martedì 26 maggio 2015

Sulla riforma della scuola

SCUOLA: UNA RIFORMA DA RIFORMARE.
E' SBAGLIATO APPLICARE DETRAZIONI AGLI ALUNNI DI PARITARIE E PRIVATE


La riforma della scuola è tra i punti nodali del confronto politico e sociale in corso nel Paese. In effetti l'istruzione è fondamentale sia per il futuro di una nazione, sia per identificare al presente le giuste modalità con cui educare le nuove generazioni. La soluzione del problema, però, può diventare involutiva se a seconda degli orientamenti del Governo pro tempore si desidera imporre uno specifico ordine al sistema educativo, con il rischio peraltro (ed è quello che avviene) di mantenere perennemente in tensione gli insegnanti, gli studenti, le famiglie. E' vero, scontiamo diversi errori del passato. Stiamo però attenti a non aggiungerne altri, tramite una logica che mira a dare una costruzione ideologica funzionale all'attuale configurazione del partito di maggioranza, sacrificando l'opportunità di dare soluzioni eque, complessive e durevoli.
Nella riforma della scuola targata Renzi, non tutte le proposte sono da considerare pregiudizialmente negative, ma non è questa una consolazione. L'istruzione è troppo importante per accontentarci della somma algebrica delle novità positive e delle condizioni che invece accentuano malamente o mantengono quanto dovrebbe essere modificato.
Vi sono poi alcuni comparti ignorati, valorizzati invece in molti altri Paesi dell'UE. Ad esempio l'EDA (educazione degli adulti), che assume oggi una vasta evidenza in relazione alla crescente speranza di vita e alla maggiore richiesta culturale della popolazione. E' strano che la politica nostrana si ricordi dell'Europa quando fa comodo e altrettanto quando fa comodo se ne dimentichi!
La riforma sostenuta da questo Governo alimenta preoccupazioni e perplessità. Basti pensare al larghissimo potere che si vuole assegnare al Preside, figura importante, da rispettare, ma il cui ruolo va supportato in modo concreto e adeguato da un contesto di certezza partecipativa per evitare il rischio di incorrere in derive autoritarie o in decisioni discriminanti. Non si può pretendere (oppure lo si dovrebbe?) dai “giovani” politici di oggi di ricordare il passato. Tuttavia appare sconcertante confrontare le posizioni odierne di quella sinistra che negli anni '70 si prodigò affinché venissero approvati i “Decreti Delegati” sulla scuola, i quali avevano come aspetti qualificanti la maggiore democrazia e la fattiva partecipazione alla gestione della scuola. Il D.P.R. 416/74 parla chiaramente fin dall'art. 1: vengono costituiti gli organi collegiali "al fine di realizzare la partecipazione nella gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica". Questo assioma è tutto il contrario dell'eventualità di ritrovarci con “un uomo solo al comando” di un istituto scolastico.
Tralasciando altri punti pur significativamente controversi contenuti nella riforma voluta dal Governo Renzi, il nostro pensiero deve soffermarsi con apprensione sulla scuola pubblica. Nessuno mette in discussione l'esistenza della scuola privata, purtuttavia non si può deflettere dalla difesa chiara e netta dell'educazione pubblica, il cui primato sociale va ribadito e va valorizzato con tutte le risorse economiche disponibili e necessarie. Sottrarre risorse alla scuola pubblica per altre finalità, vuol dire fare qualcosa in meno per risolverne i problemi, cominciando dall'urgente risanamento degli edifici scolastici.
Visto i tempi che corrono, si deve mantenere ben vigile l'attenzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non si presta a distinzioni di genere, a divisioni confessionali, a discriminazioni palesi o nascoste basate sul ceto sociale. Non a caso la scuola è l’espressione di uno tra i più alti dettati della  Costituzione repubblicana.
A difesa della corretta interpretazione costituzionale, qualcosa si muove. E’ stato accolto come raccomandazione l’ordine del giorno (prima firmataria l'On.le Pia Locatelli) nel quale si chiede che le detrazioni fino a 400 euro delle spese sostenute per la frequenza scolastica, previste dal disegno di legge “Buona scuola” per gli studenti delle scuole paritarie e private, vengano erogate solo a favore delle famiglie il cui reddito per nucleo familiare non superi i 60.000 euro annui.
Le detrazioni per gli alunni delle scuole paritarie – ha detto Pia Locatelli – oltre a contrastare, a nostro parere, con quanto previsto dalla Costituzione, rappresentano una inopinata destinazione di risorse pubbliche a favore di enti e istituti privati, mentre le scuole statali versano in condizioni di estrema precarietà per la mancanza di fondi e di investimenti, sia sul fronte delle strutture sia su quello del personale. Detto questo, la destinazione di risorse del contribuente verso la scuola privata non solo non risulta utile al miglioramento dell'offerta formativa, tanto meno serve ad ampliare per i giovani le possibilità di accesso”.

Franco FRANCHI

23 maggio 2015

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