di Stefania Piras
Le case popolari? Prima ai residenti. Ha già il sapore di una svolta storica, la delibera votata dalla giunta regionale dell’Emilia Romagna che grazie a un emendamento del Pd cambia, dopo tanti anni, il regolamento per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Cosa cambia? Il richiedente dovrà avere «residenza anagrafica o attività lavorativa stabile nell’ambito territoriale regionale da almeno 3 anni». La Lega Nord aveva proposto un limite di 10 anni ma si è accontentata dei 3 proposti e ha pure festeggiato perché, secondo il capogruppo del Carroccio Alan Fabbri, finalmente si comincia a riconoscere una corsia preferenziale che premia gli autoctoni e perciò ha parlato di caduta di un muro, di un tabù storico della sinistra.
E infatti, basta vedere la reazione di Sel che attraverso un suo consigliere, Igor Taruffi, non giudica positivamente la discriminante della “residenza lunga”. "Sarebbe preferibile che fossero i Comuni a disporre i criteri di premialità” ha dichiarato Taruffi.
Per Elisabetta Gualmini, la vicepresidente della giunta con delega al welfare e alle politiche abitative, è “fondamentale tenere conto di un periodo minimo di radicamento nella comunità” per il diritto alla casa. "Noi non abbiamo paura di cambiare – ha detto Gualmini- se il cambiamento è ragionevole e del tutto in linea con le riforme delle altre regioni e di quelle governate dal Pd”.
Cosa cambia? Il richiedente dovrà avere «residenza anagrafica o attività lavorativa stabile nell’ambito territoriale regionale da almeno 3 anni». La Lega Nord aveva proposto un limite di 10 anni ma si è accontentata dei 3 proposti e ha pure festeggiato perché, secondo il capogruppo del Carroccio Alan Fabbri, finalmente si comincia a riconoscere una corsia preferenziale che premia gli autoctoni e perciò ha parlato di caduta di un muro, di un tabù storico della sinistra.
E infatti, basta vedere la reazione di Sel che attraverso un suo consigliere, Igor Taruffi, non giudica positivamente la discriminante della “residenza lunga”. "Sarebbe preferibile che fossero i Comuni a disporre i criteri di premialità” ha dichiarato Taruffi.
Per Elisabetta Gualmini, la vicepresidente della giunta con delega al welfare e alle politiche abitative, è “fondamentale tenere conto di un periodo minimo di radicamento nella comunità” per il diritto alla casa. "Noi non abbiamo paura di cambiare – ha detto Gualmini- se il cambiamento è ragionevole e del tutto in linea con le riforme delle altre regioni e di quelle governate dal Pd”.
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