SCUOLA: UNA RIFORMA DA RIFORMARE.
E' SBAGLIATO APPLICARE DETRAZIONI AGLI
ALUNNI DI PARITARIE E PRIVATE
La riforma della scuola è tra i punti
nodali del confronto politico e sociale in corso nel Paese. In effetti
l'istruzione è fondamentale sia per il futuro di una nazione, sia per
identificare al presente le giuste modalità con cui educare le nuove
generazioni. La soluzione del problema, però, può diventare involutiva se a
seconda degli orientamenti del Governo pro tempore si desidera imporre uno
specifico ordine al sistema educativo, con il rischio peraltro (ed è quello che
avviene) di mantenere perennemente in tensione gli insegnanti, gli studenti, le
famiglie. E' vero, scontiamo diversi errori del passato. Stiamo però attenti a
non aggiungerne altri, tramite una logica che mira a dare una costruzione
ideologica funzionale all'attuale configurazione del partito di maggioranza,
sacrificando l'opportunità di dare soluzioni eque, complessive e durevoli.
Nella riforma della scuola targata
Renzi, non tutte le proposte sono da considerare pregiudizialmente negative, ma
non è questa una consolazione. L'istruzione è troppo importante per
accontentarci della somma algebrica delle novità positive e delle condizioni
che invece accentuano malamente o mantengono quanto dovrebbe essere modificato.
Vi sono poi alcuni comparti ignorati,
valorizzati invece in molti altri Paesi dell'UE. Ad esempio l'EDA (educazione
degli adulti), che assume oggi una vasta evidenza in relazione alla crescente
speranza di vita e alla maggiore richiesta culturale della popolazione. E'
strano che la politica nostrana si ricordi dell'Europa quando fa comodo e
altrettanto quando fa comodo se ne dimentichi!
La riforma sostenuta da questo Governo
alimenta preoccupazioni e perplessità. Basti pensare al larghissimo potere che
si vuole assegnare al Preside, figura importante, da rispettare, ma il cui
ruolo va supportato in modo concreto e adeguato da un contesto di certezza
partecipativa per evitare il rischio di incorrere in derive autoritarie o in decisioni
discriminanti. Non si può pretendere (oppure lo si dovrebbe?) dai “giovani”
politici di oggi di ricordare il passato. Tuttavia appare sconcertante
confrontare le posizioni odierne di quella sinistra che negli anni '70 si
prodigò affinché venissero approvati i “Decreti Delegati” sulla scuola, i quali
avevano come aspetti qualificanti la maggiore democrazia e la fattiva
partecipazione alla gestione della scuola. Il D.P.R. 416/74 parla chiaramente
fin dall'art. 1: vengono costituiti gli organi
collegiali "al fine di realizzare la partecipazione nella gestione
della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la
più vasta comunità sociale e civica". Questo assioma è tutto il contrario
dell'eventualità di ritrovarci con “un uomo solo al comando” di un istituto
scolastico.
Tralasciando altri punti pur
significativamente controversi contenuti nella riforma voluta dal Governo
Renzi, il nostro pensiero deve soffermarsi con apprensione sulla scuola
pubblica. Nessuno mette in discussione l'esistenza della scuola privata,
purtuttavia non si può deflettere dalla difesa chiara e netta dell'educazione
pubblica, il cui primato sociale va ribadito e va valorizzato con tutte le
risorse economiche disponibili e necessarie. Sottrarre risorse alla scuola
pubblica per altre finalità, vuol dire fare qualcosa in meno per risolverne i
problemi, cominciando dall'urgente risanamento degli edifici scolastici.
Visto i tempi che corrono, si deve
mantenere ben vigile l'attenzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è
una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini,
non si presta a distinzioni di genere, a divisioni confessionali, a
discriminazioni palesi o nascoste basate sul ceto sociale. Non a caso la scuola
è l’espressione di uno tra i più alti dettati della Costituzione repubblicana.
A difesa della corretta interpretazione
costituzionale, qualcosa si muove. E’ stato accolto
come raccomandazione l’ordine del giorno (prima firmataria l'On.le Pia
Locatelli) nel quale si chiede che le detrazioni fino a 400 euro delle spese
sostenute per la frequenza scolastica, previste dal disegno di legge “Buona
scuola” per gli studenti delle scuole paritarie e private, vengano erogate solo
a favore delle famiglie il cui reddito per nucleo familiare non superi i 60.000
euro annui.
“Le detrazioni per gli alunni delle scuole paritarie – ha detto Pia
Locatelli – oltre a contrastare, a nostro parere, con quanto previsto dalla
Costituzione, rappresentano una inopinata destinazione di risorse pubbliche a
favore di enti e istituti privati, mentre le scuole statali versano in
condizioni di estrema precarietà per la mancanza di fondi e di investimenti,
sia sul fronte delle strutture sia su quello del personale. Detto questo, la
destinazione di risorse del contribuente verso la scuola privata non solo non
risulta utile al miglioramento dell'offerta formativa, tanto meno serve ad
ampliare per i giovani le possibilità di accesso”.
Franco FRANCHI
23 maggio 2015
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