giovedì 2 agosto 2012
Sull’autentica piadina di Santarcangelo di Romagna, i tentativi di indebita appropriazione e le sprovvedute benedizioni del Sindaco
Anche quelli bravi sbagliano. E’ quel che può dirsi del Sindaco di Santarcangelo, Morri, peraltro uno dei migliori della Romagna, basti ricordare il suo esemplare comportamento in occasione delle nevicate dell’inverno scorso e la chiara onestà e decisione con cui combatte le infiltrazioni delle mafie nell’edilizia e nella zona grigia dei servizi esternalizzati.
Però è un tipo magro, mangia poco ed è inutile chiedergli qualche ricetta di cucina tipica; quanto alla piadina forse non sa nemmeno se la farina sia di grano tenero o di granturco o di farina di castagne e lo strutto derivi dal latte o dal maiale o, nel caso delle tagliatelle, se le uova siano prodotte dalle galline o dall’albero dell’uovo. Per questo ha benedetto la denominazione “Piadina di Santarcangelo di Romagna” che una furba ditta di Riccione ha appioppato a un suo prodotto che sarà anche igienico e in regola con l’ASL ma che non ha nulla a che vedere con quel che la tradizione considera “Piadina di Santarcangelo”.
Essendo invece il sottoscritto uno che mangia e la piadina sicuramente la conosce e la fa, pur autodenunciandosi come santarcangiolese solo da una trentina d’anni, si permette di ricordare alcune regole:
Una piadina può dirsi locale quando:
a) la farina (tipo 0 o 1 o metà e metà, di grano tenero) è prodotta non lontano o magari all’estero ma viene da molini della zona che macinano grano locale, preferibilmente biologico;
b) è impastata con acqua dell’acquedotto locale lasciata riposare almeno ventiquattr’ore per farle perdere i residui di cloro o altre sostanze igienizzanti che interferirebbero con gli agenti lievitanti naturali;
c) vi è stato aggiunto un cucchiaio di strutto per ogni KG, tratto da maiali di razze autoctone cresciuti in Valmarecchia:
d) l’impasto ha riposato a lungo in luoghi ricchi di lieviti ambientali -o al limite con minime quantità ( 1g. per Kg) di lievito di pane- in modo che non vi debba essere bisogno di lieviti chimici;
e) lo spessore è nettamente più alto di quello di Rimini o di Riccione;
f) è messa a cottura con fuoco di legna (ideale) o piastra elettrica comunque su testo di terracotta riscaldato non su ferro dolce (allora è di Verucchio) o acciaio inossidabile (roba da chioschi).
Suggerimento: il Sindaco organizzi pure eventi gastronomici (felicissimo quello recente
di solidarietà alle vittime del terremoto) ma non tratti di cucina e non spenda il nome di Santarcangelo per quel che non ha nulla a che vedervi.
Gabriele Boselli
Santarcangelo di Romagna, 1 agosto 2012
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento