Le libertà di oggi nate dalle lotte del riformismo
Il 21 gennaio 1921 il delirio della “barbarie russa” giunse a produrre i suoi effetti infelici anche in Italia: così venne definito dalla nostra Ernesta Bittanti Battisti quel complesso di azioni che dalla “rivoluzione d’ottobre” portarono alla costituzione del Partito Comunista d’Italia, a seguito di una scissione dal Partito Socialista. Fu la risposta all’ordine di Mosca che nell’agosto 1920 aveva disposto che il Psi doveva mutare nome in “Partito Comunista”, espellendo tutti i riformisti, la componente democratico-legalitaria del partito.
L’ingiunzione fu pubblicata su “L’Ordine Nuovo” di Antonio Gramsci: al congresso del Psi di Livorno non ottenne la maggioranza, per cui la frazione comunista abbandonò l’assise e si costituì appunto in partito.
Tra i fondatori comunisti si distinse il giovane Umberto Terracini, che ebbe un duro confronto con Filippo Turati, il leader riformista più contestato dai comunisti. Se si leggono le cronache di 90 anni orsono c’è da trasecolare e niente di valido – assolutamente – resta dei pronunciamenti dei comunisti italiani d’allora: tanto che Terracini – che nel secondo dopoguerra fu un autorevole parlamentare del Pci – prima di morire ammise sinceramente che “Turati aveva ragione”. Quali ragioni? A noi oggi paiono scontate, ma vale la pena rammentarle rimeditando gli scritti di Turati (v. “Le vie maestre del socialismo”, Cappelli ed., Bologna 1921) perché insegnano che le libertà di oggi non sono cadute casualmente dal cielo, ma spesso sono il frutto delle battaglie anti-totalitarie e riformiste di ieri, un riformismo che potrebbe avere dunque la paternità morale e d’ispirazione del movimento progressista italiano del XXI secolo.
Una prima ragione riguarda il rifiuto della “coercizione del pensiero”: per Turati va difesa la libertà di parola e d’azione dentro e fuori il partito e non si possono accettare diktat dall’alto, né il partito può trasformarsi in uno strumento “per manovrare le masse”.
Una seconda ragione consiste nell’opposizione alla “dittatura” della burocrazia di partito e di Stato: questa è una dittatura di minoranza, non del proletariato, è quindi dispotismo. “La maggioranza – non ha bisogno di dittature, è la sovranità legittima”.
La terza fondamentale ragione è il rifiuto della violenza. Per Turati “la violenza è propria del capitalismo, non può essere del socialismo. E’ propria delle minoranze che intendono imporsi e schiacciare la maggioranza, non già delle maggioranze che possono, con le armi intellettuali e coi mezzi normali di lotta imporsi per legittimo diritto”. Troveremo poi nella storia una altissima analogia nell’opera somma di Gandhi: per questi “il socialismo è irraggiungibile con la violenza: solo la non-violenza può condurre ad un vero socialismo”.
Organizzazione settaria e centralizzata del partito, predicazione della dittatura e della violenza: su queste basi nasceva anche in Italia il Partito Comunista. Non poteva restare nulla di buono e d’esempio per il futuro. Meritano invece ancora rispetto e sono ancora feconde le parole di Turati per il quale il vero socialismo è quello che tesse la sua tela ogni giorno, che non fa sperare miracoli, che crea coscienze, sindacati, cooperative, conquista leggi sociali utili al proletariato, sviluppa la cultura popolare – senza la quale la demagogia avrà sempre il sopravvento – conquista i comuni e il Parlamento, e che lentamente ma sicuramente crea la maturità degli animi e delle cose, prepara lo Stato di domani e gli uomini capaci di guidarlo.
Turati venne ingiuriato dai comunisti d’allora come “social-traditore”: la sua vita e le sue parole dimostrano invece che resta per tutti i democratici di ieri e del futuro un padre profetico.
Per ironia della sorte, i comunisti faranno cose buone quando metteranno in un angolo le direttive d’origine e seguiranno le vie proposte dal riformismo di Turati, il social-traditore di una volta. Ma le tare originarie, i retropensieri che continueranno a fluire da tali fonti (Pietro Nenni spiegherà che “il fiume risponde sempre alla sorgente”), impediranno a lungo alla sinistra condizionata da un tale partito di diventare una grande, credibile e coerente forza di governo, come invece è avvenuto negli altri Paesi europei a guida socialdemocratica e laburista.
Nicola Zoller
Nessun commento:
Posta un commento