martedì 30 novembre 2010

ASP: il voto in Consiglio

"La Voce" di oggi  (30/11/2010) riporta, a proposito di ASP e del dibattito di questi giorni:

"Una situazione mai vista a Santarcangelo, con alleati che ragionano con la loro testa e non sottostanno alle direttive del Sindaco" (...).

Questo è il punto: ragionare con la propria testa su argomenti ed elementi che devono essere anche tecnicamente motivati. Non ci piacciono i pacchetti preconfezionati.
E serve rispetto. Rispetto significa coinvolgere nelle scelte. Rispetto significa contemplare le diversità di veduta. Rispetto significa rispondere alle domande.

"Socialista è chi vive del proprio lavoro e ragiona con la propria testa".

E' un grave difetto.

Com'è finita?
9 astenuti, 11 favorevoli alla mozione del PDL che proponeva di "azzerare" la fusione con l'ASP di Valloni di Rimini.

Astenuti: tutti i Consiglieri del PD.

A favore: PdL, Lega, Lista Civica, IdV, Maria Rosa Antolini (Repubblicana nel gruppo consigliare PD) e il Partito Socialista.

Da sottolineare il discorso del Segretario del PD, Filippo Sacchetti: fuori tempo e fuori luogo (ma non è una novità).

C'è ancora una maggioranza? Crediamo di sì ma ora è veramente il momento di cambiare passo. E di tirare fuori il rispetto.

ASP: intervento di Eros Tonini in Consiglio Comunale

Noi consiglieri comunali a volte siamo chiamati ad amministrare non solo con la testa ma anche con il cuore e il buon senso, sempre nel rispetto delle leggi e dei regolamenti, travalicando gli schieramenti politici e gli ordini che ci vengono impartiti.

Quando si parla della Casa di Riposo di Santarcangelo, si parla di un pezzo di storia della città: è un patrimonio storico e culturale di tutti radicato in una città, la nostra, dove l’importanza di questa struttura è molto sentita, sono passate intere generazioni ed altrettante generazioni si sono impegnate al suo funzionamento e mantenimento spesso a titolo di puro volontariato seppure con grande professionalità.

Non possiamo dimenticare, ci rivolgiamo in particolare ai più giovani e a coloro che risiedono a Santarcangelo da pochi anni, sappiano che questa struttura che noi vediamo bella, funzionale e moderna, efficiente ed efficace, costituisce un patrimonio di solidarietà e assistenza che viene da lontano, frutto di donazioni, opere filantropiche e beneficenza dei Santarcangiolesi che risalgono alla fine del secolo scorso e non per ultimo quella delle Suore Bianche di Santarcangelo.

Per meglio capire questo patrimonio storico culturale tramandato da generazioni occorre ricordare che una volta nell’ospedale di Santarcangelo vi erano le Suore Bianche che prestavano assistenza infermieristica e una di questa si chiamava Suor Angela Molari che ebbe il merito agli inizi del ‘900 di ospitare nei propri locali, (adiacenti al vecchio ospedale dove ora sarà collocata la nuova biblioteca) i barboni e gli anziani soli; da questa iniziativa è nata la Casa di Riposo Umberto 1°.

Non vanno dimenticate quelle persone, sconosciute ai più che hanno lavorato nell’ombra come amministratori di questo ente. Come non ricordare gli ultimi amministratori del CDA della ex Casa di Riposo Umberto 1°, senza fare un torto ai precedenti ed a quelli successivi, che hanno segnato il passaggio dalla vecchia e antica struttura alla nuova Suor Angela Molari: Filippo Tassinari, Bertozzi Giovanni, Brigliadori Duilio, Tonelli Leandro e Antolini Eugenio; quest’ultimo ha il merito di avere creato le condizioni di un lascito da parte delle Suore Bianche di Santarcangelo di una importante somma e di un podere nella cui vendita si sono ricavate le risorse per costruire l’attuale struttura dedicata alla fondatrice.

Ora noi non possiamo sacrificare tutta questa storia sull’altare riminese, occorre trovare quella volontà comune e quelle soluzioni che la legge prevede per mantenere un ambito sub-distrettuale il più vicino possibile ai nostri concittadini.

Questi ambiti sub-distrettuali sono già presenti nelle province dell’Emilia Romagna, basta guardare la vicina provincia di Forlì con ben 5 sub-distretti.



In breve ALCUNE CONSIDERAZIONI CHE ABBIAMO GIA’ ESPRESSO

Come Socialisti non possiamo che prendere atto che la Regione con la sua Legge, una legge che nei suoi intenti doveva servire a rendere più omogenei territorialmente i servizi socio-assistenziali alla persona riportando la decisioni in merito in mano agli enti locali piuttosto che a fondazioni private (e ad alcune ASL), e successive delibere di Giunta, ha già in partenza previsto che possano esistere e operare al meglio anche realtà come la nostra ASP Valle Marecchia (di ciò dirò in seguito).


Alcuni rischi che da anni andiamo segnalando, in caso di ASP unica distrettuale Rimini Nord, sono questi:

1. Le elevate dimensioni non significano automaticamente efficienza e qualità perché spesso, troppo spesso non vanno di pari passo specie quando si parla di erogazione di servizi (vedi Hera). E in questo caso proprio di servizi si tratta, e per di più rivolti prevalentemente ad un utenza con particolari caratteristiche (gli anziani).

2. Un possibile danno economico per l’indotto locale perché saranno necessari grossi numeri per partecipare a grandi appalti: viene così tagliata fuori una grossa fetta della nostra realtà economica andando inevitabilmente incontro ad una spersonalizzazione del servizio, senza contare che gli artigiani locali, attualmente chiamati per le piccole riparazioni, saranno estromessi.

3. gestione maggiormente accentrata e burocratizzata, con possibili difficoltà nella gestione del quotidiano, aumento delle rette e abbassamento dei livelli assistenziali (basta guardare non troppo lontano – i bilanci sono pubblici – per vedere che qualcuno ha tagliato il numero degli operatori assistenziali per far tornare i conti) : le attuali strutture così costituite hanno offerto garanzia di qualità e tutela dei cittadini nel proprio territorio di origine mantenendo dimensioni umane

Ci sono poi alcune ANOMALIE da sottolineare:

- C’è da considerare innanzitutto l’anomalia della Provincia di Rimini (la sola in Regione) che non ha voluto separare i servizi socio-assistenziali da quelli sanitari. Si continuano a dare le deleghe socio-assitenziali all’ASL: non è possibile capire quali siano i reali costi per i servizi socio-assistenziali che l’ASL svolge per conto del Comune.. é forse questo mescolamento di risorse che induce alla confusione, tra sociale e sanitario?

- L’anomalia più evidente è però la previsione di una fusione di 2 ASP: la legge regionale prevede la trasformazione da IPAB in ASP. La fusione si configurerebbe come unico caso in Regione…



Quali sono le motivazioni che vietano o ostano ad un ASP di Vallata? Da diverso tempo ci viene ripetuto che l’ASP Valmarecchia non può restare così com’è perché:

giovedì 25 novembre 2010

ASP- Continua

Dopo il documento che si riferiva alla campagna elettorale 2009, riportiamo qui di seguito, la lettera inviata nel 2005 ai Sindaci dell'allora Comunità Montana Valmarecchia dai segretari dello SDI di Santarcangelo e Verucchio.
La politica non deve essere improvvisazione.
L'abbiamo sempre sostenuto.




"lì, 19 luglio 2005


Ai SINDACI dei Comuni di:

SANTARCANGELO, VERUCCHIO,

POGGIO BERNI e TORRIANA




Oggetto: Lettera aperta sulla trasformazione/fusione delle Case Protette (ricoveri per anziani).




La fusione delle IPAB in ASP (Aziende Pubbliche di Servizi) secondo quanto prescritto dalla Legge Regionale n° 2 del 2003 è ormai una realtà inevitabile: diciamo addio ai nostri vecchi “ricoveri”.


Inevitabile perché sono state prese decisioni a livello regionale e vengono imposte trasformazioni radicali senza tener conto dei bisogni, delle esigenze, della storia e delle realtà delle comunità locali, senza tener conto del territorio.


Noi Socialisti della Valmarecchia non condividiamo né il metodo né tantomeno il contenuto.


E’ evidente la pericolosità di tale operazione nonché l’incongruenza dei principi che la animano: elevate dimensioni non significano automaticamente efficienza e qualità perché spesso, troppo spesso non vanno di pari passo specie quando si parla di erogazione di servizi (vedi Hera). E in questo caso proprio di servizi si tratta, e per di più rivolti prevalentemente ad un utenza con particolari caratteristiche (gli anziani).


Molteplici sono le implicazioni pratiche di tale trasformazione:


- la normativa prevederebbe, senza l’obbligatorietà, l’accorpamento del “Suor Angela Molari” di Santarcangelo, del Valloni di Rimini e della Casa protetta-R.S.A. di Verucchio, ciò significherebbe unica lista d’attesa per tutto il distretto di Rimini Nord con conseguente assegnazione del primo posto libero ovunque esso si trovi ciò implica conseguentemente uno sradicamento dell’anziano dal contesto a lui conosciuto e notevoli ricadute sulla famiglia;


- perdita di un importante patrimonio che segna la cultura della nostra città (i “vecchioni”) e che in modo improprio viene consegnato in mani che nulla sanno di come è stato gestito nel corso degli anni;


- rischio economico perché risulta che i bilanci degli altri soggetti implicati in questa fusione (vedi il Valloni) non siano strutturalmente “sani” e perché il patrimonio immobiliare frutto di gestioni oculate e/o conferimenti, donazioni e lasciti dovrà essere alienato;


- perdita economica per l’indotto locale perché saranno necessari grossi numeri per partecipare a grandi appalti: viene così tagliata fuori una grossa fetta della nostra realtà economica andando inevitabilmente incontro ad una spersonalizzazione del servizio.


- gestione maggiormente accentrata e burocratizzata con allontanamento della direzione dai clienti interni ed esterni e con possibili difficoltà nella gestione del quotidiano, aumento delle rette e abbassamento dei livelli assistenziali: le attuali strutture così costituite hanno offerto garanzia di qualità e tutela dei cittadini nel proprio territorio di origine mantenendo dimensioni umane

Ma fusione deve esserci, la legge non lascia vie d’uscita. Ma allora si scelga un’ASP con Santarcangelo e Verucchio visto che ve ne è la possibilità (la voce di Rimini non può essere sempre la più grossa).

Stare alla finestra non è produttivo, non giova a nessuno.

Si cerchi per una volta di scegliere il male minore senza che la trasformazione venga imposta. Il cambiamento e la fusione vanno governati fino in fondo.

La posizione dei Socialisti, pertanto non può che essere decisamente contraria ad una fusione con il “Valloni” di Rimini.
Crediamo sia nostro e vostro dovere prendere gli opportuni provvedimenti affinché ciò non accada per tutti i motivi sopracitati.

Auspichiamo che la vostra scelta sia oculata e vada nelle direzione di un accordo Santarcangelo-Verucchio.

Nell’augurarvi buon lavoro porgiamo cordiali saluti.



Paolo Para                                                                                                          Piero Ricci


Segr. Socialisti Democratici di Verucchio                      Segr. Socialisti Democratici di Santarcangelo"

mercoledì 24 novembre 2010

GIORGIO GABER - LA LEGGE (LIVE)

LA CRISI ED I SOCIALISTI

EDITORIALE  di Bobo Craxi


(tratto da  “l’Avanti della domenica!”)



L’Italia è l’unico paese nell’Europa che tocca con mano le conseguenze della crisi economica che si sta concedendo il lusso di una crisi e di una campagna elettorale perenne che è praticamente iniziata nel 2008 l’indomani della vittoria del Centro destra.
E dentro questo “lusso” s’intravedono tutti i limiti della capacità di Governo del centro-destra sommati alle difficoltà del centro sinistra che si continua a spingersi in “direzione ostinata e contraria “.
Se a metà dicembre dopo l’approvazione della Finanziaria il Governo otterrà una prorogatio insperata esso potrà cantar una vittoria ben sapendo che vittoria di pirro trattasi.
Il dado della crisi politica della maggioranza è tratto da tempo, le incompatibilità di progetto e di prospettiva del Popolo delle libertà hanno generato diverse opzioni tutte propedeutiche al posizionamento ad un supposto ‘dopo-berlusconi’ che c’è solo nelle intenzioni di coloro che ritengono di essere pronti alla successione.
Chi si è agitato nel centro-destra con un certo margine di anticipo (Fini) non ha tenuto conto non solo del peso parlamentare del Pdl , ma della solidità espressa dall’elettorato moderato che non ha dato segnali significativi di disaffezione nei confronti della leadership indebolita dai recenti scandali, e quando questi segnali sono arrivati essi si sono indirizzati verso il magmatico mondo della disaffezione alla politica che si può presto tradurre nell’aumento dell’astensione e dell’avvicinamento di una buona fetta di cittadini verso i movimenti o le personalità che esprimono un sentimento anti-politico.
La crisi annunciata ha prodotto il movimento di Centro e le inquietudini leghiste che si sono spinte sino a preconizzare la possibilità di vedere Tremonti a Palazzo Chigi. Il movimento di centro registra anche una disponibilità di casini a ritornare sui propri passi per dare vita ad un “Governo dell’armistizio”, significando così la preoccupazione che un evntuale ritorno alle urne anticipate suonerebbe come un 8 Settembre per il ceto politico italiano con il celeberrimo “tutti a casa”.
La congiura politica contro Berlusconi che si è spinta persino ad invocare un “Union sacrée” per abbattere il tiranno per ora ha partorito solo l’eventualità che in caso di elezioni anticipate il bipolarismo all’Italiana farebbe spazio ad un terzo polo e che le probabilità di “impasse” politico a causa di un possibile no contest elettorale al Senato sarebbe altissimo. Staremo a vedere.
Le destre sono protagoniste in questo momento in europa della gestione delle crisi finanziarie, incapaci di attribuire al mercato ed alla finanza le ragioni sostanziali dello shock economico esse continuano ad illudersi che solo il sostegno all’industria ed al sistema creditizio possano essere la mano santa per garantire crescita e ripresa, voltando le spalle a sostegni a redditi e famiglie per garantire una stabilizzazione dei consumi e per generare maggiore equità e giustizia sociale in un Continente in cui sembra essere scomparsa questa elementare esigenza.
L’Italia non si è sottratta a questa dottrina scellerata, non si sono messe le mani nelle tasche degli italiani , almeno a quelli più ricchi, e si è depressa la nostra capacità di investimento negli assets più importanti per la nostra capacità di ripresa : il sapere , la ricerca scientifica , la cultura in generale.
Al fine di non scontentare nessuno hanno scontentato tutti, con particolare attenzione al Mezzogiorno dove si sta annidando il rischio più enorme per la disgregazione del paese a causa della massiccia presenza di criminalità e di giovani disoccupati.
Se il mondo del progresso ed il mondo del lavoro fossero uniti , a cominciare dai partiti storici e dai Sindacati, se si esercitasse una coerente ed efficace capacità di guida riformista della Sinistra in Italia , promuovendo una suggestiva azione di garanzia nei confronti di larghe fette dell’elettorato che non tollera i miasmi di una politica che fa del pregiudizio e della demonizzazione dell’avversario la cifra della propria iniziativa politica oggi probabilmente saremmo destinati a raccogliere il testimone politico della fine del ciclo del populismo all’italiana.
I Ritardi e le carenze significative e strutturali del Partito Democratico vieppiù insidiato dall’avanzata della disubbidienza e dell’allergia del suo elettorato alle indicazioni dei candidati alle Primarie e da una volontà rigeneratrice e di cambiamento generazionale a cui viene attribuita una capacità palingenetica e salvifica, unita alla divisione dei gruppi dirigenti ed alla indeterminatezza sul sistema delle alleanze che si intendono contrarre nel prossimo venturo sfiancano l’area del centrosinistra che non è ancora pronto all’appuntamento elettorale , impreparazione ampiamente dichiarata dalla volontà di dare vita ad un Governo parlamentare fra le forze anti-berlusconiane.

I Socialisti hanno il compito di mantenere fermo ( non immobile) il proprio baricentro, sviluppando una iniziativa di sostegno all’azione generale del riformismo italiano, riguadagnando il terreno dell’iniziativa a partire dalla presenza diffusa sul territorio italiano che portano il segno distintivo del socialismo riformista.


Fare la politica Socialista e preparare il nuovo Centro-sinistra immaginandolo e pretendendolo a guida ed orientamento riformista e progressista.


E’ un compito che dobbiamo poter assolvere sapendo che c’è ancora un pezzo di strada da percorrere , ma la crisi italiana ci dice che c’è bisogno di noi socialisti.


(23 novembre 2010)

martedì 23 novembre 2010

ASP. Maggio 2009: la nostra posizione nella formulazione del programma di mandato


Questo è ciò che sostenevamo più di un anno fa. Non è una posizione dell'ultima ora. A testimonianza di ciò i nostri numerosi interventi pubblici e politici fin dal 2002



"I nostri anziani devono rimanere a Santarcangelo"

Lettera aperta alle famiglie di Santarcangelo

La nostra casa protetta è in pericolo, progetti e strategie nati altrove e sulla testa dei nostri concittadini, rischiano di privarci di una istituzione nata, con precise disposizioni statutarie, innanzitutto per gli anziani della città e del territorio circostante.
La nostra Casa ha un profondo radicamento nella città, vede la partecipazione di diverse associazione di volontariato, che prestano servizio in maniera attenta e gratuita nella consapevolezza di contribuire al funzionamento di un bene comune a tutti.
Costituisce un patrimonio di solidarietà e assistenza che viene da lontano, frutto di donazioni e opere filantropiche che risalgono alla fine del secolo scorso, non disperdiamolo!. 
La legge regionale, con l’istituzione delle Aziende dei Servizi alla Persona prevede la formazione di una struttura gestionale unica in tutto il distretto di Rimini nord con una sola graduatoria, e una gestione finanziaria unica.
Questo significa accorpare la nostra Casa, ma anche quella di Verucchio, al Valloni di Rimini, istituzioni con bilanci sani ed efficienti ed un alto livello di servizi assistenziali sacrificate sull’altare dell’interesse riminese.
Un altro segnale preoccupante della deriva che potrebbe prendere la questione e la presenza nel nuovo c.d.a. di consiglieri tutti riminesi.
Cosa potrà succedere?
Siamo fortemente preoccupati: quale sarà il nostro futuro?
I nostri anziani corrono il rischio di finire a Rimini, in istituti lontani dai familiari, che in molti casi visitano quotidianamente i loro cari.
Lanciamo un appello a tutte le famiglie che, sostenendo i candidati socialisti al Consiglio Comunale, troveranno difensori intransigenti e unici di questa causa, essendo questa una battaglia che i socialisti di Santarcangelo, troppo spesso soli, combattono da anni. 
Dateci forza e continueremo a farlo con proposte concrete e praticabili.
La soluzione prevista di una unica Azienda dei Servizi alla Persona non è l’unica possibile, in quanto la legge regionale prevede la possibilità di istituire aziende sub-distrettuali, che nel nostro caso potrebbe essere quella di vallata del Marecchia, interessando il territorio e le popolazioni dell’attuale Unione dei Comuni.
Non solo, a rafforzare la soluzione di vallata c’è anche il previsto passaggio dei sette comuni dell’alta valle che costituirebbe un ulteriore bacino di utenza.
Da ultimo, ma non per importanza, perchè non coinvolgere nella ipotesi sub-distrettuale anche il Comune di Bellaria, per dare anche maggiore peso politico alla proposta e visto che i bellariesi utilizzano già in larga misura i nostri servizi?  
Noi socialisti vogliamo salvare il nostro Ricovero e riteniamo sia questa la strada giusta da percorrere con impegno e coraggio, cittadini di Santarcangelo sosteneteci con il voto, siete Voi la nostra unica forza!


I candidati del Partito Socialista al Comune di Santarcangelo  (maggio 2009)  


 
 

domenica 21 novembre 2010

IL PAPA SU USO PRESERVATIVI: IN ALCUNI CASI GIUSTIFICATO. ONU: IMPORTANTE PASSO AVANTI

(CLANDESTINOWEB - domenica 21 novembre 2010)

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Si' al profilattico in alcuni casi giustificati; la riabilitazione di Pio XII; lo scandalo pedofilia all'interno della Chiesta, la proibizione per donne musulmane di indossare il burqa, la droga e il sacerdozio femminile. Questi alcuni fra i temi affrontati nel libro Luce del mondo, che raccoglie le conversazioni di Papa Benedetto XVI con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald, anticipate dall'Osservatore romano.
IL PROFILATTICO SOLO IN SINGOLI CASI GIUSTIFICA - Vi possono essere dei casi nei quali l'uso del condom pu essere giustificato. Per il pontefice si tratta di singoli casi, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo pu essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si pu far tutto ci che si vuole. Per, conclude il pontefice, questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.
Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sè - spiega il pontefice - Perci anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinchè la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull'essere umano nella sua totalità. Per, conclude il Papa, questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.
GLI ABUSI? UNO SCHOCK ENORME - Le rivelazioni sugli abusi sessuali compiuti nella Chiesta non mi hanno colto di sorpresa del tutto ma le dimensioni comunque furono uno shock enorme. Tre anni e mezzo fa, nell'ottobre 2006, in un discorso ai vescovi irlandesi avevo chiesto loro di stabilire la verità di ci che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi2, spiega il Papa.
Vedere il sacerdozio improvvisamente insudiciato in questo modo, e con ci la stessa Chiesa Cattolica, è stato difficile da sopportare. In quel momento era importante per non distogliere lo sguardo dal fatto che nella Chiesa il bene esiste, e non soltanto queste cose terribili.
Nell'intervista, Benedetto XVI parla anche dell'azione dei media sul caso, evidentemente non guidata solo dalla pura ricerca della verità. Per il Papa c'è stato del compiacimento a mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, a screditarla.
Ma era necessario che fosse chiaro questo: sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti. La verità, unita all'amore inteso correttamente, è il valore numero uno. E poi i media non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato. Solo perchè il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei.
NO A PROIBIZIONE GENERALIZZATA DEL BURQA - Non vedo ragione di una proibizione generalizzata. Si dice che alcune donne non lo portino volontariamente ma che in realtà sia una sorta di violenza imposta loro. chiaro che con questo non si pu essere d'accordo. Se per volessero indossarlo volontariamente, non vedo perchè glielo si debba impedire.
Quando alla presenza dei cattolici nei paesi mediorientali, il Papa afferma: I cristiani sono tolleranti e in quanto tali permettono anche agli altri la loro peculiare comprensione di sè. Ci rallegriamo del fatto che nei Paesi del Golfo arabo (Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Quwait) ci siano chiese nelle quali i cristiani possono celebrare la Messa e speriamo che cos accada ovunque. Per questo è naturale che anche da noi i musulmani possano riunirsi in preghiera nelle moschee.
LE DONNE E IL SACERDOZIO? DIO CHE NON LO PERMETTE - La formulazione di Giovanni Paolo II è molto importante: La Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale', afferma Benedetto XVI. Non si tratta di non volere ma di non potere. Il Signore ha dato una forma alla Chiesa con i Dodici e poi con la loro successione, con i vescovi ed i presbiteri (i sacerdoti). Non siamo stati noi a creare questa forma della Chiesa, bens è costitutiva a partire da Lui. Seguirla è un atto di obbedienza, nella situazione odierna forse uno degli atti di obbedienza più gravosi - spiega il pontefice - Ma proprio questo è importante, che la Chiesa mostri di non essere un regime dell'arbitrio.
Non possiamo fare quello che vogliamo. C'è invece una volontà del Signore per noi, alla quale ci atteniamo, anche se questo è faticoso e difficile nella cultura e nella civiltà di oggi. Per il Papa non si tratta di una scelta discriminatoria: Le funzioni affidate alle donne nella Chiesa sono talmente grandi e significative che non pu parlarsi di discriminazione. Sarebbe cos se il sacerdozio fosse una specie di dominio, mentre al contrario deve essere completamente servizio. Se si dà uno sguardo alla storia della Chiesa, allora ci si accorge che il significato delle donne, da Maria a Monica sino a Madre Teresa, è talmente eminente che per molti versi le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini.
PIO XII SALV GLI EBREI, STATO UNO DEI GRANDI GIUSTI - Per Benedetto XVI, Pio XII ha fatto tutto il possibile per salvare gli ebrei. Naturalmente ci si pu sempre chiedere: Perchè non ha protestato in maniera più esplicita'? Credo che abbia capito quali sarebbero state le conseguenze di una protesta pubblica. Sappiamo che per questa situazione personalmente ha sofferto molto. Sapeva che in sè avrebbe dovuto parlare, ma la situazione glielo impediva.
Oggi, dice il Papa, persone più ragionevoli ammettono che Pio XII ha salvato molte vite ma sostengono che aveva idee antiquate sugli ebrei e che non era all'altezza del Concilio Vaticano II. Il problema tuttavia non è questo. L'importante è ci che ha fatto e ci che ha cercato di fare, e credo che bisogna veramente riconoscere che è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei.
LA DROGA DISTRUGGE IL FUTURO - Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un'idea adeguata. Distrugge i giovani, distrugge le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni.
Benedetto XVI racconta dei racconti di tanti vescovi, soprattutto dell'America Latina i quali riferiscono chelà dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga, e questo avviene in gran parte di quei paesi, è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano su quel paese per rovinare le persone.
Anche questo aspetto è una terribile responsabilità dell'Occidente: ha bisogno di droghe e cos crea paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c'è; e che poi si rifugia per cos dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l'uomo.
ONU: IMPORTANTE PASSO IN AVANTI - "Un passo significativo e positivo". Cosi' Michel Sidibe, direttore esecutivo dell'agenzia delle Nazioni Unite per la lotta alla diffusione dell'aids, Unaids, commenta le parole del Pontefice sul profilattico nel nuovo libro intervista di Peter Seewald, anticipate ieri dall'Osservatore romano.
''Questo passo avanti riconosce che un comportamento sessuale responsabile e l'uso dei profilattivi hanno un ruolo importante nella prevenzione dell'Hiv'', ha aggiunto Michel Sidibe, a nome delle Nazioni Unite.

giovedì 18 novembre 2010

Calamandrei sulla Scuola come organo centrale della democrazia

Cari colleghi, Noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università [...]. Siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica. Ed è anche un po' vero ed è stato detto stamane. Ma non è tutto qui, c'è qualche cosa di più alto. Questa nostra riunione non si deve immiserire in una polemica fra clericali ed anticlericali. Senza dire, poi, che si difende quello che abbiamo. Ora, siete proprio sicuri che in Italia noi abbiamo la scuola laica? Che si possa difendere la scuola laica come se ci fosse, dopo l'art. 7? Ma lasciamo fare, andiamo oltre. Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà [...]. La scuola, come la vedo io, è un organo "costituzionale". Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola "l'ordinamento dello Stato", sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l'organismo costituzionale e l'organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell'organismo umano hanno la funzione di creare il sangue [...].
La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società [...].
A questo deve servire la democrazia, permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità (applausi). Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.
Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una formula meno immaginosa. È l'art. 34, in cui è detto: "La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". Questo è l'articolo più importante della nostra Costituzione. Bisogna rendersi conto del valore politico e sociale di questo articolo. Seminarium rei pubblicae, dicevano i latini del matrimonio. Noi potremmo dirlo della scuola: seminarium rei pubblicae: la scuola elabora i migliori per la rinnovazione continua, quotidiana della classe dirigente. Ora, se questa è la funzione costituzionale della scuola nella nostra Repubblica, domandiamoci: com'è costruito questo strumento? Quali sono i suoi principi fondamentali? Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima (applausi). Vedete, noi dobbiamo prima di tutto mettere l'accento su quel comma dell'art. 33 della Costituzione che dice così: "La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Dunque, per questo comma [...] lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa. Lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali. Poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione [...].
Lo Stato non deve dire: io faccio una scuola come modello, poi il resto lo facciano gli altri. No, la scuola è aperta a tutti e se tutti vogliono frequentare la scuola di Stato, ci devono essere in tutti gli ordini di scuole, tante scuole ottime, corrispondenti ai principi posti dallo Stato, scuole pubbliche, che permettano di raccogliere tutti coloro che si rivolgono allo Stato per andare nelle sue scuole. La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell'art. 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l'espressione di un altro articolo della Costituzione: dell'art. 3: "Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali". E l'art. 151: "Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni [...].
Quando la scuola pubblica è così forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell'articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.
La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre: (1) che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre. (2) Che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione. Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c'erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l'espressione, "più ottime" le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione.
Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c'è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci).
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: (1) ve l'ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. (2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. (3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest'ultimo è il metodo più pericoloso. È la fase più pericolosa di tutta l'operazione [...]. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito [...].
Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell'art. 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: "Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato". Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, ad interpretazioni sofistiche [...]. Ma poi c'è un'altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la "frode alla legge", che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla [...]. E venuta così fuori l'idea dell'assegno familiare, dell'assegno familiare scolastico.
Il ministro dell'Istruzione al Congresso Internazionale degli Istituti Familiari, disse: la scuola privata deve servire a "stimolare" al massimo le spese non statali per l'insegnamento, ma non bisogna escludere che anche lo Stato dia sussidi alle scuole private. Però aggiunse: pensate, se un padre vuol mandare il suo figliolo alla scuola privata, bisogna che paghi tasse. E questo padre è un cittadino che ha già pagato come contribuente la sua tassa per partecipare alla spesa che lo Stato eroga per le scuole pubbliche. Dunque questo povero padre deve pagare due volte la tassa. Allora a questo benemerito cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, per sollevarlo da questo doppio onere, si dà un assegno familiare. Chi vuol mandare un suo figlio alla scuola privata, si rivolge quindi allo Stato ed ha un sussidio, un assegno [...].
Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? È un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica. Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini, hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l'arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l'arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! [...]. Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito [...].
Poi, nella riforma, c'è la questione della parità. L'art. 33 della Costituzione nel comma che si riferisce alla parità, dice: "La legge, nel fissare diritti ed obblighi della scuola non statale, che chiede la parità, deve assicurare ad essa piena libertà, un trattamento equipollente a quello delle scuole statali" [...]. Parità, sì, ma bisogna ricordarsi che prima di tutto, prima di concedere la parità, lo Stato, lo dice lo stesso art. 33, deve fissare i diritti e gli obblighi della scuola a cui concede questa parità, e ricordare che per un altro comma dello stesso articolo, lo Stato ha il compito di dettare le norme generali sulla istruzione. Quindi questa parità non può significare rinuncia a garantire, a controllare la serietà degli studi, i programmi, i titoli degli insegnanti, la serietà delle prove. Bisogna insomma evitare questo nauseante sistema, questo ripugnante sistema che è il favorire nelle scuole la concorrenza al ribasso: che lo Stato favorisca non solo la concorrenza della scuola privata con la scuola pubblica ma che lo Stato favorisca questa concorrenza favorendo la scuola dove si insegna peggio, con un vero e proprio incoraggiamento ufficiale alla bestialità [...].
Però questa riforma mi dà l'impressione di quelle figure che erano di moda quando ero ragazzo. In quelle figure si vedevano foreste, alberi, stagni, monti, tutto un groviglio di tralci e di uccelli e di tante altre belle cose e poi sotto c'era scritto: trovate il cacciatore. Allora, a furia di cercare, in un angolino, si trovava il cacciatore con il fucile spianato. Anche nella riforma c'è il cacciatore con il fucile spianato. la scuola privata che si vuole trasformare in scuola privilegiata. Questo è il punto che conta. Tutto il resto, cifre astronomiche di miliardi, avverrà nell'avvenire lontano, ma la scuola privata, se non state attenti, sarà realtà davvero domani. La scuola privata si trasforma in scuola privilegiata e da qui comincia la scuola totalitaria, la trasformazione da scuola democratica in scuola di partito.
E poi c'è un altro pericolo forse anche più grave. È il pericolo del disfacimento morale della scuola. Questo senso di sfiducia, di cinismo, più che di scetticismo che si va diffondendo nella scuola, specialmente tra i giovani, è molto significativo. È il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l'onestà, la puntualità. Queste idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione. E che la scuola sia una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali. Si va diffondendo l'idea che tutto questo è superato, che non vale più. Oggi valgono appoggi, raccomandazioni, tessere di un partito o di una parrocchia. La religione che è in sé una cosa seria, forse la cosa più seria, perché la cosa più seria della vita è la morte, diventa uno spregevole pretesto per fare i propri affari. Questo è il pericolo: disfacimento morale della scuola. Non è la scuola dei preti che ci spaventa, perché cento anni fa c'erano scuole di preti in cui si sapeva insegnare il latino e l'italiano e da cui uscirono uomini come Giosuè Carducci. Quello che soprattutto spaventa sono i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni. Questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, ed ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime.
E c'è un altro pericolo: di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole e dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto. È accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio. Una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi. E tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d'Italia. Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell'avvenire. Siamo fedeli alla Resistenza. Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

domenica 14 novembre 2010

Consiglio Comunale PSC (12/11/10) - Tonini Eros

Intervento in Consiglio Comunale del Consigliere del PSI Tonini Eros

Noi Socialisti andiamo sostenendo da quasi un anno a questa parte, in tutte le sedi che non accettare le riserve della Provincia, sarebbe stata la strada sbagliata, perché avrebbe creato un precedente per la Provincia difficilmente gestibile nel rapporto con gli altri comuni e poi non si poteva andare contro il piano urbanistico di un ente sovraordinato.
Vogliamo ripercorrere ancora una volta questa vicenda per punti:
1) Sui tavoli di maggioranza ci veniva raccontato che le riserve della provincia non erano pertinenti, che i tecnici provinciali erano degli incompetenti e conseguentemente si erano sbagliati, ma ci garantivano che con le
controdeduzioni “concordate” avrebbero aggiustato il tutto.
2) Abbiamo insistito tante volte, fino ad arrivare a litigare, confortati dal fatto che i nostri consulenti urbanisti confermavano la fondatezza delle riserve provinciali. Abbiamo provato a suggerire quale sarebbe stata la soluzione migliore per recepire le riserve della Provincia senza disattendere nello stesso tempo le aspettative dei proprietari delle aree interessatei, ma è stato tutto inutile.
3) Al momento del voto, ci siamo astenuti o votato contro quelle parti per noi inaccettabili (previsioni insediative eccessive in ambiti di tutela ambientale e un dimensionamento troppo elevato) mentre sull’impianto complessivo del PSC abbiamo votato a favore per dare uno strumento moderno alla nostra città nella trasparenza e nel rispetto delle leggi, questo si doveva a coloro che dai comodi banchi dell’opposizione, ma non solo, ci hanno accusato di incoerenza e di sudditanza.
4) Paradossale la situazione nell’ambito AN.C4 San Martino dei Mulini (riserva n°57), nel testo definitivo della delibera portato in aula, non solo non si sono recepite le riserve della provincia tendenti a ridimensionare, ma in maniera sfrontata si è aumentata la Superficie Territoriale da 69.000 mq a 90.300 mq con una potenziale nuova urbanizzazione passante da 20.000 a 30.000 mq. il che equivale a passare dai previsti 83 appartamenti ai 120 circa (aumento del 50%) il tutto senza neppure modificare le cartografie relative. Riteniamo un atto gravissimo, perché sui tavoli di maggioranza non si era mai parlato di aumenti su questa area, bensì di riduzione. E’ stato portato di sottobanco anche ai consiglieri del PD ed è stato da noi scoperto a consiglio comunale terminato.
Successivamente abbiamo in più occasioni chiesto chiarimenti ai quali abbiamo ricevuto come risposta un silenzio assordante. Su questo grave atto arbitrario qualcuno dovrà pur darci delle spiegazioni, perché noi ad ogni occasione ne chiederemo conto finchè non avremo avuto risposte esaustive.
5) Come merita risposta l’ambito AN.C6 di Casale di San Vito; l’art 7 della LR 20/2000 sulla perequazione urbanistica cita: ”La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali”; è strano ma in questo ambito non è prevista perequazione creando gravi problematiche di dotazioni pubbliche e soprattutto il non rispetto della Legge Regionale. E qui
merita soffermarsi un attimo: come si fa a inserire un nuovo ambito residenziale a ridosso di una nuova zona produttiva, quando con il PSC si va a premiare coloro che trasferiscono le attività produttive fuori dalle zone residenziali mentre qui si fa il contrario!!
6) Solo dal comunicato stampa della Provincia del 13/10/2010 siamo venuti a conoscenza che quanto “concordato” e poi approvato non era stato accettato, mentre alcuni esponenti del PD, il Sindaco e l’Assessore all’Urbanistica erano a conoscenza di tutto ciò dalla fine di agosto (come ammesso durante gli incontri delle Segreterie). Due mesi nei quali tutto è stato fatto passare sotto silenzio. Bel modo di rapportarsi con un alleato di maggioranza.
Sottolineiamo come nemmeno la Giunta era stata informata della situazione a partire della lettera che il Presidente della Provincia Vitali ha inviato in data 8 ottobre 2010 al Sindaco Morri.
7) Poi si è tentato di far passare un atto di indirizzo politico amministrativoovvero un “patto tra galantuomini”, (frase estrapolata dal comunicato stampa) in occasione della riunione del 22/10/2010 che subito abbiamo battezzato come una pezza mal riuscita.
8) Il nostro partito e il suo gruppo consigliare inviavano il 26/10/2010 una comunicazione al Sindaco e ai partiti di maggioranza che sintetizziamo in questo modo “il direttivo del partito, dopo ampia discussione, è giunto alla conclusione che questa proposta non colga appieno la richiesta della Provincia ed oltretutto sia una pezza mal riuscita ad uno strumento basilare dell’amministrazione comunale di Santarcangelo. Ribadiamo che il PSI di Santarcangelo e il suo gruppo consigliare non sono disponibili ad accettare soluzioni che non siano contemplate dalle Leggi Regionali dell’Emilia Romagna, dai deliberati della Provincia di Rimini e soprattutto dal PTCP provinciale, confermando sin da ora il voto contrario in Consiglio Comunale se sarà adottata una soluzione che vada in tal senso.”
9) La nostra ferma e decisa posizione ha determinato nel PD e nel suo gruppo consiliare la perdita delle certezze, dove la fiducia nelle parole e nelle promesse era venuta meno.
10) Il 28/10/2010, riuniti attorno al tavolo di maggioranza, veniamo informati dal Sindaco che era sua intenzione apportare una variante al PSC e ne chiedeva la condivisione non senza presentarsi come l’artefice solitario di questa soluzione facendo appello in maniera irresponsabile e populistica ai cittadini in contrapposizione alle presunte beghe dei partiti compresi quelli sotto i cui simboli è stato eletto poco più di un anno fa.
11) In quella riunione abbiamo chiesto, come anticipato dalla nostra comunicazione del 26/10/2010, di avere a disposizione copia di tutti i carteggi intercorsi fra i due enti e conoscere quali erano le aree interessate alla variante, ma ci è stato risposto in maniera evasiva.
12) E’ mai possibile che solo ieri (11 novembre) dobbiamo venire a conoscenza dalla stampa di quello che chiedevamo da settimane ? Vi sembra logico tutto questo ?

Noi Socialisti non permetteremo nel frattempo che si giochi a nascondino su un problema così delicato in barba agli alleati e ai consiglieri comunali sia di maggioranza che di opposizione e che la variante si riduca a un pasticcio per salvare capra e cavoli.
Noi Socialisti che avevamo già da un anno indicato a più riprese la “strada maestra”, siamo consapevoli di avere ricevuto mandato a governare con questa maggioranza, ma non a tutti i costi.
Non si può fare finta di niente perché è successo qualcosa di grave nell’approvazione del PSC di Santarcangelo, noi Socialisti, siamo convinti più che mai, che il rilancio di questa coalizione di centro-sinistra e un nuovo modo di governare nella trasparenza e nella condivisione dei problemi e degli obiettivi, passi dal PSC e dal modo di fare Urbanistica.
Occorre avere coraggio perché amministrare in buona fede a volta comporta di incappare in errori ed è bene riconoscerli, ma occorre anche avere la capacità di affrontarli e capire di che gravità ed entità essi siano stati.

In una coalizione politica che vuole amministrare democraticamente un ente, si devono mettere in atto tutti gli strumenti partecipativi e di condivisione delle scelte ed informare tempestivamente gli alleati.
Non si può lasciare al soggetto o ai soggetti che hanno portato in errore atti deliberativi, il compito di rimettere a posto le cose a loro discrezione, ma devono essere coinvolti in primis coloro che avevano indicato, inascoltati, la strada maestra.
Rivolgiamo un appello al Sindaco e soprattutto ai consiglieri comunali del PD perché è giunto il momento di mettersi alle spalle la vecchia politica fondata sul mattone. Occorre una ventata di aria nuova, non restiamo ostaggio del vecchio modo di fare politica urbanistica, mandiamo un segnale forte aicittadini di Santarcangelo.
Lasciamo perdere le lottizzazioni fonte di speculazione e consumo del territorio, diamo seguito ad un edilizia più alla portata di tutti, a difesa del piccolo proprietario che possa ampliare la propria casa per dare un tetto ai propri familiari, incentiviamo una edilizia eco compatibile e il recupero di edifici non agibili e il riuso degli edifici esistenti rinnovando in questo modo il tessuto urbano, sollecitiamo interventi di edilizia popolare e convenzionata per dare un appartamento ai giovani e ai più bisognosi.
Seguire queste indicazioni, significa dare attuazione al programma elettorale sottoscritto dal centro sinistra e dove la maggioranza dei Santarcangiolesi si è riconosciuta. Non deludiamoli perché non ci concederanno un’altra prova diappello.

Per questo riteniamo urgente e non più rinviabile un chiarimento secondo queste
direttrici:
1) fare emergere e analizzare le eventuali responsabilità nella gestione del PSC.
2) conoscere tutti i documenti intercorsi fra Provincia e Comune sul PSC.
3) condivisione di tutti gli approfondimenti in atto con la Provincia.
4) condivisione passo a passo di tutte le fasi di costruzione della variante al PSC.

Per noi Socialisti rappresentati in Giunta ed in Consiglio Comunale, essere chiamati solamente a votare senza avere contribuito a definire il percorso di un atto amministrativo tanto rilevante, significa un grave affronto politico.
Non dando seguito alla nostra richiesta (ancora una volta!!), equivale rifiutare la mediazione in una situazione alquanto spinosa e divenuta oltremodo intollerabile, per questo saremo costretti, nostro malgrado, a ritenerci svincolati, da ogni disciplina di maggioranza.
Facciamo appello al vostro senso di responsabilità per non essere costretti ad arrivare a questo.



Tonini Eros

giovedì 11 novembre 2010

Una nuova Resistenza !!!

"I provvedimenti di questo governo dimostrano la volontà di operare "contro" la fascia più bisognosa della popolazione per favorire se stesso e quella già opulenta che ruota intorno al liberismo del cavaliere.

Non rispondono delle truffe perpetrate con i falsi in bilancio, evadono il fisco, sfruttano il lavoro incrementando le "morti bianche" che lo stesso cavaliere identifica come fatalità, mentre lo stesso premier si occupa prioritariamente delle leggi che dovrebbero salvaguardarlo dal subire le condanne che i suoi reati meritano.

Dall'altra parte c'è la grande massa dei lavoratori, degli operai, dei dipendenti a reddito fisso, minacciati di licenziamento, e costretti a lavorare in uno stato di sotto-occupazione.
Abbiamo ascoltato l'invito/ricatto del capo di questo governo: dovete consumare, altrimenti impoverite i ricchi e perderete il posto di lavoro.

Nasce da qui la sola alternativa difensiva che rimane al popolo dei maltrattati: una nuova Resistenza. Ma con le sole armi di cui si dispone: il dissenso.

Vogliono che si consumi il più possibile, anche indebitandoci ? Allora risparmiamo, evitiamo il superfluo e rispettiamo il necessario, prima che ci manchi l'indispensabile.

Evitiamo le spese nei supermercati, tranne che per gli acquisti delle offerte, senza cadere nella trappola dell'apparenza. Compriamo dai produttori il più possibile, ne guadagneremo in qualità e in economia.

Quei carrelli strapieni di futilità, di prodotti inutili e spesso dannosi, devono diventare l'incubo del passato; siamo diventati i raccoglitori dei rifiuti, con formaggi riciclati dopo la scadenza e salumi con vermi, rigenerati.

I produttori che aspirano a sfruttare i consumatori devono arrendersi alla deflazione per mancanza di commercializzazione.

I consumatori devono riprendere l'abitudine di consumare ciò che serve, scegliendo i prodotti della propria regione, diminuendo, tra l'altro, l'addizionale sui prodotti stessi che gravano a causa dei trasporti. La maggior parte dei polli provengono dal Nord-Est d'Italia; si tratta di animali gonfiati con vitamine, antibiotici, integratori, il tutto a discapito della qualità quando non dannosi.

Anche le acque minerali viaggiano con costi e disagi enormi per la viabilità e l'inquinamento che causano i mezzi su ruote, mentre le acque regionali vengono snobbate in obbedienza alla carica ossessiva della pubblicità.

Resistenza... per resistere al fascino dell'informazione suadente, per non cadere nella trappola della moda o delle abitudini che vengono proiettate come status di vita.

Disporre di venti case, e vantarsene non può diventare il sogno segreto dell'italiano medio, deve rimanere per ciò che è in realtà: una spacconata degna di un parvenu che affida al possesso e all'opulenza la sua dimensione umana, sociale, politica, imprenditoriale, non disponendo di altri argomenti più credibili".

Rosario Amico Roxas

lunedì 8 novembre 2010

Calamandrei e Costituzione - 2

Il discorso precedente continua così:

"Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Quando io leggo nell’art. 2, ”l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle alte patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate,”l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani. Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti. Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro a ogni articolo di questa costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione".

Piero Calamandrei - Discorso sulla Costituzione (1955)

Discorso di  Piero Calamandrei
"Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro, perché sentano che nel difendere, nello sviluppare la Costituzione, continua, sia pure in forme diverse, quella Resistenza per la quale i loro fratelli maggiori esposero, e molti persero, la vita.
Uno dei miracoli del periodo della Resistenza fu la concordia fra partiti diversi, dai liberali ai comunisti, su un programma comune. Era un programma di battaglia: Via i fascisti! Via i tedeschi!
Questo programma fu adempiuto. Ma il programma comune di pace, fu fatto in un momento successivo. E fu la Costituzione.
La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico. La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare.
La nostra Costituzione, lo riconoscono anche i socialisti, non è una Costituzione che ponga per meta all’Italia la trasformazione della società socialista. La Costituzione è nata da un compromesso fra diverse ideologie. Vi ha contribuito l’ispirazione mazziniana, vi ha contribuito il marxismo, vi ha contribuito il solidarismo cristiano. Questi vari partiti sono riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune che si sono impegnati a realizzare. La parte più viva, più vitale, più piena d’avvenire, della Costituzione, non è costituita da quella struttura d’organi costituzionali che ci sono e potrebbero essere anche diversi: la parte vera e vitale della Costituzione è quella che si può chiamare programmatica, quella che pone delle mete che si debbono gradualmente raggiungere e per il raggiungimento delle quali vale anche oggi, e più varrà in avvenire, l’impegno delle nuove generazioni.
Nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti. Esso dice: "E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando di fatta la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese".
"E’ compito… di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana"! Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità d’uomini.
Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà veramente affermare che la formula contenuta nell’articolo 1: "L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro", corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messi a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società. E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte: in parte è ancora un programma, un impegno, un lavoro da compiere.
Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!
E’ stato detto giustamente che le Costituzioni sono delle polemiche, che negli articoli delle Costituzioni c’è sempre, anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica di solito è una polemica contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà che oggi sono elencate e riaffermate solennemente erano sistematicamente disconosciute. Ed è naturale che negli articoli della Costituzione ci siano ancora echi di questo risentimento e ci sia una polemica contro il regime caduto e l’impegno di non far risorgere questo regime, di non far ripetere e permettere ancora quegli stessi oltraggi. Per questo nella nostra Costituzione ci sono diverse norme che parlano espressamente, vietandone la ricostituzione, del partito fascista. Ma nella nostra Costituzione c’è qualcosa di più, questo soprattutto i giovani devono comprendere.
Ma c’è una parte della Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché quando l’articolo vi dice: "E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana", riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.
Ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria perché nel linguaggio comune, s’intende qualche cosa che sovverte violentemente. Ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che anche quando ci sono le libertà giuridiche e politiche, esse siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dall’impossibilità per molti cittadini d’essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica potrebbe anch’essa contribuire al progresso della società.
Quindi polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.
Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani. E’ un po’ una malattia dei giovani, l’indifferentismo. "La politica è una brutta cosa". "Che me ne importa della politica".
Quando sento pronunciare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due migranti, due contadini che attraversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime. Il piroscafo oscillava e allora quando il contadino, impaurito, domanda ad un marinaio: "Ma siamo in pericolo?"e quello dice: "Se continua questo mare, fra mezz’ora il bastimento affonda" Allora lui corre nella stiva, va a svegliare il compagno e grida:"Beppe, Beppe, Beppe!  Se continua questo mare, fra mezz’ora il bastimento affonda!". E quello: "Che me ne importa, non è mica mio!".
Questo è l’indifferentismo alla politica: è così bello, è così comodo, la libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi di politica. Lo so anch’io. Il mondo è bello, vi sono tante belle cose da vedere e godere oltre che occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa.
Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso d’asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso d’angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso d’angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica.
La Costituzione, vedete, è l’affermazione, scritta in questi articoli che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune: ché, se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento.
E’ la carta della propria libertà, la carta, per ciascuno di noi, della propria dignità d’uomo.
Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946. Questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, per la prima volta andò a votare, dopo un periodo d’orrori, di caos, la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi.
Io ero, ricordo, a Firenze. Lo stesso è capitato qui: queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta, lieta perché aveva la sensazione di aver ritrovato la propria dignità: questo dare il voto, questo portare la propria opinione, per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi della nostre sorti, delle sorti del nostro paese.
Quindi voi, giovani, alla Costituzione dovette dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendervi conto, rendervi conto, che ognuno di noi non è solo, non è solo; che siamo in più, che siamo parte anche di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo.
Ora, vedete, io non ho altro da dirvi: in questa Costituzione di cui sentirete fare il commento nelle prossime conferenze c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie; essi sono tutti sfociati qui in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli si sentono delle voci lontane" 

sabato 6 novembre 2010

Risposte sul PSC


Comunicato stampa del 05.11.2010                                                                                             
In questi giorni abbiamo letto i comunicati stampa del Sindaco Mauro Morri e del segretario comunale del PD di Santarcangelo Filippo Sacchetti.
Non ci è sfuggito il tentativo, di fronte l’opinione pubblica, di rifarsi una verginità invocando la strada maestra nell’interesse dei cittadini.
Forse si dimenticano o non vogliono ammettere (ma i consiglieri di maggioranza ne sono testimoni), ciò che noi Socialisti andiamo sostenendo da un anno a questa parte in tutte le sedi  e cioè che non accettare le riserve della Provincia sarebbe stata la strada sbagliata, perché avrebbe creato un precedente per la Provincia difficilmente gestibile nel rapporto con gli altri comuni e poi non si poteva andare contro il piano territoriale di un ente sovraordinato.
Vogliamo ripercorrere ancora una volta questa vicenda per punti:
1)     Sui tavoli di maggioranza ci veniva raccontato che le riserve della provincia non erano pertinenti, che i tecnici provinciali erano degli incompetenti e conseguentemente si erano sbagliati, ma ci garantivano che con le controdeduzioni “concordate” avrebbero aggiustato il tutto.
2)     Abbiamo insistito tante volte, tanto da arrivare a litigare, che era impossibile ci fosse un errore, perché anche i nostri consulenti in materia urbanistica confermavano la fondatezza delle riserve provinciali.
3)     Al momento del voto, ci siamo astenuti o votato contro quelle parti per noi inaccettabili mentre sull’impianto complessivo del PSC abbiamo votato a favore per dare uno strumento moderno alla nostra città nella trasparenza e nel rispetto delle regole e delle leggi (per chi volesse fare esercizio mentale ciò è ben facile da ricordare; per gli altri le dichiarazioni sono agli atti).
4)    Solo dal comunicato stampa della Provincia del 13/10/2010 siamo venuti a conoscenza che quanto “concordato” e poi approvato non era stato accettato, mentre alcuni esponenti del PD, il Sindaco e l’Assessore all’Urbanistica erano a conoscenza di tutto ciò dal mese di agosto (come ammesso durante gli incontri delle Segreterie). Due mesi nei quali tutto è stato fatto passare sotto silenzio.  Bel modo di rapportarsi con un alleato di maggioranza. Sottolineiamo come nemmeno la Giunta era stata informata della situazione.
5)     Poi si è tentato di propinarci un atto di indirizzo politico amministrativo ovvero un “patto tra galantuomini”, (frase estrapolata dal comunicato stampa) in occasione della riunione del 22/10/2010 che subito abbiamo battezzato come una pezza mal riuscita.
6)     Nonostante qualche pressione più o meno velata, il nostro partito e il suo gruppo consigliare inviavano il 26/10/2010 una comunicazione al Sindaco e ai partiti di maggioranza che sintetizziamo in questo modo “il direttivo del partito, dopo ampia discussione, è giunto alla conclusione che questa proposta non colga appieno la richiesta della Provincia ed oltretutto sia una pezza mal riuscita ad uno strumento basilare dell’amministrazione comunale di Santarcangelo. Ribadiamo che il PSI di Santarcangelo e il suo gruppo consigliare non sono disponibili ad accettare soluzioni che non siano contemplate dalle Leggi Regionali dell’Emilia Romagna, dai deliberati della Provincia di Rimini e soprattutto dal PTCP provinciale, confermando sin da ora il voto contrario in Consiglio Comunale se sarà adottata una soluzione che vada in tal senso.
7)    La nostra ferma e decisa posizione ha determinato nel PD e nel suo gruppo consiliare la perdita delle certezze, dove la fiducia nelle parole e nelle promesse era venuta meno.
8)     Il 28/10/2010 alle ore 18,00, poche ore prima della riunione di maggioranza, veniamo informati di un comunicato stampa del Sindaco dove nel contenuto risultava evidente la resa. Alle ore 21,00 riuniti attorno al tavolo di maggioranza, veniamo informati dal Sindaco che era sua intenzione apportare una variante al PSC e ne chiedeva la condivisione non senza presentarsi come l’artefice solitario di questa soluzione facendo appello in maniera irresponsabile e populistica ai cittadini in contrapposizione alle presunte beghe dei partiti compresi quelli sotto i cui simboli è stato eletto poco più di un anno fa.
9)     In quella riunione abbiamo chiesto, come anticipato dalla nostra comunicazione del 26/10/2010, di avere a disposizione copia di tutti i carteggi intercorsi fra i due enti e conoscere quali erano le aree interessate alla variante, ma ci è stato risposto in maniera evasiva.
Noi Socialisti non permetteremo nel frattempo che si giochi a nascondino su di un problema così delicato in barba agli alleati e ai consiglieri comunali sia di maggioranza che di opposizione e che la variante si riduca a un pasticcio o a un compromesso per salvare capra e cavoli.
Noi Socialisti che avevamo già da un anno indicato a più riprese la “strada maestra”, siamo consapevoli di avere ricevuto mandato a governare con questa maggioranza, ma non a tutti i costi.
Nel frattempo ci mettiamo a disposizione di tutti per un percorso trasparente e partecipato di tutti gli strumenti urbanistici che si andranno ad approvare, perché questa materia non rimanga in mano ai pochi, come è sempre stato in questi anni.

Il seg. del PSI di Santarcangelo                                     il consigliere comunale del PSI
    Fiorenzo Faini                                                                          Eros Tonini