operazioni di espianto viene cancellata con la cremazione dei cadaveri. L’espianto degli organi è contrario anche alla stessa cultura cinese che considera il corpo umano sacro e quindi intoccabile anche dopo la morte.
Contro i Laogai. Diverse Organizzazioni Internazionali che promuovono la tutela dei diritti umani tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, lottano per impedire che queste atrocità possano ancora continuare. Fondamentale in questo senso l’impegno di Harry Wu. Detenuto per 19 anni nei campi di concentramento solo per aver manifestato le sue simpatie per la democrazia, Harry Wu, ora è cittadino americano ed ha fondato la Laogai Research Foundation, un’organizzazione no-profit che divulga e fa conoscere al mondo questa orribile realtà. Denunce per ciò che accade nei Laogai sono giunte dai parlamenti di Australia, Italia, Germania, dal Congresso Statunitense e dalla stampa internazionale. Anche il Parlamento Europeo, lo scorso 23 settembre, ha affrontato la questione dei Laogai nel tentativo di trovare una soluzione per evitare l’acquisto dei beni prodotti dai prigionieri cinesi. Tuttavia, non è facile distinguerli. Infatti, la maggior parte dei prodotti nati dal lavoro forzato hanno etichette europee o statunitensi, impedendo la loro precisa individuazione e il conseguente boicottaggio. Non è possibile proibire l’ingresso di un prodotto ma è possibile cercare di attivare una maggiore campagna informativa sulla provenienza del bene in modo da permettere al consumatore di capire quale oggetto sia stato prodotto nel rispetto del lavoratore e quale nasconda, dietro il basso costo, macabre verità.



Tutto questo mentre il nostro premier incensa la Cina definendola "un esempio di buon governo". Sempre più allibiti. 

mercoledì 6 ottobre 2010

Italia d'oro - Pierangelo Bertoli

Racconteranno che adesso è più facile
che la giustizia si rafforzerà
che la ragione è servire il più forte
e un calcio in culo all'umanità
Ditemi ora se tutto è mutevole
se il criminale fu chi assassinò
poi l'interesse così prepotente che conta solo chi più sterminò
Romba il potere che detta le regole
cade la voce della libertà
mentre sui conti dei lupi economici
non resta il sangue di chi pagherà
Italia d'oro frutto del lavoro cinta dall'alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Tutto si perde in un suono di missili
mentre altri spari risuonano già
sopra alle strade viaggiate dai deboli
la nostra guerra non si spegnerà
E torneranno a parlarci di lacrime dei risultati della povertà
delle tangenti e dei boss tutti liberi
di un'altra bomba scoppiata in città
Spero soltanto di stare tra gli uomini
che l'ignoranza non la spunterà
che smetteremo di essere complici
che cambieremo chi deciderà
Italia d'oro frutto del lavoro cinta dall'alloro
trovati una scusa tu se lo puoi
Italia nera sotto la bandiera vecchia vivandiera te ne sbatti di noi
mangiati quel che vuoi fin quando lo potrai
tanto non paghi mai
Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta
dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa


Festival di Sanremo 1992