lunedì 14 novembre 2011
I "Maestri del pensiero democratico" censurano il riformismo socialista
L’iniziativadella Rcs di diffondere attraverso il “Corriere della Sera” quindici testi“classici” della cultura politica di laici e cattolici come “I maestri delpensiero democratico” nella storia d’Italia presenta aspetti positivi enegativi.
Quellipositivi sono largamente prevalenti. Si tratta infatti di un’opera non solomeritevole, ma anche editorialmente coraggiosa in quanto rivolgendosi a unvasto pubblico”popolare” propone testi “impopolari” cercando di far conoscere autori che sono statispesso negletti, sottovalutati se non cancellati.
E’una concreta e meritevole reazione da un lato al qualunquismo dell’antipoliticache vede nei protagonisti della lotta politica italiana solo opportunisti einconcludenti e dall’altro al prevalere nella accademia della storiacontemporanea dell’attenzione dedicata alla storia del comunismo edell’estremismo italiano di sinistra.
E’quindi nel quadro del riconoscimento del valore e dell’augurio del successodell’iniziativa che si lamenta una omissione e cioè l’esclusione da talepanorama storico della cultura politica laica del socialismo autonomista,riformista e liberalsocialista.
Trai “padri” del pensiero e dell’azione di democrazia laica sono infatti propostidalla Rcs Benedetto Croce e Luigi Einaudi, Giovanni Amendola e Piero Gobettiseguiti da Gaetano Salvemini, Guido Calogero e Norberto Bobbio. I leaderspolitici rappresentativi del pensiero e della azione laica della Italiarepubblicana sono: il leader repubblicano Ugo La Malfa e – unico dirigentesocialista - il leader del sindacalismo estremista (alla sinistra del Pci) Vittorio Foa. Per la parte cattolicaabbiamo Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Giuseppe Dossetti e AugustoDel Noce. E cioè: Foa unico leader socialista come “maestro del pensiero democratico”rappresenta una forzatura ed una discriminazione abbastanza indifendibile.
Gliinterrogativi che sorgono in sostanza sono due. Il primo riguardal’estromissione di figure come Filippo Turati e Carlo Rosselli. Il secondoriguarda il fatto che lo sviluppo del pensiero e soprattutto dell’azione digoverno di parte cattolica sembra a questo punto un monologo. Da un lato emergequindi una sottovalutazione del ruolo del riformismo socialista e dall’altra larappresentazione di una storia d’Italia con scarso dialogo tra laici ecattolici nella costruzione della democrazia repubblicana.
Certamenteva riconosciuto il valore della riproposta dei testi di Calogero e Salveminiche sono stati protagonisti della cultura laico-socialista e ad essi si deve infattiuna forte impronta autonomista e coerentemente di denuncia e di elaborazionealternativa nei confronti del comunismo sovietico e italiano. Ma l’escluso FilippoTurati non solo fu con Sturzo e Amendola il terzo “padre fondatore” dell’unitàantifascista (mentre dall’ottobre del ’24 al novembre del ’26 i comunisti diGramsci e Togliatti sedevano diligentemente in Parlamento ascoltando Mussolinisenza aprir bocca persino il 3 gennaio 1925). Soprattutto Turati è stato il principale animatore della “questionesociale” nello stato unitario secondo una dimensione europea dando vita aquello che è, insieme all’associazionismo sindacale e cooperativo, uno deiprincipali e più attuali lasciti del socialismo riformista e cioè lo sviluppodel giuslavorismo. Tutto il giuslavorismo laico ha le sue basi in Turati.
Nonc’è stato solo Ugo La Malfa ad essere “uomo di governo” nell’Italia laica erepubblicana. Se De Gasperi e poi Moro hanno potuto esercitare un ruolo di protagonistiessi lo svolsero non in modo integralistico (come invece si caratterizzarono nellacultura politica cattolica sia - sulla sinistra - Dossetti sia - sulla destra -Del Noce). I due capi di governo democristiani ebbero come alleati edinterlocutori principali Giuseppe Saragat e Pietro Nenni. L’apporto teorico diSaragat sin dagli anni trenta fu rilevante e autorevole anche in campo europeoed entrambi i leader del socialismo autonomista e di governo non furono figuredi secondo piano nel panorama laicosul piano storico, culturale e politico.
Sidirebbe in conclusione che nel panorama laico – stando a questo pianodell’opera “laici e cattolici” - il socialismo non abbia avuto alcuna dignitàculturale né rilevanza politica.
Certamente,comunque, queste osservazioni critiche non perdono di vista il valore complessivodell’iniziativa e dell’importanza di far maggiormente conoscere i testi sceltia un grande pubblico in modo particolare nell’attuale momento di crisi cheattraversa il Paese. Per il resto, come è noto, chi paga l’orchestra, decide la musica.
Ugo Finetti
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